Intelligenze artificiali: oltre all’influenza diretta non va sottovalutata quella sociale
Quando si parla di Intelligenza artificiale si pensa generalmente all’influenza diretta che potrebbe avere sugli esseri umani; raramente si riflette su quella indiretta, ovvero sull’influenza sociale che innestandosi meno platealmente nelle menti delle persone, rischia di essere più insidiosa...
Un articolo comparso su Pimlico Journal ha analizzato la frequenza di alcune espressioni all’interno dei dibattiti pubblici tenutisi presso la Camera dei Comuni britannica. I risultati sono significativi: a seguito del lancio di ChatGPT alcune espressioni hanno registrato una crescita vertiginosa. Allo stesso modo, sono sempre più le persone che ricorrono all’intelligenza artificiale per esprimere i propri pensieri su social, WhatsApp o e-mail.
In altri termini, l’uso crescente delle AI sta portando ad un sempre più frequente ricorso a questi strumenti anche per la stesura di testi. Con il risultato che le forme sintattiche proprie dell’AI rientrino sempre più spesso nei testi e, quindi, nel linguaggio tra esseri umani. Ma quali potrebbero essere i rischi di una standardizzazione del linguaggio?
Intelligenza artificiale e linguaggio: i rischi di una standardizzazione
Secondo molti studi le implicazioni sono notevoli. Senza entrare nei dettagli tecnici, è piuttosto pacifico riscontrare potenziali “mode” all’interno delle forme espressive. Mode che possono derivare da “tormentoni” o da un lessico specifico adoperato da una personalità pubblica. Il punto è che queste mode non riguardano solo i vocaboli, ma anche espressioni e modi di dire, arrivando a coinvolgere le modalità attraverso cui gli esseri umani riorganizzano i propri pensieri. E qui diviene chiara l’associazione tra la dimensione verbale e la dimensione cognitiva che il linguaggio riveste per l’essere umano. Per fare un paragone basti guardare un film della prima metà del Novecento e confrontare i linguaggi con quelli attuali. Due modi distanti di interpretare l’italiano. Il rischio, per dirla in parole semplici, è che le persone inizino a imitare il lessico e le forme utilizzate dall’intelligenza artificiale, generando una sorta di ricorsività piuttosto paradossale (le AI “apprendono” da noi e noi poi finiamo per l’apprendere da loto). Perché questo passaggio è importante? Perché in definitiva, quello che stiamo scoprendo, è che gli esseri umani possono essere influenzati dall’intelligenza artificiale in un modo che sino ad ora è stato messo in un secondo piano: l’influenza sociale.

Influenza sociale: il rischio nascosto dell’intelligenza artificiale
Se tutti, almeno una volta negli ultimi quattro anni, hanno pensato all’influenza dell’intelligenza artificiale sull’essere umano in una relazione diretta, molto meno dibattito è stato aperto sull’influenza indiretta: dall’IA al singolo, dal singolo a molti, da molti all’individuo. È un elemento di riflessione che merita senza dubbio un approfondimento, perché il lessico, le forme e le altre dimensioni della comunicazione verbale sono facilmente analizzabili; quindi, potenziali distorsioni di questo tipo possono essere rapidamente identificate; mentre, molto meno immediato risulterà comprendere in che modo le IA potranno influenzare anche i “gusti” sotto il profilo visivo. Ogni forma espressiva, e questo ormai lo sappiamo, ingloba potenzialità di contenuti ancorati strutturalmente a quella forma. Senza citare McLuhan, è facile ipotizzare che il suono di un ukulele condurrà chi suona a definire delle armonie e delle melodie coerenti con esso ed eseguibili tenendo in considerazione la struttura con cui l’ukulele è costruito. Differenti sarebbero invece le costruzioni possibili con una chitarra o con una chitarra “distorta”.
Se l’intelligenza artificiale può influenzare i discorsi, cosa potrebbe accadere con le immagini?
Se è così lampante questo elemento e se già sono presenti dimostrazioni che evidenziano come l’influenza dell’intelligenza artificiale si riverberi anche in discorsi pubblici, cosa potrà accadere a quella dimensione dell’immaginario visivo che, dall’arte ai meme, può trovare riverberi nella fantasia delle persone? Già oggi, su Instagram, sono presenti reel “di genere” che fanno della grafica sviluppata con l’intelligenza artificiale un elemento immediatamente riconoscibile. Tanto riconoscibile da trasmettere al cervello la tipologia di informazione contenuta in quel reel e l’immediata scelta se continuare a guardare quel contenuto o passare a quello successivo.
Intelligenza artificiale: oggi le parole domani le immagini. E il problema non è tecnologico ma umano
Se la relazione diretta tra intelligenza artificiale e produzione artistica risultava essere poco suscettibile di interferenze implicite (l’artista produce con consapevolezza, e pertanto l’utilizzo di tecnologie come quella dell’IA avviene secondo uno schema ben chiaro o in ogni caso dichiarato), il processo creativo risulterà necessariamente meno impermeabile alle influenze indirette, quali l’esposizione a contenuti di terzi generati con l’intelligenza artificiale, all’esplosione di mode, o all’affermazione di nuovi simboli socialmente condivisi.
Il rischio che l’Intelligenza Artificiale possa avviare un processo di standardizzazione del linguaggio è già visibile nella dimensione verbale ed è piuttosto arduo immaginare che, nei prossimi 5 anni, tale processo non coinvolgerà anche l’aspetto visivo. Una minaccia che, tuttavia, ben poco ha a che vedere con l’intelligenza artificiale in sé: è piuttosto collegata alla tendenza contemporanea ad adagiarsi, a semplificare. Il rischio non è lo sviluppo delle AI ma che gli esseri umani tendano ad appiattirsi sugli standard (meno creativi, meno personali, meno reali) dei risultati che ottengono dalle intelligenze artificiali. E che tali standard divengano quindi socialmente condivisi, con il risultato che saranno gli umani ad imitare le intelligenze artificiali e non viceversa.
Stefano Monti
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