Tutta la storia della casa fantastica di Luigi Serafini a Roma. Il rischio di sfratto e la petizione per salvarla
Dal 1987 a oggi, l’artista romano ha plasmato la sua abitazione romana, a due passi dal Pantheon, attingendo allo stesso immaginario fantastico che ha ispirato il suo Codex Seraphinianus. Ora si chiede che sia dichiarata bene culturale di interesse nazionale

Oltre 4mila firme in pochi giorni. Si può riassumere così, in numeri, lo stato di allerta per le sorti della Casa Studio di Luigi Serafini, che a Roma, nella sua città, l’artista e architetto ha ideato e realizzato a partire dal 1987, immaginandola come un’opera d’arte abitabile, opera d’arte totale secondo l’estetica della Gesamtkunstwerk.
La Domus Seraphiniana, come la definisce Giorgio Villani nel saggio pubblicato su FMR nel 2023, è stata anche protagonista, nell’estate 2024, di una mostra curata da Luca Lo Pinto al MACRO (Luigi Serafini. Una casa ontologica). E in tutti questi anni si è evoluta – a pochi passi dal Pantheon, in Salita de’ Crescenzi – nella sua dimensione parallela, nel mondo immaginario e immaginato da Serafini, autore di una delle opere più enigmatiche del Novecento: quel Codex Seraphinianus (1981) che è enciclopedia illustrata dell’impossibile che diventa possibile, dell’onirico e del fantastico, scritta in una lingua inventata e indecifrabile, corredata di un campionario di immagini e simboli fantasmagorici.

Luigi Serafini e il progetto per la Casa Studio a Roma
Lo stesso universo visionario, Luigi Serafini l’ha riportato nella sua abitazione romana, ricorrendo a tutte le sue conoscenze di architettura, design, scultura, pittura per trasformare la sua casa studio in un’esperienza immersiva che ha pochi eguali, tra forme immaginarie fitomorfe e zoomorfe, mobili realizzati su misura, dipinti murali, bassorilievi e stucchi. La formazione del Serafini architetto lo vede approdare all’inizio degli Anni ’70 negli Stati Uniti, per poi – rientrato a Roma – entrare nello studio di Maurizio Sacripanti e collaborare con Luigi Pellegrin, fino a laurearsi, nel 1977, con Giuseppe Perugini. Ma nel suo passato si ricorda anche la partecipazione al gruppo Memphis, collettivo di design e architettura fondato da Ettore Sottsass, attivo tra il 1981 e il 1987. L’approccio trasversale alle arti e alla creatività tout court ha fatto il resto, e oggi chi ha la fortuna di visitare la Casa Studio al terzo piano della palazzina che si incontra tra il Pantheon e la chiesa di Sant’Eustachio si muove in un labirinto distanze dai colori accesi, tra ceramiche policrome, statue dorate, fantasiose librerie che scandiscono gli spazi, pannelli dipinti, epigrafi che richiamano la lingua sconosciuta del Codex.

La Casa Studio di Luigi Serafini a rischio sfratto
Ma da tempo – ormai qualche anno a questa parte – l’artista rischia lo sfratto. E la possibilità che la casa plasmata in quasi quarant’anni di incessante lavorio creativo lasci il posto a un banale appartamento cittadino non è remota. Eventualità, per dir la verità, avversata finora da una prolifica campagna stampa, che a più riprese ha stigmatizzato la complessa vicenda pendente sull’immobile, appartenente al Sovrano Ordine Militare di Malta, proprietario dell’intero stabile. All’Ordine si contesta il ricorso a vertiginosi aumenti del canone di affitto a seguito della pandemia, per rientrare rapidamente nella disponibilità dell’appartamento (con l’obiettivo di avviare una ristrutturazione complessiva della palazzina?). L’Ordine, dal canto suo, ha accertato già nel 2023 un “rilevante inadempimento economico” da parte di Serafini, avviando la procedura di sfratto e ribadendo come “attraverso i proventi delle proprie proprietà immobiliari, sostiene progetti di assistenza medica, sociale e umanitaria in oltre 130 Paesi”.
Ma nel 2024, la Corte d’Appello di Roma, pur riconoscendo il diritto della proprietà a riavere l’immobile, ha emesso un’ordinanza di sospensione dello sfratto esecutivo “per la particolare unicità” del bene, che “nelle sue caratteristiche estetico-culturali merita di essere tutelato”. E un rinvio dopo l’altro si è arrivati a oggi: al prossimo ottobre è fissata l’udienza che dovrebbe decidere delle sorti della Casa Studio, che nel corso degli anni è stata fotografata per numerose riviste internazionali d’arte e design e filmata dalla Rai, oltre ad accogliere ospiti illustri come Tim Burton e Orhan Pamuk, desiderosi di curiosare tra le meraviglie del mondo inventato dall’artista.
La petizione per salvare la Casa di Luigi Serafini
Più di recente, in occasione dell’edizione 2025 di Open House Roma, evento organizzato dalla no-profit Open City Roma, la Casa Studio di Luigi Serafini ha aperto le sue porte al pubblico per la prima volta, accogliendo oltre mille visitatori. E l’apprezzamento raccolto ha riportato in auge il timore che l’appartamento possa essere prima o poi smantellato, privando la collettività di un patrimonio culturale che meriterebbe di essere preservato, per essere condiviso, un giorno, con la comunità. Il modello cui viene naturale pensare, restando nella Capitale, è quello di Casa Balla, bene vincolato per interesse culturale dal 2004 e acquisito dallo Stato italiano – che ne garantirà la riapertura permanente – alla fine del 2024.
Su queste premesse è stata avviata la petizione che ha già raccolto il sostegno di figure di spicco del panorama culturale italiano e internazionale, da Carlo Piano, presidente della Fondazione Renzo Piano di Torino, a Donatien Grau, consigliere alla presidenza per i programmi contemporanei del Louvre di Parigi, a Edoardo Pepino, vicepresidente della Fondazione FM Ricci. Si chiede che la Casa Studio di Luigi Serafini venga tutelata “per preservare un unicum nel panorama artistico nazionale, un luogo dove l’arte vive, si trasforma e continua a ispirare generazioni di creativi”. Destinatario dell’appello – che tutti possono sottoscrivere su Change.org – è il Ministero della Cultura, cui è rivolto l’invito a valutare il riconoscimento della casa come bene culturale di interesse nazionale, garantendone l’accessibilità e la valorizzazione per le future generazioni. E anche Serafini, alla soglia dei 76 anni, spende ora parole chiare sulla sorte cui ambirebbe per il progetto che l’ha accompagnato per gran parte della sua vita: “A me non interessa tanto abitarci, anche se mi piacerebbe che mantenesse la sua carica vitale. La Casa va difesa come opera d’arte”.
Livia Montagnoli
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