Alla Paris Fashion Week Uomo 2026 c’è qualche speranza per la creatività nella moda 

Di solito è l’ultimo barlume di creatività nella moda, ma questa volta Parigi ha confermato l’appiattimento generale. Fatta eccezione per alcuni marchi 

La crisi attraversata dalla moda non è solo economico-finanziaria, bensì anche creativa. La Paris Fashion Week Uomo, che chiude il mese dedicato al menswear, conferma l’appiattimento generale di quest’arte diventata sempre più prevedibile. Fatta eccezione per alcuni marchi che rinnovano l’abbigliamento maschile, aggiungono a questo un quid in più, di cui avremo memoria adesso e nel futuro prossimo, ossia per la stagione primavera estate 2026. Nonostante la condizione attuale riveli un impasse collettiva: sicurezza o innovazione? Passato o futuro?

Formalità alternativa: Dior Homme, Willy Chavarria, Egonlab, KidSuper

Dior Homme
Dior Homme

L’abbigliamento formale resta fonte di certezza, economica e creativa. C’è però chi sa renderlo “alternativo” per rinnovare l’arte del vestire. Il debutto di Jonathan Anderson da Dior Homme insegna, alternando le silhouette, prendendo ispirazione dall’archivio femminile della Maison e unendo il casual all’elegante in modo inedito perché la storia del costume ottocentesco resta un innegabile punto di partenza della SS26, tra panciotti e redingote. Mentre Willy Chavarriaunisce il completo giacca e pantaloni alla denuncia sociale, denunciando il trattamento disumano degli immigrati negli Stati Uniti sotto il Presidente Donald Trump, facendo riferimento alle dinamiche delle prigioni salvadoregne. Da Egonlabsi respira un’altra forma di creatività, che spazia dalle silhouette appuntite ai risvolti degli indumenti; e da KidSuper ancora di più, tra matite appese al collo e stampe che ricordano le tele dei quadri. 

Quotidiano speciale: Wales Bonner, Saint Laurent, Stein

Saint Laurent
Saint Laurent

Di vestiti quotidiani ma speciali si parla, invece, da Wales Bonner che porta l’eleganza in completi bermuda e giacca gessati dal retrogusto vintage, con tanto di spilla. D’altronde, Grace Wales Bonner, fashion designer donna, è una delle figure più rilevanti nella moda maschile. Il suo Uomo ha un profilo sottile, smilzo, veste abiti dai tagli sartoriali (tutti realizzati in Italia), dai tessuti preziosi, morbidi e fluidi che provengono dal guardaroba femminile. Non è queer, gioca però con l’unione dei generi in una commistione di romanticismo nostalgico e potente sensualità sussurrata. Che Saint Laurent fa in un altro modo, sempre nobile e ammirevole perché fa indossare ai modelli pigiami bon ton sotto giacche con spalline rinforzate, ricalcando il fascino degli Anni Ottanta adattandolo al presente. E Stein fa in un altro modo ancora, flirtando con il layering, ossia mettendo indumenti su indumenti che assumono un valore inedito quando curati nei minimi dettagli: alzando il rever della giacca, sbottonando la camicia sotto una blusa, annodando la cintura morbida intorno al girovita.

Passione Oriente: Yohji Yamamoto, Kenzo, Comme Des Garçons

Kenzo
Kenzo

Importante anche la rappresentazione della moda fatta dagli orientali sia per l’Occidente che per l’Oriente. Un ponte fra due mondi sempre più connessi sotto tanti, tantissimi aspetti, incluso quello artistico. Le stratificazioni leggere perché destrutturate di Yohji Yamamoto, i completi vagamente ottocentesche che dialogano con lo streetwear kitsch di Kenzo,Comme Des Garçons Homme Plus con stampe iper-colorate ed enormi cappelli con visiera su trecce lunghe e Comme Des Garçons Shirt che ripensa la camicia rendendola punk a colpi di scritte e capelli pensati ad hoc. Così resta viva la speranza nella moda.

Giulio Solfrizzi 

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Giulio Solfrizzi

Giulio Solfrizzi

Barese trapiantato a Milano, da sempre ammaliato dall’arte del vestire e del sapersi vestire. Successivamente appassionato di arte a tutto tondo, perseguendo il motto “l’arte per l’arte”. Studente, giornalista di moda e costume, ma anche esperto di comunicazione in crescita.

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