Conversazioni sulla fotografia

La Bank of America – Merril Lynch apre i caveau ed espone al Museo del Novecento (di cui è sponsor) la propria collezione fotografica. Ci sono praticamente tutti, da Eugène Atget a Thomas Struth. In una mostra che celebra il mezzo e le sue molteplici espressioni. A Milano, fino al 15 gennaio.

Da oltre trent’anni, la fotografia si è affermata come mezzo espressivo paritario alle “belle arti” canoniche, prima nelle gallerie, quindi nell’attenzione critica, infine anche per case d’aste e collezionisti.
Superata la fase espansiva e l’inerzia che accompagna la ricezione di ogni “forma nuova”, e quindi i primi decenni in cui era necessario imitare la pittura, nei soggetti e nella grana dell’immagine, e i successivi in cui evitare ogni pittoricità era imperativo per dichiarare indipendenza e autosufficienza, ora il mezzo fotografico può sfruttare liberamente le proprie peculiarità come punti di forza.
La gioventù del medium, antico un secolo e mezzo, garantisce la libertà da un passato troppo vasto e ingombrante, maggiori possibilità espansive e dinamismo nell’esplorazione di un’area in cui non ancora “tutto è già stato detto e fatto”. Inoltre, la riproduzione meccanica (o addirittura “automatica”, come magnificavano futuribili promo Kodak degli anni ‘60) della realtà si rivela spesso la forma d’arte ideale per raccontare la “società delle immagini”.

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Alvin Langdon Coburn - Snow in Canyon, Grand Canyon - 1911

La collettiva milanese aiuta a fare il punto, giustapponendo esempi dei fotografi più celebrati, dall’epoca pioneristica delle camere oscure trasportate insieme alle carovane archeologiche fino alle stampe digitali manipolate digitalmente di Thomas Ruff. Le opere sono divise, un po’ schematicamente, per macrotemi (Ritratto, Paesaggio, Astrazione/Sperimentazione, Viaggi/Monumenti ecc.) all’interno dei quali le immagini sono tenute a “conversare”, entrando in dialettica.
Accade ad esempio che un Paesaggio marino con yacht e rimorchiatore della metà dell’Ottocento, di Gustave Le Gray, si accompagni alla marina concettuale di Kenneth Josephson, dove una mano regge la cartolina di una nave da crociera su un orizzonte marino deserto. Altre volte la relazione è storica, come nel caso del ritratto psicologico di Tina Modotti realizzato da Edward Weston in linea di continuità con i Camera Works e quindi con i ritratti di Julia Margaret Cameron.

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Thomas Struth - Audience 4 (Galleria Dell'Accademia), Florenz - 2004 - © Thomas Struth - courtesy l’artista & Marian Goodman Gallery, New York-Paris

Le fotografie giungono da tutto il mondo, dalla Parigi avanguardista di Dada e Surrealismo alla campagna olandese monitorata da Theo Baart; tuttavia l’identità dei prestatori imprime alla mostra il carattere dominante di una ricognizione su luoghi e persone dell’identità americana. Lo “spettro della Coca Cola” probabilmente è compreso tra le emozionanti testimonianze della colonizzazione del West, della costruzione della ferrovia in piena wilderness secondo Carleton Watkins, e la serie On this site: landscapes di Joel Sternfeld, paesaggi che le didascalie svelano essere stati luoghi di atti efferati. Oppure tra l’ensemble mondano e multietnico di spettatori dell’Expo newyorchese del ’64 ritratto da Garry Winogrand e il trittico Dad di David Hilliard, scena di ordinaria alienazione suburbana.
Apre e chiude la mostra lo “sguardo sull’arte” di Thomas Struth.

Alessandro Ronchi

Milano // fino al 15 gennaio 2012
Conversations. Fotografie della Bank of America Merryl Lynch Collection
a cura di Silvia Paoli
www.museodelnovecento.org

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Alessandro Ronchi

Alessandro Ronchi

Alessandro Ronchi (Monza, 1982) è critico d’arte e giornalista culturale. Si interessa specialmente di arte dalle origini alla contemporaneità, iconografia, cinema, letteratura, musica e pop culture. Ha diretto il mensile Leitmotiv e collabora con testate giornalistiche, website e gallerie. Tiene…

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