Il meglio dell’anno 2025 per l’architettura
Protagonisti, progetti, luoghi, incarichi e mostre: ripercorriamo il 2025 attraverso la lente dell’architettura. In attesa delle novità urbanistiche e architettoniche del 2026
Se non l’avete vista, potreste aver perso del tutto l’opportunità di farvi personalmente un’idea della migliore architettura del 2025. Alte, invece, sono le probabilità di mettere piede nell’edificio che realizzerà in Italia la progettista dell’anno. Vi spieghiamo tutto nell’analisi del meglio che la scena architettonica globale ci ha proposto nel 2025. Con gli occhi già puntati al 2026.
Valentina Silvestrini
È la migliore architettura del 2025. Ma diventerà legna da ardere
1° gennaio 2024. Un terremoto di magnitudo 7.6 scuote la penisola di Noto, in Giappone, provocando un’allerta tsunami. Le vittime sfiorano quota 700; i danni sono ingenti, estesi al patrimonio edilizio e infrastrutturale. Sul social X, già da alcuni mesi, l’architetto giapponese Sou Fujimoto scandisce il countdown verso l’inaugurazione di Expo 2025 Osaka: suo il master plan per l’area del grande evento. Con frequenti aggiornamenti online, Fujimoto diventa per mesi il punto di riferimento per gli “umarell digitali” di mezzo mondo. Posta foto e video sullo stato di avanzamento del celeberrimo Grand Ring, la struttura lignea che coprendo un’area pari quasi a 60mila mq rappresenta l’emblema architettonico della terza Expo di Osaka. Resta in prima linea anche quando, in un Giappone fiaccato dalla crisi economica e scosso dal citato sisma, si polemizza sulle risorse investite sul fronte Expo. Non sorprende, quindi, che sia stato lui a fare chiarezza sul destino del Grand Ring. A Dezeen ha dichiarato che addirittura forse il 70% dell’opera “verrà semplicemente demolito e trasformato in trucioli”. Circa 200 metri dovrebbero essere conservati. Concepito come temporaneo, adottando una tecnica desunta dai metodi costruttivi dei templi giapponesi, nella sua interezza l’anello ligneo resterà dunque con ogni probabilità solo una memoria architettonica. La migliore, almeno per chi scrive, dell’intera Expo 2025 Osaka. A Fujimoto, acclamato questo autunno in patria con l’eccellente retrospettiva del Mori Art Museum di Tokyo, va il merito di aver agito su più fronti attraverso questa struttura. Il Grand Ring non è stato solo un colossale e scenografico abbraccio ligneo tra terra e mare. Ha, infatti, ricoperto un ruolo attivo, forse addirittura essenziale, per il funzionamento della kermesse. Sul fronte distributivo, definendo in modo netto le categorie di dentro e fuori: i padiglioni nazionali erano collocati al suo interno (unica eccezione, il Giappone), quelli speciali o commerciali all’esterno. Ha soprattutto generato chilometri di percorsi su più quote, dividendo i flussi e regalando viste panoramiche altrimenti impossibili; ha fornito fondamentali quote di ombra e di spazio per ripararsi dalla pioggia; ha accolto, tra gli altri, gli apparati di comunicazione e orientamento, oltre ad alcuni servizi. Una felice intuizione, che rende legittimo il rammarico di Fujimoto per la speranza – a quanto pare infranta – di una sua più estesa esistenza.

Il trend architettonico del 2025? Lo stesso della fine degli Anni Novanta
Intramontabile effetto Bilbao: tutti, e a tutte le latitudini, vogliono un grande museo. Frank Gehry è scomparso proprio sul finire del 2025, in tempo per assistere alla duratura fortuna di quell’“effetto Bilbao” di cui è stato tra gli artifici, nonché delle sue variazioni, interpretazioni, declinazioni più o meno riuscite. Certo, ha lasciato incompiuto l’altro “suo Guggenheim”, ovvero quello di Abu Dhabi. Eppure, proprio la capitale degli Emirati Arabi Uniti, in questi ultimi dodici mesi, ha compiuto il passo decisivo per il completamento delle strutture museali del Saadiyat Cultural District. Il 2025 è stato anche l’anno dell’apertura del GEM – Grand Egyptian Museum e, più in generale, gli annunci sul fronte dell’architettura museale sono stati così numerosi e rilevanti che gli abbiamo dedicato una ricognizione a parte.

