Theo Triantafyllidis e il progetto d’artista che mescola videogiochi e ceramica

NOVO, il project space di Eduardo Secci a Milano, accoglie l’artista Theo Triantafyllidis con una mostra che unisce videogioco e ceramiche per raccontare la radicalizzazione negli Stati Uniti.

In occasione della personale Radicalization Pipeline di Theo Triantafyllidis (Atene, 1988), che ha inaugurato NOVO, uno dei due nuovi spazi milanesi legati alla galleria fiorentina Eduardo Secci, ospitiamo un esclusivo estratto dalla simulazione in tempo reale che le dà il titolo e un’intervista all’artista. Con Triantafyllidis discutiamo di come abbia realizzato la simulazione in tempo reale e le ceramiche (arricchite da nastri adesivi, extension per capelli e materiali acrilici) in mostra, ispirate alle armi dei videogiochi fantasy, e di come la sua opera racconti l’influenza di internet e delle comunità videoludiche nei processi di radicalizzazione politica e nelle “guerre culturali” in corso soprattutto negli Stati Uniti d’America ma, di riflesso, anche in Europa e in Italia.

L’INTERVISTA A THEO TRIANTAFYLLIDIS

Come funziona Radicalization Pipeline e come è stato realizzato?
Radicalization Pipeline è una simulazione in tempo reale [live simulation], un software comparabile a un videogioco che si gioca da solo. Per la mostra al NOVO di Eduardo Secci a Milano l’opera gira su un computer da gioco ed è mostrata su un grande schermo. Nell’opera due orde apparentemente infinite si scontrano in una violenta battaglia tutti contro tutti, agitando armi enormi e urlando con voci distorte. C’è un ampio cast di personaggi, da membri di milizie cittadine a creature fantastiche: alcuni dei modelli 3D sono stati creati da me, altri sono stati recuperati da cataloghi destinati a videogiochi. Questi personaggi sono costretti a una battaglia eterna, a uccidersi di continuo per poi sprofondare nel terreno solo per rinascere e ripetere lo scontro, all’infinito. L’opera è completata da un ambiente sonoro progettato dal compositore Diego Navarro, che mescola cover medievali di canzoni pop in una battaglia di sonorità anch’esse in conflitto. Mentre creavo quest’opera la ragionavo molto come una coreografia, aggiustando i parametri della simulazione per creare un flusso continuo con le sue folle. Volevo una simulazione che potesse sorprendere il pubblico con comportamenti inattesi e che rimanesse aperta alla sua interpretazione. Ci sono personaggi e riferimenti riconoscibili ma spero che, se vista con una certa distanza, possa diventare più universale.

Le tue opere digitali (Still Life with Yumyums, How To Everything, Prometheus, Seamless, Ritual…) mostrano uno specifico interesse per le interazioni e le simulazioni in tempo reale. Non sono video pre-registrati: qui l’opera finita è un software (e, a volte, la nostra interazione con quel software).
Sono stato sempre attratto da teatro e arti performative, quindi sin dall’inizio ho pensato a queste opere come a software performativi. Mi piace che il pubblico possa pensare che il software stia realizzando per lui una performance dal vivo, una performance unica che non potrà essere più vista. Il fatto che non abbia inizio e fine può anche rientrare nel concetto dell’opera. Per esempio, in Radicalization Pipeline, questo aspetto dà alla battaglia un certo peso. La durata infinita rende i suoi semplici personaggi più concreti e reali di fronte al pubblico che, vedendoli lottare, capisce che sono intrappolati in quel mondo. Non c’è mai quel momento di respiro in cui il video finisce e gli spettatori possono prendere un po’ di fiato per poi veder cominciare tutto da capo.

Theo Triantafyllidis Radicalization Pipeline Live Simulation 2021 Father Stomper 2021 dettaglio. Photo The Knack Studio. Courtesy lartista e NOVO Eduardo Secci Milano Theo Triantafyllidis e il progetto d’artista che mescola videogiochi e ceramica

Theo Triantafyllidis, Radicalization Pipeline, Live Simulation, 2021, Father Stomper, 2021, dettaglio. Photo The Knack Studio. Courtesy l’artista e NOVO Eduardo Secci Milano

VIDEOGIOCHI, COSPIRAZIONE E POLITICA

La tua mostra fa vedere come mondi immaginari influenzino eventi nel mondo reale. Pensi che siamo in un’era in qualche modo plasmata dalle culture videoludiche?
Penso che i videogiochi siano diventati una formidabile forza nel panorama culturale contemporaneo. Forse a causa del loro pubblico giovane o della loro grande rete, le comunità legate al videogioco sembrano più veloci a rispondere (o causare?) cambiamenti culturali. Quello che il grande pubblico, e lo stesso mondo dell’arte, spesso non riesce a capire è quanto dense e vive siano diventate le comunità videoludiche. Sia i videogiochi per più giocatori sia le piattaforme dove questi giochi vengono discussi sono in un certo senso spazi pubblici, ed è soprattutto qui che le idee si mescolano e si formano. Per alcuni, un gioco è solo un mero pretesto, un terreno comune intorno al quale cresce una intera comunità.

