A voler descrivere l’ultima edizione di Art Basel Paris in due parole, diremmo: alla moda. Non solo perché il pubblico riversatosi al Grand Palais dal 21 al 26 ottobre (tra avant-première, première e apertura) era vestito bene, anche meglio di quello alle ultime fashion week. E non solo perché, una manciata di giorni prima dell’evento, l’istituzione aveva radunato quattro figure di spicco della scena parigina – l’artista Ibrahim Meïté Sikely, la gallerista Cécile Fakhoury, i giornalisti Sophie Fontanel e Thibaut Wychowanok – per tratteggiare “l’Art Basel style”. Ma soprattutto perché mai come quest’anno la fiera ha sollecitato un dialogo continuo con la moda attraverso collaborazioni, installazioni, incontri.

Un’esperienza fondamentale, secondo il direttore Clément Delépine: “L’arte e la moda condividono lo stesso linguaggio visivo, raccontano storie. Ma questo campo creativo ha davvero qualcosa da insegnarci con le sfilate”. Dal canto loro, è ormai evidente che i marchi, in questo periodo storico, non smettono di investire nella cultura: l’abito non basta più. Oltre a difendere il primato della Francia nel mercato dell’arte europeo, Art Basel Paris 2025 diventa quindi l’epicentro di questa conversazione trasversale. Già avviata dai grandi musei della capitale.

Il tour Oh La La! di Loïc Prigent ad Art Basel Paris 2025
Divisa in tre sezioni, la fiera si srotola in Galleries, il percorso principale dei grandi colossi dell’arte come Perrotin, Gagosian e Mennour; Emergence, lo spazio dedicato agli astisti emergenti; e Premise, che pone lo sguardo sulle riscoperte storiche, alcune delle quali pre XX Secolo, per un totale di 206 gallerie all’appello. A questo affresco si sovrappone Oh La La!, un’iniziativa speciale lanciata nel 2024, che invita le gallerie a “rinfrescare” gli stand con nuove opere nelle giornate di venerdì e sabato. Il tema di quest’anno? “À la mode”, ça va sans dire, sotto la direzione artistica del mitico giornalista di moda Loïc Prigent. Tradotto: una mappa dal “taglio fashion” che esplora gli incroci tra arte, stile e tendenze, sotto l’occhio puntuale e ironico del critico. Troviamo, tra gli altri, i dipinti dell’artista cubano Manuel Pardo da P.P.O.W Gallery, tra abiti Anni ’50 e scollature a cuore, l’opera multiforme di Lutz Bacher presentata da Buchholz, i graffiti à porter di Anne-Lise Coste esposti da Ellen de Bruijne Projects e le sculture di Moffat Takadiwa chez Semiose.

Louis Vuitton x Takashi Murakami, 45 anni di Madame Figaro e l’istallazione di Salomon
Impossibile poi non notare un polpo fucsia di otto metri aggrappato al Balcon d’Honneur del palazzo. È la scenografia creata da Takashi Murakami per presentare Artycapucines VII, il nuovo capitolo della celebre collezione di Louis Vuitton, quasi vent’anni dopo la loro prima collaborazione. Undici borse, che rivisitano il modello Capucines – da Rue Neuve-des-Capucines, la strada parigina dove Louis Vuitton aprì il suo primo negozio nel 1854 – attraverso i tipici motivi dell’artista: Mr. DOB, Superflat Panda e i famosi fiorellini sorridenti. Decisamente meno teatrale, ma più immersiva, è invece Sensorial Terrains di Salomon, nuovo partner ufficiale di Art Basel Paris. In collaborazione con Pavillon Noir, Theo Tagholm e Bean Bizarro, l’installazione infatti viene animata dai passi dei visitatori per tradurre lo spirito del Grave Running in arte. A qualche gradino di distanza, troviamo infine il corner per i 45 anni della rivista Madame Figaro, quasi mimetizzato con le opere degli stand. Un muro di copertine emblematiche – tra cui una litografia di Isabelle Adjani realizzata da Andy Warhol nel novembre 1986 – concatenato alla pubblicazione di un numero speciale, in formato XXL, con tanto di cover dipinta dall’artista svizzera Louisa Gagliardi.
Dalla performance di Miu Miu ai talk di Edward Enningful
Eppure, si sa, Art Basel Paris ha l’abitudine di diffondersi ben oltre gli spazi del museo, trasformando tutta la città in un palcoscenico diffuso. Harry Nuriev alla Chapelle des Petits-Augustins des Beaux-Arts, Fabienne Verdier alla Cité de l’architecture et du patrimoine, Joël Andrianomearisoa all’Hôtel de la Marine, eccetera. Tra gli appuntamenti, attesissimo quello con Miu Miu – partner ufficiale del programma pubblico per il secondo anno consecutivo – al Palais d’Iéna. Danza, scultura, video, musica, poesia, qui si mischiano nella performance 30 Blizzards di Helen Marten, co-diretta da Fabio Cherstich e musicata da Beatrice Dillon, esplorando la molteplicità delle identità femminili – prosieguo al discorso iniziato dal brand nel 2011 con Women’s Tales. Altro momento di punta è stato il ciclo di conferenze curato da Edward Enninful (ex caporedattore di Vogue UK, ora alla guida della sua società EE72) nelle sale del Petit Palais. Concepite come preludio alla sua prossima mostra ospitata dalla Tate Britain, The 90s (2026), le conversazioni hanno coinvolto quattro creativi protagonisti degli Anni Novanta, quali Yinka Shonibare CBE, Juergen Teller, Sonia Boyce e Mark Leckey. A completare il quadro, Saint Laurent omaggia Charlotte Perriand alla Galerie Patrick Seguin, con una selezione di arredi rarissimi (1943–1967), scelti da Anthony Vaccarello e riprodotti in serie limitata. E poco distante, A-POC ABLE Issey Miyake presenta una mostra in collaborazione con Eugene Kangawa/EUGENE STUDIO, dal titolo Type-XIV Eugène Studio Project. Il risultato, allora, non può che confermare la volontà del direttore Delépine: un Art Basel Paris 2025 très très stylé.
Aurora Mandelli
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