Non semplici borse ma versatili kit d’arte. Parlano gli ideatori degli accessori Notkunst

Morbide, leggere e con una propensione ai linguaggi dell’arte contemporanea. Ecco le borse Notkunst, un esperimento” nato dalla designer Mafalda Tedesco e dal visual artist Silvio Valpreda della sartoria Lumago di Torino

In tedesco Notkunst significa “arte di emergenza”. Un concetto ampio che l’omonimo brand sartoriale torinese applica alla vita di tutti i giorni con la realizzazione di borse haute couture. Linee nette, volumi morbidi e cuciture mascherate rendono questi accessori tanto versatili da essere utilizzabili da donne e uomini, con forme che traggono ispirazione dall’indagine artistica contemporanea. Abbiamo parlato di questo brand Made in Italy riconosciuto a livello internazionale e dei suoi progetti futuri con la designer Mafalda Tedesco e al visual artist Silvio Valpreda, della sartoria Lumago di Torino, ideatori delle “borse concettuali” Notkunst.

Notkunst

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Notkunst è un marchio made in Italy ben riconosciuto a livello internazionale, con diversi negozi in Svizzera, Corea e Giappone. Come è nato questo esperimento che unisce design e arte? Come si è sviluppato nel corso degli anni?
MT, SV: Abbiamo riconosciuto nelle nostre personali abitudini di vita e nella società che ci circonda una propensione al nomadismo a vari livelli di scala, dal muoversi in contesti e luoghi diversi del mondo fino al semplice stare fuori casa tutto il giorno senza avere un singolo spazio di lavoro e di ristoro nel quale fermarsi a lungo. Questo ci ha indotto a sviluppare nel nostro progetto Notkunst la ricerca di qualcosa che da un punto di vista tecnico desse la massima leggerezza, multifunzionalità, e permettesse di portare con sé un bagaglio poetico capace di dare conforto emotivo.

I linguaggi dell’arte contemporanea sono diversi, e ognuno porta con sé un’estetica ben precisa. Quali sono quelli che vi hanno ispirato per dar vita a questo progetto?
MT, SV: Il nostro metodo è quello di partire da indagini empatiche su questioni della percezione intima e l’utilizzo sociale dello spazio non vincolate all’oggetto specifico, cioè la borsa, ma attraverso media differenti, in particolare: il video, la fotografia alterata graficamente, la scrittura e le installazioni. Immergerci in questo lavoro fa cambiare in quel momento le nostre percezioni e le nostre attitudini operative. Il nostro obiettivo è intrappolare questa forma mutata di pensiero nel disegno di prodotto attraverso un processo di razionalizzazione formale.

Notkunst

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La contaminazione tra moda e arte è sempre più profonda. Quali sono le vostre considerazioni rispetto al panorama odierno?
MT, SV: La fruizione dell’arte si è spostata dall’attorno a sé (le pareti della propria abitazione o il museo nel quale condividere con tutti i presenti lo stesso percorso emotivo) al con sé (la propria emozione individuale che si connette in una rete poco densa con altre sensibilità su percorsi fisici e temporali estremamente estesi). In questo i media intimi, come appunto la moda ma anche spazi virtuali circoscritti o il libro d’arte, assumono particolare rilevanza. Questo approccio appare in controtendenza con la narrazione politica dominante di un presunto auto-riconoscimento in sovrastrutture massive come il genere, la religione o la nazione. L’adesione al modello coeso è però numericamente minoritaria e deve il suo successo all’uniformità che, per definizione, non c’è nella parte di umanità che sfuma la propria individualità in non-definizioni mutevoli e riaggregantesi in modi discontinui.
Gli esempi che mi vengono in mente sono le donne iraniane, maggioranza che non si riconosce nella definizione univoca di “donna iraniana” che la religione riduce a monotipo. Oppure i non nazionalisti kosovari o gli antifascisti italiani.

Ovvero?
MT, SV: L’esempio del Kosovo deriva anche da una nostra esperienza recente a Pristina durante Manifesta. La moda da questo punto di vista ha grandi possibilità espressive ma corre anche il rischio di subire fortissimi vincoli ideologici. I grandi brand infatti non possono permettersi di abdicare al sistema ideologico (in particolare al capitalismo consumista di massa) perché la loro struttura economica si fonda su di esso. Questo non significa che all’interno dei brand non nascano proposte emotive e artistiche interessanti, ma che il meccanismo commerciale dei brand è talmente pregno di ideologia da non accorgersi nemmeno dei contenuti non meramente estetici di certi loro stessi prodotti (in fondo questo è però sia il limite che il potere di un’ideologia, cioè il non riconoscersi come tale ma come la “realtà” tout court).

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Quali sono i progetti futuri? Notkunst che forme assumerà nei prossimi anni?
SV: Per Notkunst la moda è un media. I nostri percorsi di ricerca continueranno a svilupparsi sul rapporto tra lo spazio intimo e quello sociale e sulla loro percezione. Oltre alle borse stiamo lavorando su alcuni elementi indossabili, ma riveste grande importanza anche l’oggetto libro (contenente scrittura e altri linguaggi). Parallelamente proseguono i nostri progetti personali: il laboratorio di sperimentazione sul future human wrapping di Mafalda Tedesco e la mia attività di ricerca sociale in corso con le pubblicazioni Capitalocene (ADD edizioni 2020) e Corpo (Eris edizioni 2022).

Valentina Muzi

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Valentina Muzi

Valentina Muzi

Valentina Muzi (Roma, 1991) è diplomata in lingue presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento DELF e DELE. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla…

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