Progettista dell’anno 2025: Lina Ghotmeh
La notizia dell’ultimo incarico assegnato allo studio Lina Ghotmeh – Architecture è arrivata proprio mentre questo articolo era in dirittura d’arrivo. Una tempistica, a ben vedere, perfetta, perché consolida l’idea maturata nel corso del 2025: quello in chiusura è l’anno della definitiva consacrazione dell’architetta libanese Lina Ghotmeh. Ad attenderla ci sono i cantieri di tanti interventi (a carattere soprattutto culturale), in varie parti del mondo. Dal Qatar, dove è stata appunto appena scelta per un “importante ampliamento del campus della principale istituzione per l’arte moderna e contemporanea del mondo arabo”, all’ambitissima Venezia: suo il nuovo padiglione ai Giardini della Biennale, come noto destinato proprio al Qatar. E poi Arabia Saudita, Londra, con il successo a inizio 2025 nel concorso per il British Museum, l’Uzbekistan, ma anche un episodio a lei dedicato nella serie Arts in Motion, targata BBC, e l’inserimento nella TIME100 Next 2025. Cosa le manca? Non ci stupiremmo se, in vista del 2029, venisse nominata direttrice della 21. Biennale di Architettura di Venezia, per il suo essere una “figura ponte” tra il contesto mediorientale e quello europeo.

Cina piglia tutto
Classe 1956, l’architetto cinese Liu Jiakun ha ricevuto il Pritzker Architecture Prize 2025 lo scorso marzo. Qualche mese dopo il collega e compatriota (nonché mancato regista!) Ma Yansong ha curato la partecipazione della Cina alla 19. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, ha completato il suo primo progetto culturale in Europa (il Fenix Museum di Rotterdam) ed è stato selezionato come Guest editor di Domus per il 2026. Sempre dalla Cina arrivano gli architetti Wang Shu e Lu Wenyu: dopo Carlo Ratti, cui si deve l’edizione “più visitata di sempre” della Biennale di Venezia, nel 2027 toccherà a loro curare l’evento.

Che bellezza, i depositi!
In principio venne il Depot Boijmans Van Beuningen, a Rotterdam. Da qualche mese abbiamo pure il V&A East Storehouse di Londra, indubbiamente l’architettura culturale must see del 2025 nella capitale inglese. L’apertura dello già apprezzatissimo deposito-museo da 16mila mq è arrivata in anno di gioie e dolori per lo studio Diller Scofidio & Renfro: la cofondatrice Elizabeth Diller ha stretto tra le mani il Leone d’Oro a Venezia (attribuito per la discussa installazione Canal Café) a poche settimane dalla scomparsa del socio e compagno di vita Ricardo Scofidio.

Caos stadi, auspicando la pax olimpica
Con il traino delle Olimpiadi invernali alle porte, e con le architetture finanziate per l’occasione in dirittura d’arrivo, il 2025 è stato un anno in cui molto si è anche dibattuto di sport e, soprattutto, di stadi. Da abbattere e ricostruire (vedi alla voce San Siro), in via di riqualificazione come il Franchi di Firenze (per il cui completamente si punta sul 2029), in realizzazione: a ottobre si è svolta la cerimonia di posa della prima pietra del nuovo stadio di Venezia, che sorgerà nell’area del Bosco dello Sport su progetto degli studi Maffeis Engineering e Populous. Proprio quest’ultima società ha ultimato a settembre, in Marocco, il Prince Moulay Abdellah di Rabat, uno degli impianti della Coppa del Mondo 2030.

Nuove destinazioni nello scacchiere architettonico e culturale
Sulla scia dell’ibridazione tra le funzioni si colloca anche l’edificio culturale che ci consente di parlare di Taiwan (e delle sue ambizioni culturali) senza tirare in ballo i nodi geopolitici dell’Estremo Oriente. Al pluripremiato studio giapponese SANAA, vincitore proprio quest’anno della Royal Gold Medal, si deve il nuovo Taichung Green Museumbrary, aperto da una manciata di giorni. Immerso in 67 ettari di verde, nella terza città per numero di abitanti di Taiwan, è un museo d’arte che ingloba una biblioteca. O, forse, viceversa? Secondo i suoi autori, gli architetti Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa, siamo di fronte a “una biblioteca in un parco e un museo d’arte in una foresta“.

Arrivederci Pompidou, benvenuta nuova Fondation Cartier
Dopo il boom olimpico del 2024, Parigi mantiene salda la sua centralità architettonica almeno su scala europea. Non si può infatti chiudere una ricognizione dell’architettura del 2025 senza congedarsi dal Centre Pompidou, che non visiteremo per almeno un quinquennio; dalla prossima primavera sarà a tutti gli effetti un cantiere. In perfetta sincronia con la sua chiusura, è andata in scena l’apertura della nuova Fondation Cartier, al civico 2 di place du Palais-Royal, di fronte al Louvre. Museo di cui, nel 2026 sapremo chi (tra i team di cui fanno parte AL_A – Amanda Levete Architects, Diller Scofidio + Renfro, Dubuisson Architecture con SANAA, Sou Fujimoto ateliers Paris con Sou Fujimoto Architects, e STUDIOS Architecture con Selldorf Architects) si occuperà del suo rinnovamento. Altrimenti detto “Nouvelle Renaissance”.

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