Alessandro Mendini nel ricordo di Arianna Rosica e Damiano Gullì

Questo testo è stato pubblicato nel catalogo Mendini/Depero edito nell’ambito del Festival del Paesaggio Anacapri 2017 a cura di Arianna Rosica e Gianluca Riccio. Gli autori lo pubblicano su Artribune a ricordo del grande architetto e designer scomparso il 18 febbraio 2019

Alessandro Mendini ha sempre riconosciuto fra i suoi maestri – che spaziano da Alberto Savinio a Saul Steinberg a Gio Ponti – Fortunato Depero. In occasione della mostra alla Casa d’Arte Futurista Depero a Rovereto nel 2010 – felice occasione di scambio e virtuale dialogo fra questi due protagonisti del progetto, Mendini afferma: “Depero è un fatto particolare. Anche attraverso la sensibilità verso i suoi segni e colori, ho elaborato dei miei segni, quasi in diretto rapporto con i suoi, in modo da ottenere i miei mobili, le mie statue, i miei oggetti, in una maniera quasi in modo sincronica. Quindi sono molto debitore a Depero”. L’interesse per la figura di Depero, la cui influenza è sempre sottilmente presente nella pratica e in diversi lavori di Mendini, si colloca su un ideale tracciato mentale e grafico così delineato dal designer milanese “Corriere dei Piccoli (Antonio Rubino, Sergio Tofano) – Saul Steinberg – Gaudí – Rudolf Steiner – Espressionismo – Cubismo cecoslovacco – Futurismo (Depero) – Proust – Kandinskij”. La “Bottega del Mago” di Depero inoltre è per Mendini un riferimento teorico fondamentale, che trova il suo corrispettivo nell’organizzazione e gestione dell’Atelier Mendini. Plurime le fonti di ispirazioni cui Mendini attinge per costruire i suoi mondi, sempre sospesi fra artigianato e industria, mass production e pezzo unico. Mondi onirico-ironici, colorati, colti, densi e stratificati, ben esemplificati da uno di suoi più celebri progetti, la Poltrona Proust del 1978, un “patchwork” che combina un oggetto esistente con il pattern di un quadro esistente, un oggetto falso (una finta poltrona del Settecento) con un pezzo di un prato di Paul Signac per dare vita a un’immagine nuova e affrontare il problema della narrazione decorativa sopra a un oggetto. O, ancora, dai suoi arazzi, ispirati parallelamente a Kandinskij e Depero, realizzati a Milano negli anni 1978 e 1979, con un tessuto lucido, e poi realizzati in una seconda serie ad Ala di Trento, nel laboratorio che restaura gli arazzi di Depero.

Alessandro Mendini

Alessandro Mendini

L’INFLUSSO DI DEPERO

Per questi arazzi sono stati usati lo stesso tipo di panno – la “pittura su panno” di Depero ha sempre suscitato su Mendini un grande fascino – e le stesse tecniche del maestro futurista. Proprio queste due serie segnano, per certi versi, il ritorno di Mendini sull’isola di Capri e un ulteriore rafforzamento del suo ideale rapporto con Depero. Nella ricorrenza del centenario della presenza di Depero a Capri, anche Mendini approda sull’isola, questa volta non come semplice ospite – racconta Mendini: “Mi è capitato di dormire in Casa Malaparte quando ancora apparteneva al governo cinese, sono stato ospite di vari architetti napoletani, ho letto Axel Munthe, conosco e non conosco il fascino dell’isola…” – ma per presentare una mostra potente e preziosa, che – ancora una volta – lo vede confrontarsi con Depero. In questa occasione Mendini, oltre agli arazzi, espone in anteprima una serie di quattro maschere: composizioni/decomposizioni metalliche ad altorilievo, pensate come adatte per una performance condotta dai quattro grandi futuristi (Depero, Balla, Marinetti, Sant’Elia). Sono realizzate da un raffinato argentiere di Firenze, con vari metalli e varie tecniche di battitura. Così, Mendini attraverso i suoi colori e le sue geometrie ha riportato a Capri le atmosfere futuriste, le fa rivivere, rendendole però contemporanee, si vedano appunto le maschere in metallo, rilettura del nuovo millennio di automi e marionette protagonisti dei Balli Plastici di Depero. Anche la sede espositiva usata in occasione del festival era perfettamente in sintonia con la poetica mendiniana. La Casa Rossa di Anacapri è, infatti, un edificio in stile eclettico, caratterizzata dall’acceso colore rosso pompeiano da cui prende il nome. Costruita tra il 1876 ed il 1898 dal colonnello americano J.C. MacKowen, ospita la collezione di reperti archeologici di disparate provenienze da lui raccolti e una collezione di dipinti che rappresentano vedute dell’isola tra Ottocento e Novecento.

Arianna Rosica, Gianluca Riccio e Alessandro Mendini davanti alla Cara Rossa di Anacapri

Arianna Rosica, Gianluca Riccio e Alessandro Mendini davanti alla Cara Rossa di Anacapri

MENDINI A CAPRI

Un luogo quindi molto connotato, denso di storia e memoria, che accoglie stratificazioni di epoche eterogenee. La Casa Rossa torna quindi a vivere, si anima, si popola di antiche e nuove presenze, dalle ironiche e leggere opere di Mendini ai documenti d’archivio esposti che perdono un po’ della loro seriosità per restituire un Depero spensierato e spiritoso, ritratto a Capri con Clavel come marionetta futurista o intento a giocare con botti e bottiglie insieme alla moglie Rosetta e altri amici. E Mendini così ha commentato questa “incursione” nella Casa Rossa: “Sono molto contento quando i miei lavori vengono accolti e assorbiti dentro luoghi abitativi pieni di memoria e di magia, come nel caso della Casa Rossa, e come quando furono ospitati nel 2010 nella casa di Depero… Credo che le mie opere siano adatte a buoni colloqui con gli oggetti, con gli spazi e con i fantasmi del passato”.

– Arianna Rosica e Damiano Gullì

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Arianna Rosica

Arianna Rosica

 Curatrice e critica d’arte. Attualmente insegna tecniche della comunicazione allo ISIA di Pescara. Ha fatto parte del team curatoriale del Madre – museo d’arte contemporanea Donnaregina di Napoli. È stata responsabile dei progetti speciali di Artribune e co-direttore del MACTE…

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