Michela Murgia collabora con Dior per gli abiti da matrimonio della sua famiglia queer

La scelta poteva ricadere solo sulla stilista di Dior Maria Grazia Chiuri. Da sempre divulgatrice di messaggi politici e femministi. Che anche questa volta non sono mancati: i vestiti sono intercambiabili

La scrittrice e attivista femminista Michela Murgia ha annunciato la mattina del 15 luglio 2023 di essersi sposata con Lorenzo Terenzi. Questa può sembrare una scelta ordinaria e tradizionale – e per lo Stato è così -, ma l’intenzione è diversa come scrive lei stessa: “Se avessimo avuto un altro modo per garantirci i diritti a vicenda, non saremmo mai ricorsi a uno strumento così patriarcale e limitato, che ci costringe a ridurre alla rappresentazione della coppia un’esperienza molto più ricca e forte, dove il numero 2 è il contrario di quello che siamo”. La loro infatti è una famiglia queer, in cui nessuno si è sentito rivolgere il termine sposo/sposa perché i ruoli della famiglia tradizionale sono intesi come maschere che vincolano i sentimenti, mettendo in secondo piano l’elezione amorosa. Questo non avviene in quel nucleo familiare, composto da persone a lei care, che Michela Murgia si è creata nel tempo, e che la accompagna ogni giorno. Un nucleo che non prevede legami tipici, tantomeno atipici, ma soltanto legami umani che lei stessa mostra sui suoi social per sensibilizzare “la queerness familiare: una cosa che esiste e raccontarla è una necessità politica”.

L’abito da sposa di Michela Murgia firmato Dior

Un matrimonio del genere, accompagnato dalle dichiarazioni e condizioni di salute di Michela Murgia, a cui è stato diagnosticato un carcinoma renale al quarto stadio, poteva soltanto essere celebrato da un abito da sposa anticonvenzionale. Perché la moda riesce a veicolare determinati messaggi in maniera ancor più immediata. E anche se le definizioni non le si addicono, la scrittrice e attivista ha accettato la proposta della direttrice creativa di Dior, Maria Grazia Chiuri, che si è offerta di vestire tutti i membri della famiglia queer durante un giorno speciale come quello del matrimonio. Il risultato è stato una mini-collezione familiare, completamente bianca, “che de-sacralizza il colore nuziale e ne cambia significato: il bianco è inclusivo, sintesi additiva di tutti i colori dello spettro”. Nella collezione, realizzata ad hoc, ci sono solo pezzi intercambiabili, no gender, tra i quali ciascuno ha scelto la combinazione che meglio esprimeva la sua identità. Sul vestito di Michela Murgia c’è anche un ricamo prezioso di perline, “God save the queer“, che appare sulla sua t-shirt personalizzata e dà il nome al progetto speciale della maison francese. “Quel che siamo, multipli forti, è perfettamente rappresentato da questo incredibile discorso di tessuti e modelli”, afferma Murgia, “frutto della sensibilità creativa di una donna, un’amica, che ogni giorno mi dà lezioni di generosità, acume e professionalità”.

Chiara Ferragni a Sanremo
Chiara Ferragni a Sanremo

Il legame tra Maria Grazia Chiuri e il femminismo

D’altronde, la stilista pugliese Maria Grazia Chiuri è solita appoggiare messaggi politici quanto femministi con il suo lavoro, riuscendoci o meno. Proprio la sua prima collezione, con cui debuttò nel 2016 da Dior, si ispirava ad un’idea di femminismo tratto dal saggio We Should All Be Feminists di Chimamanda Ngozi Adichie. Ha poi continuato a celebrare la figura femminile, coinvolgendola in prima persona nella creazione dei set delle sfilate o dedicando intere collezioni a donne di spicco. Un recente esempio? L’abito realizzato da Dior in collaborazione con Claire Fontaine per l’imprenditrice digitale Chiara Ferragni, alla conduzione della prima serata della settantatreesima edizione del Festival di Sanremo. Il duo artistico, fondato da James Thornhill e Fulvia Carnevale nel 2004 e concepito come entità unica, ha firmato la stola abbinata al vestito con una breve frase dedicata alle donne, “Pensati Libera”, trovata su un muro dopo una marcia a Genova. Ricordando gli ideali di Maria Grazia Chiuri, che spesso ritornano nel suo operato.

Giulio Solfrizzi

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Giulio Solfrizzi

Giulio Solfrizzi

Barese trapiantato a Milano, da sempre ammaliato dall’arte del vestire e del sapersi vestire. Successivamente appassionato di arte a tutto tondo, perseguendo il motto “l’arte per l’arte”. Studente, giornalista di moda e costume, ma anche esperto di comunicazione in crescita.

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