Borgo Cornalese. Il villaggio rurale in Piemonte che da presidio dei Templari diventa cohousing

Nato come presidio trecentesco dei Templari, lungo la via del sale, il borgo rurale conserva oggi il volto neoclassico ottocentesco. Ora si lavora per trasformarlo in eco-villaggio, improntato al vivere condiviso. E tutto è in vendita

Si può ascrivere al fenomeno delle utopie ottocentesche – eredità della Città ideale teorizzata da Claude-Nicolas Ledoux sulla scorta degli ideali illuministi di fine Settecento – la riprogettazione di Borgo Cornalese, centro rimasto congelato nel tempo, a poco più di venti chilometri da Torino. E un’altra utopia, però di moderna concezione, dovrebbe farne, nei prossimi mesi, un modello di eco-villaggio fondato sul cohousing, a partire dal progetto di restauro conservativo e recupero degli spazi sviluppato da Homers (costola di Home4all, startup di housing sociale gemmata dal Politecnico di Torino, che promuove la rigenerazione urbana favorendo la collaborazione tra privati).

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Villa De Maistre, Borgo Cornalese

La storia di Borgo Cornalese. Dai Templari al Neoclassico rurale

In realtà, la storia del “villaggio” inquadrato amministrativamente come frazione di Villastellone inizia ben prima, sebbene, negli Anni Trenta dell’Ottocento, sia stato il duca francese Eugène Alexandre Laval Montmorency, che nel 1833 aveva sposato la nobile piemontese Anna Constance de Maistre, a concepirne l’assetto attuale, con gli edifici di servizio raccolti intorno alla villa padronale, e la chiesa parrocchiale, dedicata alla Beata Vergine dei Dolori, tutto uniformato dall’adozione di una stile tardo-neoclassico, di rappresentanza, che tenesse insieme la sfera umana, intellettuale, religiosa e politica.
Le origini di Borgo Cornalese, però, affondano al XIII Secolo, quando l’ordine dei Templari si dotò di presidi strategici lungo le vie del sale, che collegavano l’odierno territorio piemontese a quello ligure. Dell’epoca si intravedono ancora le murature del castello trecentesco e poco più, mentre cinquecentesco è il mulino ancora conservato: tra XIV e XVIII secolo, il territorio di Borgo Cornalese è teatro di battaglie sanguinose, saccheggi e distruzioni.

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Villa De Maistre, Borgo Cornalese

Borgo Cornalese fino a oggi

Nei secoli a seguire il borgo diventa un centro a carattere agricolo, autosufficiente, alle dipendenze della villa settecentesca della famiglia De Maistre, che ne acquisisce la proprietà, e la detiene tuttora. Se l’abitato si è preservato intatto, scampando a possibili stravolgimenti novecenteschi, il merito si deve proprio all’impegno profuso dai De Maistre – oggi con l’ultimo discendente, Ludovico – per conservarne l’immagine: la villa monumentale, la chiesa ottocentesca, un grande parco di 16 ettari, il mulino, quel che resta del borgo medievale che inquadra due corti agricole di oltre 11mila metri quadri. Negli ultimi anni, la Villa è diventata set di molte produzioni cinematografiche, televisive e pubblicitarie, facendo guadagnare a Borgo Cornalese l’appellativo di Cinecittà del Piemonte.

Borgo Cornalese
Borgo Cornalese

Borgo Cornalese in vendita. Il modello del cohousing

Nel frattempo, è stato avviato il restauro conservativo che vede coinvolte numerose maestranze per recuperare filologicamente affreschi, intonaci, infissi, mobili, opere d’arte e pareti, scegliendo con cura resine, calce, colori e tappezzerie.
Così le vicende del borgo arrivano al presente, ed entra in gioco Homers. Di recente, infatti, la proprietà ha deciso di vendere, non prima, però, di aver ripensato l’area in funzione di esigenze abitative contemporanee (ed ecosostenibili). L’operazione, propiziata dalla startup di housing sociale, vale circa 9 milioni di euro, e porterà alla realizzazione di appartamenti, loft, monolocali e villini indipendenti, per 28 nuclei abitativi complessivi, però modulati nell’ottica della co-abitazione e della condivisione di risorse, con spazi comuni come la grande cantina, l’ambiente dedicato allo smart working, la lavanderia prenotabile via app, l’asilo, l’area giochi per bambini, e poi un frutteto, orti comuni, una sala per la trasformazione della frutta in marmellate. Puntando alla riduzione dell’impatto energetico, pur non rinunciando ai comfort di una vita in campagna, come la “piscina”, che nel caso specifico sarà però un biolago artificiale, alimentata dall’acqua filtrata dalle piante. Le potenzialità del luogo, secondo chi sta seguendo il progetto, sono legate alla sua posizione strategica, che assicura al contempo isolamento e collegamenti ferroviari con la città. Del Propiziare l’equilibrio tra gli opposti – privacy e condivisione, vocazione urbana e rurale, antico e futuro – del resto, sembra essere il faro guida di questa ambiziosa operazione di e-co housing alle porte di Torino.

Livia Montagnoli

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