Intitolata Marcel Duchamp, la peinture même, la mostra al Pompidou è articolata come un’interessante retrospettiva che presenta la produzione pittorica del precursore dell’arte concettuale: noto ai più come colui che uccise la pittura, era anche lui, addirittura, pittore. Curata da Cécile Debray l’esposizione si presenta come un percorso comparativo e antologico – “erudito e didattico”, secondo Libération – che mira a mettere in luce la pittura di un artista che ha messo in crisi la pittura. E difatti la produzione pittorica è un aspetto poco conosciuto della sua opera, soprattutto in Europa, e la quasi totalità delle opere in mostra proviene dal Philadelphia Museum of Arts.
Complessa nella sua costruzione, l’esposizione propone un allestimento cronologico – lungo un percorso in nove sale – dove sono presentate cinquanta opere di Marcel Duchamp (Blainville-Crevon, 1887 – Neuilly-sur-Seine, 1968): l’obiettivo è comparare il lavoro del celebre scacchista con le opere di alcuni artisti suoi contemporanei. Si mostra così il pittore e il suo lavoro attraverso un gioco di rimandi e citazioni, ispirazioni e collaborazioni.

Da Cézanne a Gauguin, da Matisse a Nolde, da Kandinsky a Delaunay, i grandi maestri del pennello sono tutti qui, perché l’artista si lasciò influenzare dalle maggiori correnti pittoriche quali il Fauvismo, il Cubismo e il Futurismo, assorbendo da ciascuna elementi volti poi a essere sintetizzati dal suo ingegno. “Volevo distanziarmi dall’atto fisico della pittura. Ero più interessato a ricreare delle idee nella pittura […]. Volevo rimettere la pittura al servizio dello spirito”, scriveva lo stesso Duchamp.La mostra affronta quindi differenti tematiche: il clima erotico, comparato alla produzione di Alphonse Allais e Frantisek Kupka; i nudi, dove si vede chiaramente un riferimento a Edouard Manet e Arnold Böcklin, a Émile Bernard e George Braque, e anche al simbolismo di Odillon Redon. La deteorizzazione del Cubismo s’ispira ad Alexander Wilhelm Von Brill e Rudolf Diesel, mentre la parte dedicata alla meccanica trova riferimento in Francis Picabia e Giorgio de Chirico.
La penultima parte è incentrata sull’“incosciente organico” (o meccanico viscerale) e la pittura di precisione e bellezza dell’indifferenza, la cui fonte d’ispirazione è André-Pierre Pinson da un lato e Jacques Alexandre Charles dall’altro. L’ultima sala presenta le Grand Verre, opera esoterica che si presenta come negazione e sublimazione della pittura, come dichiara la curatrice. Composta da due pannelli di vetro sovrapposti, in basso sono dipinti oggetti creati dall’artista qualche anno prima – una frantumatrice di cioccolato e degli stampi di figurine del gioco del massacro delle baracche ambulanti, supposte rappresentare i nove celibi. In altezza una forma indecifrabile: la sposa. L’opera originale è rimasta a Philadelphia e nell’esposizione è presente una delle quattro copie realizzate dal critico di arte svedese Ulf Linde sotto il controllo di Duchamp stesso.

All’interno di questa fitta e cospicua comparazione d’artisti, le fonti d’ispirazione di Duchamp sono interessanti e molto variegate: Chronophotographies di Etienne-Jules Marey, modellini su scala ridotta di meccanica, film libertini, radiografie, oggetti, libri di matematica, l’estetico gioco degli scacchi, e ancora Lucas Cranach il Vecchio.Vetrine di libri e fotografie, appunti e lettere svelano il processo artistico di Marcel Duchamp che, forse proprio in virtù di questo ecclettismo d’interessi e la non univocità d’intenti, rimane comunque fuori da ogni scuola pittorica. Presenti in sala vetrine di libri degli autori preferiti di Duchamp, di coloro che hanno arricchito il pensiero dell’artista: Laforgue, Roussel, Mallarmé, Lautréamont, Villiers de l’Isle-Adam. Ma anche oggetti vari, quali macchine fotografiche, marionette e sculture.
Unico neo dell’esposizione è la totale – e probabilmente voluta – assenza di riferimento a Rrose Sélavy, il cui nome si può leggere come “Eros c’est la vie” e “Arroser la vie”. Partogenico doppio femminile di Duchamp, presenza silente e ingombrante, genio creativo, non è nominata ma è presente dalla prima all’ultima stanza attraverso i copyright dell’artista stesso. Era infatti il 1920 quando Marcel Duchamp si duplicò scegliendo sembianze femminili. Con questo nome è indicato il copyright del ready made Fresh Widow e di Anémic Cinéma, cortometraggio girato da Man Ray.

Autonoma nella sua personalità autoaffermata, Rrose ha lo stesso enigmatico sorriso della Gioconda duchampiana L.H.O.O.Q. e usa un linguaggio enigmatico e ricco di aforismi, i cui riferimenti non mancano nelle opere presenti in sala. Ma in mostra è soprattutto presente il modellino di Étant donnés : 1° la chute d’eau 2° le gaz d’éclairage…,, installazione elaborata in segreto da Duchamp tra il 1946 e il 1966 a New York: quest’opera consiste in un gioco di sguardi tra spettatore e opera, in un processo di fecondazione oculare. Il titolo completo proviene da alcuni appunti di Duchamp per Il grande vetro che recitano “Étant donnés: 1. La chute d’eau, 2. Le gaz d’éclairage”. L’acqua e il gas sono gli elementi che animano sia Il grande vetro che Etant donnés, opere che possono considerarsi due facce della stessa medaglia – da un lato un mondo immaginato, dall’altro il mondo reale – e uno spioncino che rivela il niente e il tutto. La volontà di Duchamp è creare un effetto nello spettatore in cui mondo interiore e esteriore si fondano.
Probabilmente, in un disegno espositivo che cerca un ordine nel tempo e un ordine estetico nella linea pittorica del maestro del Dada, non c’era spazio per lei, Rrose, motore creatore e forza distruttiva al tempo stesso. Eppure Rsose è li, con Marcel, fin dall’inizio dell’allestimento della mostra che si apre con l’erotismo e si conclude con il voyerismo, circuito chiuso di nascita, morte e rinascita, alchemico processo per cui lo spettatore è complice della fecondazione di Rrose, che rinasce purificata e pronta di nuovo per l’eros. Questa lettura è sfuggita alla curatrice o è semplicemente lasciata allo spettatore?
Silvia Neri
Parigi // fino al 5 gennaio 2015
Marcel Duchamp – La peinture, même
a cura di Cécile Debray
CENTRE POMPIDOU
Place Georges-Pompidou
+33 (0)1 44781233
www.centrepompidou.fr