Intervista a Matteo Zambon, architetto tra sostenibilità e intelligenza artificiale

Architetto, docente e dottorando all’Università di Trieste, con i suoi “Possible Maybe” Zambon immagina visionari edifici, ricoperti di verde e in grado di rispondere le urgenze del cambiamento climatico. Ci racconta perché il passaggio all’Intelligenza Artificiale è inevitabile

Il fenomeno dell’Intelligenza Artificiale applicata all’architettura è un po’ come una crisalide: una farfalla al suo stadio larvale che non ha ancora preso il volo, ma le manca pochissimo per farlo.
L’utilizzo dei software di AI, come Midjourney, Dall-E e Starryai, per immaginare edifici del futuro è una tendenza – ancora agli esordi – che coinvolge sempre più architetti e designer e permette di generare, partendo da input testuali, infiniti e disparati scenari architettonici.
Abbiamo parlato dei grattacieli futuristici dell’architetto indiano Manas Bhatia, degli edifici floreali della progettista giordana Reem Mosleh, della città a forma di tram del designer egiziano Hassan Ragab, ma la sperimentazione non vive soltanto al di fuori dei nostri confini. Anche in Italia, questo trend sta prendendo sempre più piede, seppure con qualche perplessità da parte di alcuni.

Matteo Zambon, Possible Maybe, courtesy of Matteo Zambon

Matteo Zambon, Possible Maybe, courtesy of Matteo Zambon

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E ARCHITETTURA

Matteo Zambon, architetto, progettista firmatario per la Mate Engineering (società di architettura e ingegneria urbanistica) e docente all’Università di Udine, segue questa scia studiando le potenzialità dei software di Intelligenza Artificiale nell’ideazione di progetti architettonici. Le sue creazioni, intitolate Possible Maybe, rappresentano palazzi ed edifici futuristici ondeggianti ricoperti da piante e aree verdi, immaginati come strutture che sorgono in armonia con l’ambiente che le circonda. “Nei miei lavori con l’IA mi concentro soprattutto sull’integrazione tra architettura e paesaggio e la costruzione di nuovi scenari rispetto a mutazioni climatiche”, spiega Zambon che nel frattempo è anche dottorando in Architettura all’Università di Trieste con una tesi sulle “nuove interpretazioni del paesaggio come realtà in trasformazione e scenari futuri coadiuvati dall’IA”.

Matteo Zambon, Possible Maybe, courtesy of Matteo Zambon

Matteo Zambon, Possible Maybe, courtesy of Matteo Zambon

INTERVISTA ALL’ARCHITETTO MATTEO ZAMBON

La questione dell’IA per progetti di carattere architettonico” – continua – “è una rivoluzione che sta esplodendo in questo momento, ma non è ancora arrivata al suo apice come applicativo rispetto all’architettura. Questo perché, purtroppo, c’è ancora molta diffidenza rispetto all’utilizzo di questo strumento, soprattutto in Italia”. Una diffidenza che, secondo l’architetto, deriva dal timore diffuso che la macchina possa sostituire la creatività dell’uomo.
In realtà, l’IA è solo un mezzo e le immagini che genera sono sempre frutto del pensiero umano”, precisa. Per realizzare un progetto con un’Intelligenza Artificiale, infatti, è necessario compilare un prompt, cioè delle linee di comando nelle quali si descrive la tipologia di edificio che si ha in mente. Dopodiché il software reinterpreta il testo scritto ed elabora, sulla base di infiniti database, l’immagine finale. “Dobbiamo specificare però che si tratta sempre di renderizzazioni di ipotetici progetti di cui non esistono piante”, afferma. Per Zambon, infatti, la paura che Midjourney o altre piattaforme possano in futuro rimpiazzare in toto il progettista è del tutto infondata: “L’architettura” – continua – “non è semplicemente un’immagine, ma è anche capacità tecnica e poetica, cultura, sensibilità e contestualizzazione di una struttura in un’area specifica. È difficile sostituire questi meccanismi, anche inconsci, dell’uomo con una semplice elaborazione fatta dal computer”.

Matteo Zambon, Possible Maybe, courtesy of Matteo Zambon

Matteo Zambon, Possible Maybe, courtesy of Matteo Zambon

LIMITI E RISORSE DELL’IA APPLICATA ALL’ARCHITETTURA

Tutti i progetti realizzati con l’AI sono “decontestualizzati e non site specific”, cioè non sono pensati per essere costruiti in un preciso luogo reale. “Non possiamo ordinare all’IA di progettare un edificio nel centro di Roma, per esempio. Non lo capirebbe, non è in grado di effettuare valutazioni complesse, come quelle legate al linguaggio di un determinato territorio. Per questo, il ruolo dell’architetto non verrà mai surclassato, proprio perché il ragionamento sull’architettura è molto più complesso”, afferma. L’AI costituirebbe “soltanto” un valido supporto al lavoro creativo dell’architetto: tra le sue potenzialità c’è sicuramente la capacità di allargare i confini dell’immaginazione e semplificare il processo di ideazione. “L’Intelligenza Artificiale può essere benissimo usata dal progettista come strumento, perché può regalare una serie di suggestioni che appartengono anche a mondi diversi”, sottolinea.

Matteo Zambon, Possible Maybe, courtesy of Matteo Zambon

Matteo Zambon, Possible Maybe, courtesy of Matteo Zambon

FUTURO DELL’ARCHITETTURA E MACHINE LEARNING

Un processo evolutivo, quello dell’architettura, che secondo Zambon è quasi automatico e necessario. “Quando si è passati dal disegno a mano a quello su computer” – afferma il progettista – “c’è stato un momento di gap. Anche in quella fase storica vi era una certa diffidenza verso il disegno al computer, percepito come un’eresia dagli architetti della vecchia generazione. Poi c’è stato il passaggio al Bim (Building Information Modeling, un modello che contiene tutti i dati relativi a un progetto, N.d.R.). E adesso, molto probabilmente, ci sarà il passaggio all’Intelligenza Artificiale poiché rappresenta una tecnologia capace di ampliare le potenzialità dei programmi già esistenti”. Secondo il progettista italiano, il futuro dell’architettura sarà inevitabilmente legato al machine learning. Non solo per quanto riguarda i software di IA che agevolano la fase creativa, ma anche per le innovazioni che si prevedono nei sistemi di progettazione. “Alcuni programmi” – conclude – “che si utilizzano abitualmente tra architetti e ingegneri, che siano Bim o di modellazione solida 3D, hanno espresso l’interesse e l’intenzione di inserire al loro interno un sistema di IA, che permetterebbe di semplificare determinate azioni ed effettuare variazioni immediate al progetto su cui si sta lavorando, che altrimenti richiederebbero molto più tempo”.
Il futuro dell’architettura sembra, in qualche modo, già scritto. Sta solo a noi accettarlo.

Silvia Donnini

https://www.archidromestudio.com/

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Silvia Donnini

Silvia Donnini

Silvia Donnini è giornalista e dottoressa in Scienze della Comunicazione. Amante, fin da bambina, di arte, cultura e teatro, si è laureata all'Università di Pisa con una tesi sulla drammaturgia di Eduardo De Filippo, dal titolo "La vita è un…

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