Leaders of Change. Gli Oscar della moda green assegnati a Londra

I premi Leaders of Change vengono assegnati a coloro che danno un contributo significativo alla riduzione dell'impatto ambientale. I vincitori per il 2022

Yvon Chouinard il fondatore del marchio Patagonia celeberrimo per i suoi prodotti outdoor, ha ricevuto l’Outstanding Achievement Award durante l’annuale cerimonia organizzata dal British Fashion Council lo scorso 5 dicembre. E a ragione: Chouinard ha recentemente ceduto la sua azienda da 3 miliardi di dollari con la seguente motivazione “Il nostro unico azionista è il pianeta”. Un cambio di proprietà molto diverso da quelli a cui siamo abituati. Con effetto immediato, la famiglia Chouinard ha trasferito tutta la proprietà a due nuove entità: il Patagonia Purpose Trust e l’Holdfast Collective. In questo modo ogni dollaro non reinvestito nell’azienda sarà distribuito sotto forma di dividendi per proteggere il pianeta. Contemporaneamente Pierpaolo Piccioli ha ricevuto il Fashion Award e la stampa lo ha giustamente celebrato. Molta meno attenzione è stata dedicata invece a Gabriela Hearst, Bethany Williams, Priya Ahluwalia, Conner Ives e Marine Serre che insieme si sono aggiudicati il premio Leaders of Change: Environment ai Fashion Awards. La sostenibilità è un argomento difficile da definire per un premio tradizionale, ma che la categoria “Ambiente” sia ormai considerata mainstream è un fatto. Sono vari gli approcci che aiutano a definirne contorno. Dall’upcycling alla produzione sociale, sino al consumo di energie e più di recente allo sviluppo di modelli di business, non basati su consumi spinti all’eccesso e a qualsiasi costo. Ecco chi sono i Leaders of Change.

Aldo Premoli

GABRIELA HEARST

Gabriela Hearst, Photo Courtesy Gabriela Hearst

Gabriela Hearst, Photo Courtesy Gabriela Hearst

I Leaders of Change vengono assegnati a coloro che danno un contributo significativo alla riduzione dell’impatto ambientale. La designer uruguaiana Gabriela Hearst (Uruguay, 1976) premiata per il suo marchio omonimo, è anche il direttore creativo di Chloé. Non è la prima volta che riceve questo premio. Lo scorso anno si è aggiudicata pure il Fashion Awards. Ma Hearst è una tra i designer più conosciuti per il suo costante impegno a favore della sostenibilità. Nel 2019 ha progettato la prima sfilata di moda a emissioni zero, una mossa seguita poco dopo, tra gli altri, anche da Gucci. “Stiamo parlando della sopravvivenza della nostra specie, non c’è modo di evitarlo” spiega Hearst “Il problema numero uno è la nostra dipendenza dai combustibili fossili“. Sono concetti che dovrebbero essere patrimonio di tutti di fronte alla crisi ambientale che stiamo fronteggiando. Così non è, quindi Hearst ha raggiunto a Sharm el-Sheikh alla conferenza sul clima delle Nazioni Unite, Cop27, per provare a raccontarlo anche ain rappresentanti dei governi di mezzo mondo lì riuniti.

MARINE SERRE

Marine Serre, Photo courtesy of Marine Serre

Marine Serre, Photo courtesy of Marine Serre

Marine Serre (Francia, 1991) ha costruito il suo marchio intorno al concetto di upcycling. Serre propone solo due collezioni all’anno, riferendosi ad esse per nome piuttosto che per stagione: State of Soul, Hard Drive, Fichu pour Fichu. Sono questi i titoli di alcune delle sue collezioni-racconto sempre affiancate da una comunicazione per certi versi simile a un docu film. Lo sforzo è quello di incoraggiare le persone a vederle come senza tempo. Le sagome principali dei suoi abiti vengono trasferite di collezione in collezione per mantenere la rilevanza dei modelli precedenti, sempre comunque disponibili tramite il sito e-commerce del brand. Per il 2023 Serre progetta una linea couture, nell’intento di ottenere una maggiore copertura mediatica, secondo lei utile ad aumentare ulteriormente l’accettazione dell’upcycling come una delle possibili strade del nuovo lusso.

PRIYA AHLUWALIA

Priya Ahluwalia, Photo courtesy Priya Ahluwalia

Priya Ahluwalia, Photo courtesy Priya Ahluwalia

Priya Ahluwalia (U.K., 1993) trae ispirazione dalla sua eredità indo-nigeriana e riutilizza per le sue collezioni materiali vintage cuciti in fabbriche che impiegano donne provenienti da aree rurali e pagate in modo equo.  Ahluwalia ha sempre voluto indirizzare non solo la sua collezione ma adirittura l’intero settore verso pratiche pi sostenibili.  Nel 2021 è stata contattata da Microsoft per costruire una passerella digitale, ma Ahluwalia è riuscita a convincere Microsoft a spingersi oltre, e costruire Circulate, una piattaforma che raccoglie in crowdsourcing tessuti provenienti da dead stock: il tentativo è quello di aumentare la fornitura destinata a designer che operano in upcycling. Chi interagisce con Circulate riceve codici sconto per il sito di e-commerce del suo marchio, il che consente ai fan più giovani di accedere ai suoi prodotti. Sempre durante lo scorso anno ha dato vita insieme a Adidas ad un progetto per realizzare una sneaker riciclabile al 100%.

BETHANY WILLIAMS

Bethany Williams, Photo courtesy Bethany Williams

Bethany Williams, Photo courtesy Bethany Williams

Bethany Williams (U.K., 1989) adotta un approccio olistico alla moda. Ha sviluppato una struttura aziendale innovativa per dimostrare che può esistere un sistema di moda socialmente attento, nella progettazione e produzione di capi di abbigliamento. Per le sue collezioni Bethanay utilizza tessuti riciclati e imballaggi privi di plastica. Ma soprattutto la sua produzione ”sociale” crea lavoro dignitoso tanto in Italia che in Inghilterra. Lavorano con lei donne di San Patrignano così come le donne in carcere attraverso il laboratorio di Popolar Making for Change.

CONNER IVES

Conner Ives

Conner Ives

Per Conner Ives, (Usa, 1995) il più grande ostacolo alla sostenibilità è la velocità con cui vengono sfornate le proposte nel settore moda. Da quando ha fondato il suo marchio omonimo nel 2017, Ives ha cercato di limitare la produzione. Sarà il 2023 il primo anno in cui realizzerà più di una collezione. Cercare di costruire un business sostenibile in un settore per molti versi insostenibile è senza dubbio un’impresa ardua. Uno dei suoi punti di forza è credere nella realizzazione di capi la cui longevità non sia solo meccanica ma pure emotiva. Per Ives: “Il prodotto più sostenibile è qualcosa senza tempo che amerai per sempre”.

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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