Alta moda e bellezza non bastano più. Ecco come cambia il mercato 

Si è appena aperta la fashion week parigina, ma il significato del termine “lusso” è definitivamente mutato. Una panoramica dello scenario in cui si muove la moda in questa estate 2025

Sono complessivamente 27 le collezioni presentate in questa nuova tornata dell’alta moda per l’A/I 2025-6, in lieve calo rispetto all’edizione precedente. Ma non è questo l’essenziale. Essenziale è capire quale sia il ruolo di questi defilé nella situazione in cui si trova il cosiddetto “lusso” in questo momento. 

Moda e beauty: il caso Hermès 

Un tempo (non molto tempo fa) ci eravamo convinti che il fulgore degli abiti couture portati in passerella (numericamente limitati quanto a possibili vendite) fosse utile a far risplendere altri prodotti di cui i brand si sono fatti latori. In particolare, quelli del settore bellezza che per anni ha sostenuto i fatturati e allargato la brand awareness di ogni marchio. Valga un esempio per tutti. Anche Hermès, a cui si attribuisce una consolidata prudenza nelle politiche commerciali, a partire dal 2020 ha costruito un’apposita divisione beauty, allargando la proposta dalla celebre Eau d’Hermès (1951), evolutasi via via in altre fragranze di successo come Terre d’Hermes (2007) sino a comprendere make-up e skin care di fascia alta. Nel 2024 risulta che dalla divisione beauty Hermès abbia ricavato circa 15,2 miliardi di euro, il 3,5% dei ricavi totali. Nello stesso anno i vertici di Hermès annunciavano di voler debuttare con una collezione anche nella couture. Quando: forse nel 2026? o nel 2027? È ora però lecito chiedersi se avverrà davvero, visto il quadro di riferimento che per tutti, è profondamente cambiato. 

I numeri del beauty 

Accade in questo 2025 che anche i fatturati delle divisioni beauty dei più celebri marchi, esattamente come quelli del tessile o della pelletteria abbiano assunto un profilo simile a quello delle montagne russe tipico dei grafici di borsa nei momenti di maggiore incertezza. Lo sa persino Donald Trump (non è una fake) che di recente ha lanciato una promozione che fa risparmiare 100 $ a chi acquista due flaconi delle fragranze che portano il suo nome, in vendita separatamente a 249. Lo sanno molto bene i francesi di L’Oréal come gli americani di Estée Lauder e gli spagnoli di Puig (gli ultimi due gruppi nati nella cosmesi e profumeria ma poi capaci di acquisire brand moda come Tom Ford, Dries van Noten o Jean Paul Gaultier). Il marketing tradizionale, quello basato su spinte trasversali tra abbigliamento e profumo, accessorio e crema anti-age, non sembra più sufficiente. I consumatori sono sempre meno prevedibili: quando è esploso il fenomeno (tossico) intergenerazionale e del dimagrante Ozempic negli USA a beneficiarne è stato un colosso industriale che con il beauty non ha mai avuto relazioni. Nessun addetto ai lavori si era sino a quel momento curato della produzione della Novo Nordisk, un gigante della farmaceutica danese. 

Fragranze uomo e donna Trump Victory 45-47 @trumpfragrance
Fragranze uomo e donna Trump Victory 45-47 @trumpfragrance

Un nuovo significato della parola “lusso” 

Non sono solo dunque situazioni clamorose come dazi e guerre a creare scompiglio. È Il sentiment dei consumatori ad essere cambiato: il vocabolo “lusso” non ha più lo stesso significato di una volta. Di questo proviamo a ragionare ora. Il protrarsi della recessione per il tipo di merceologie che comprende si deve al dubbio ormai dilagante circa il loro reale valore.  Ridurre i prezzi e migliorare la sostenibilità/etica delle produzioni: queste sono le richieste a che vengono fatte in questo momento da chi dovrebbe acquistare “lusso”. Solo dopo arriva quella di proporre idee più creative. Negli ultimi cinque anni, l’impennata dei prezzi se ha inizialmente contribuito ad aumentare i margini di profitto dei gruppi ha poi messo fuori gioco un cospicuo numero di acquirenti che, anche per reazione, mettono ora in discussione quel che prima sembrava indiscutibile. Gen Z e Millennial ora si dispongono in modalità acquisto solo dopo aver svolto ricerche in proprio affidandosi al web (TikTok, piattaforme specializzate, UGC), guardano con favore a pop-up esperienziali e gradiscono i touchpoint che intrecciano prodotti e ospitalità: la dinamica verticale della novità che cala dal “creatore-vate” al “consumatore-credente” ha fatto il suo tempo. 

Moda 2025
Moda 2025

La questione della sostenibilità 

Resta inoltre aperto il terribile problema della sostenibilità. Particolarmente sentito da Millennial e GenZ (questi ultimi in particolare), ma di rimbalzo, tornato di interesse anche tra i Boomer, che resta la generazione con maggiori disponibilità economiche: a questi ultimi i gruppi del lusso hanno ripreso a guardare con attenzione, avviando nuove operazioni di marketing intergenerazionale. Non si può dire in ogni caso che tutte le azioni di contrasto intraprese dai brand del lusso siano solo greenwashing. Se una superstar del lusso come Chanel lancia un progetto come Neverold per riutilizzo dei tessuti destinati alle discariche, persino il fast fashion prova ad attrezzarsi: H&M group, dopo Inditex il più potente in questo segmento di mercato, ha firmato di recente un accordo pluriennale con Renewcell, il produttore di materiali di nuova generazione Circulose, con l’obiettivo di sostituire una “quota sostanziale” della viscosa utilizzata nei suoi marchi (H&M, Cos, Weekday e Arket) con alternative provenienti da prodotti di riciclo. 

Oltre il fast fashion, c’è l’ultra-fast fashion 

Va meglio dunque? Non proprio: Shein la piattaforma di e-commerce di origine cinese che ha adottato il modello ultra-fast fashion sta dilagando anche in Europa, dove introduce prodotti che sono l’esatto contrario del dovuto. Il design è pirata, ma è soprattutto la qualità scadente dei materiali (alcuni di recente segnalati come tossici) e le condizioni di lavoro che con un eufemismo possiamo definire “discutibili” a preoccupare. Perché tanto interesse intorno a Shein e al suo omologo Temu? ll fattore prezzo è imbattibile: pochi euro, spedizione inclusa, per qualsiasi pezzo base di qualsivoglia guardaroba. All’apparenza (sullo schermo di un pc o cellulare) non dissimile persino da proposte di alta gamma. A complicare il tutto c’è l’assottigliarsi reale o percepito dei confini di Haute Couture, Prêt-à-porter, fast fashion e ultra-fast fashion. Vale per gli schermi su cui acquistiamo ma vale pure per le vetrine delle megalopoli del pianeta.  

Aldo Premoli 
 
Libri consigliati: 

(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti)   


 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

Scopri di più