Ci fai qualche esempio?
Un esempio particolarmente affascinante al quale penso spesso è la migrazione dei giocatori di Uru: Ages Beyond Myst, documentata dalla ricercatrice Celia Pearce nel 2009. Quando il videogioco Uru, un videogioco online capace di ospitare una grande quantità di persone [massively multiplayer online game] fu chiuso, i suoi profughi arrivarono in altri mondi videoludici online, portando con loro il proprio linguaggio, la loro etica e la loro cultura, e ricostruendo simboli della loro patria virtuale in quei territori.
Certamente questi spazi ripropongono, con il loro design, certi pregiudizi e certe strutture sociali. Forse non erano originariamente pensati per diventare terreno di coltura per nuove ideologie e nuove culture, quindi quello che vediamo è un interessante conflitto. Con il recente passaggio della discussione da questi spazi virtuali alla sfera politica, è sempre più difficile ignorare questi mondi. C’è per esempio chi sostiene che una parte della popolarità della teoria cospirativa chiamata QAnon sia legata a come ha assorbito elementi tipici dei processi di gamification e all’ossessione della comunità online che le è fiorita intorno.

Theo Triantafyllidis. Radicalization Pipeline. Exhibition view at NOVO Eduardo Secci, Milano 2021. Photo The Knack Studio. Courtesy l’artista e NOVO Eduardo Secci Milano

Theo Triantafyllidis. Radicalization Pipeline. Exhibition view at NOVO Eduardo Secci, Milano 2021. Photo The Knack Studio. Courtesy l’artista e NOVO Eduardo Secci Milano

CERAMICA E TECNOLOGIE

Come sono state progettate e realizzate le ceramiche in mostra? Non è la prima volta che metti insieme una simulazione in tempo reale e opere di ceramica (per esempio era realizzata così la tua mostra da Sargent’s Daughters a New York) e spesso mescoli opere digitali strettamente imparentate con i videogiochi e opere fisiche, per esempio lo hai fatto con Pastoral nella sede fiorentina di Eduardo Secci.
Mi piace fantasticare di essere un fabbro medievale intento a forgiare armi da videogioco. Lavorare e cuocere l’argilla è in qualche modo un processo simile alla forgiatura, e il gres smaltato sembra acciaio anche se è invece molto fragile. Sono sempre stato affascinato dagli oggetti dei videogiochi e dalle regole a cui devono aderire, regole molto diverse dai limiti del mondo reale. Sono spesso progettati per essere chiaramente visibili e riconoscibili sullo schermo ma, contemporaneamente, devono essere cose che i giocatori possano desiderare. Quando questi oggetti vengono realizzati fisicamente, tutti i paradossi del loro design diventano evidenti. Mi piace questo confine fluido tra finzione e realtà, e voglio sempre esplorarne diversi aspetti con le mie opere.

Lavori con le stesse tecnologie che stai denunciando e poi le tue opere sono promosse e distribuite sulle stesse piattaforme che promuovono la propaganda di estrema destra e le teorie della cospirazione che discuti. Come riesci e convivere con gli effetti delle macchine con cui lavori?
Esiste un certo approccio, a cui aspiro, nel lavorare in modo critico con la tecnologia, come artista. Si tratta di immergersi nella tecnologia, capirla, smontarla e rimontarla interamente in modo da svelare come funzioni, i pregiudizi con cui gli esseri umani l’hanno costruita e i suoi effetti sulla società. Per questa ragione, credo sia importante usare gli stessi strumenti con cui vengono sviluppati molti moderni videogiochi e poi distribuire le opere attraverso quelle piattaforme e quelle reti usate dalle comunità videoludiche. Mi diverte sempre vedere un videogiocatore che incontra per caso qualcosa creato da me e cerca di comprendere cosa sia. Le risposte più significative al mio lavoro le ho avute da simili interazioni.

Matteo Lupetti

La personale di Theo Triantafyllidis Radicalization Pipeline è in mostra allo spazio NOVO di Eduardo Secci a Milano sino al 2 ottobre 2021. Un estratto dalla simulazione in tempo reale che le dà il titolo è stato anche esibito e discusso all’interno della rassegna VRAL del Milan Machinima Festival.

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Matteo Lupetti

Matteo Lupetti

Diplomato in Fumetto alla Scuola Internazionale di Comics di Firenze nel 2010, gestisce il collettivo di fumettisti indipendenti Gravure e scrive di videogiochi per varie testate italiane ed estere. È diplomato in sommelerie all’interno dell’associazione FISAR ed è direttore artistico…

Scopri di più