Le Monde ou Rien: il racconto delle periferie milanesi tra estetica maranza e verità sociale

Un viaggio visivo nella Milano che non si vede: con il suo racconto, nato nel 2019 come diario della circonvallazione esterna, Angelo Leonardo esplora le periferie e i loro codici culturali

Felpe oversize, giacche imbottite, calze tirate sopra i pantaloni: è l’uniforme dei maranza, rodman in francese, diventata improvvisamente una tendenza nella sfilata Autunno Inverno 2025 di Balenciaga. Una delle ultime provocazioni di Demna Gvasalia ha portato sotto i riflettori la grammatica visiva nata ai margini. E mentre il dibattito divampa online tra trend e appropriazione, Angelo Leonardo racconta il volto autentico delle periferie milanesi con il progetto Le Monde ou Rien. Nato nel 2019 come diario visivo lungo la circonvallazione esterna di Milano, attraversa quartieri-satelliti come Barona, Corvetto, San Siro e Cinisello Balsamo. Un racconto per immagini e video, esclusivo su Artribune, fatto di fragilità, aspirazioni e creatività inaspettata, come quella di Diego Guarino, 11 anni, pittore autodidatta delle case popolari.

L’intervista al fotografo Angelo Leonardo

In una delle sue ultime sfilate per Balenciaga Demna Gvasalia ha portato sulla passerella l’estetica dei “rodman”, i cosiddetti maranza francesi, elevandola a codice globale. Quando la moda sdogana certi codici visivi, cosa resta a chi quei codici li ha creati e documentati nelle periferie?
Ne ho parlato di recente con un amico. Lui sosteneva che i brand siano fondamentali nella costruzione di subculture e nuovi linguaggi, perché ne amplificano la portata, tanto sul piano visivo quanto su quello comunicativo. Dal mio punto di vista, però, sono guidati prima di tutto dal principio di economicità, più che da un sistema di valori. Questo significa che sono sempre pronti a cavalcare ciò che garantisce loro visibilità e sopravvivenza. Non riesco a non notare l’opportunismo con cui certi immaginari consolidati vengono sfruttati per fini commerciali, rischiando di appiattire e svuotare il significato dei loro codici visivi e culturali.

Il lavoro offre un punto di vista “doppio”: interno e alieno, intimo e performativo. Come si costruisce un’estetica della verità che non sia pornografia della marginalità e estetizzazione del disagio?
Personalmente detesto una certa fotografia che utilizza la pietà per costruire un linguaggio visivo: la trovo una pratica discriminatoria e coloniale. Con Le Monde ou Rien ho cercato di documentare la realtà senza esprimere giudizi, anzi, con riconoscenza verso le persone che mi hanno aperto le porte della loro vita. Nutro profonda stima per il coraggio e la forza dei giovani che crescono in un mondo complesso come quello attuale, soprattutto ai margini di una metropoli esigente come Milano.

Capire le periferie. Il progetto di Angelo Leonardo

Nel tuo progetto le periferie sono un organismo vivo, contraddittorio, frammentato. Cosa ti ha colpito di più nella grammatica dei ragazzi che la abitano?
Dal mio punto di vista, le periferie e i giovani che le abitano sono come fari intermittenti. Non solo a Milano, ma in tutto il mondo. Vivono la società in modo più autentico di chi si percepisce al centro. Non per raffinatezza intellettuale, ma perché affrontano in prima persona i problemi di cui si discute ogni giorno. Credo che siano la parte più libera e rivoluzionaria di ogni metropoli.

Il titolo stesso è una dichiarazione radicale: “Il mondo o niente”. È una scelta o una condanna?
Credo che sia entrambe. Può essere una scelta, ma spesso nasce dall’assenza di alternative. Nei quartieri c’è chi è più fortunato, chi riesce a contare su legami forti e supporti familiari, anche in contesti difficili. Ma l’ambiente in cui cresciamo ci condiziona profondamente. Un ragazzo cresciuto in periferia non accede alle stesse possibilità di chi vive in centro. Questa disparità produce conseguenze durature: dà la sensazione che ti sia stato tolto qualcosa e rende più difficile il percorso di emancipazione e di crescita personale.

Le periferie oltre la cronaca nera. Il diario per immagini e video “Le Monde ou Rien”

Cinisello Balsamo, Barona, Corvetto: nomi che per molti evocano cronaca nera, ma nel tuo lavoro diventano toponimi di un’umanità sommersa. Che ruolo gioca la narrazione mediatica nella costruzione dello stigma?
È raro trovare esempi di informazione davvero libera. Le periferie non rappresentano alcun centro di potere rilevante e, per questo, non hanno alcuna tutela rispetto a come vengono raccontate. Gli stereotipi si ripetono sempre uguali, calcati fino all’eccesso. Con questo progetto ho cercato di prendere le distanze da quell’immaginario consolidato, per fare spazio allo stupore, all’imprevisto. Come le tele di Diego Guarino: nessuno si aspetterebbe che uno dei protagonisti del progetto sia l’autore di quei dipinti. È qualcosa che rompe gli schemi e apre nuove possibilità.

Nel video prodotto per Artribune, cosa hai voluto mostrare che nelle fotografie non è riuscito a emergere?
Il video è stato un modo per raccontare ciò che le fotografie non riescono a mostrare. Il dietro le quinte, i legami umani che si sono formati, il contesto quotidiano in cui il progetto è nato. Siamo stati nelle case popolari di Cerkovo, vicino Quarto Oggiaro, dove vive Diego Guarino – oggi tredicenne – con sua madre Annamaria e la sua famiglia. Siamo saliti a casa loro, ci hanno offerto un caffè, come è successo tante altre volte negli ultimi anni. È anche grazie ad Annamaria ed Enzo, che mi hanno sempre aperto le porte della loro casa, se questo lavoro ha potuto prendere forma.

Alessia Caliendo

Curatela di Alessia Caliendo
Video Emanuele Gelli
Music Dj Douglas

Si ringraziano:

Diego Guarino
Annamaria Costanzo
la casa editrice Altana Club

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Alessia Caliendo

Alessia Caliendo

Alessia Caliendo è giornalista, producer e style e visual curator. Formatasi allo IED di Roma, si è poi trasferita a Londra per specializzarsi in Fashion Styling, Art Direction e Fashion Journalism alla Central Saint Martins. Ha al suo attivo numerose…

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