
C’è un carro armato nell’atrio luminoso del Centre Pompidou di Metz. Chi crede sia un’opera d’arte contemporanea, ricordandosi magari Track and Field presentata alla Biennale di Venezia del 2011 da Allora & Calzadilla, si sbaglia. Si tratta, infatti, di una vera macchina da guerra, che introduce a 1917. Una data che riassume e condensa un momento storico di cui si vuole conservare la memoria, attraverso l’esposizione di dipinti, fotografie e materiale d’archivio.
Un anno denso di avvenimenti: ripercorrendone la cronologia, risulta sorprendente come possano essersi succeduti la prima mostra Dada a Zurigo e la ripresa del conflitto sottomarino senza restrizioni da parte della Germania, l’ingresso in guerra degli Stati Uniti d’America e la registrazione del primo disco commerciale di musica jazz a New Orleans. Non si tratta di una mostra storica, però. Si vuole mettere in scena – la metafora teatrale risulta estremamente appropriata – lo Spirit of 1917, come recita un manifesto della marina militare Usa.

Un obiettivo ambizioso, che viene perseguito con coerenza su entrambi i livelli dell’esposizione attraverso accorgimenti museografici che riescono a rendere il contenitore perfettamente funzionale e che legano il contenuto all’allestimento. Al piano superiore, dove inizia il percorso, un muro grigio accompagna i passi del visitatore: contiene testimonianze e documenti storici, mentre alle pareti i grandi nomi della storia dell’arte del Novecento emergono tra decine di dipinti amatoriali realizzati dal fronte. Se le prime sale della mostra portano a ritenere che la produzione artistica del 1917 sia stata uniforme, per la ricorrenza di soggetti e tematiche, col procedere ci si imbatte in un panorama estremamente frastagliato, raggruppato in isole monografiche (Matisse), tematiche (Ready-made, Esotismi, Evasione, Fervore religioso) o geografiche (Russia, Paesi Bassi, Zurigo).

Il piano inferiore è stato trasformato in una gigantesca spirale. Ci si trova in un labirinto di cui, una volta entrati, non si vede l’inizio né la fine, a indicare il vortice fisico, intellettuale ed emotivo dell’epoca. L’attenzione si concentra sul rapporto tra la creazione, la distruzione e la ricostruzione, con focus sul paesaggio, sull’architettura e sull’uomo: le immagini delle devastazioni dei corpi conducono immediatamente gli art trotter a dOCUMENTA (13) con The Repair from Occident to Extra-Occidental Cultures di Kader Attia. Trascinati nel tourbillon di immagini e sculture, si viene catapultati nell’occhio del ciclone: Parade di Pablo Picasso si impone con i suoi 170 mq, la sua opera più grande. È il sipario creato per il balletto rappresentato a Parigi il 18 maggio 1917 su un soggetto di Jean Cocteau, che racconta la storia di alcuni saltimbanchi alla disperata ricerca di successo. Incredibilmente attuale.
Marta Cereda
Metz // fino al 24 settembre
1917
a cura di Claire Garnier e Laurent Le Bon
CENTRE POMPIDOU – METZ
1, parvis des Droits-de-l’Homme
+33 (0)3 87153939
[email protected]
www.centrepompidou-metz.fr