Architettura e umanità. L’esempio di Carla Juaçaba

La carriera di Carla Juaçaba, fra i dieci progettisti del primo padiglione della Santa Sede alla scorsa Biennale di Architettura di Venezia.

Chilometri di spiagge bianche lambite da grattacieli, lussureggianti foreste urbane, morros granitici ricoperti di favelas, strette pianure artificiali. Fusione di habitat naturale e paesaggio urbano senza eguali, Rio de Janeiro è il peculiare terreno in cui nasce e matura l’architettura sostenibile di Carla Juaçaba (Rio de Janeiro, 1976). Alla ricerca di un equilibrio tra esigenze dell’abitare e cura dei luoghi, la progettista carioca costruisce, dagli inizi del 2000, un personalissimo vocabolario fatto di gesti essenziali, strutture elementari e materiali low cost. Come in una casa atelier nella foresta pluviale di Itanhangá, il cui piano di calpestio, nel rispetto dell’orografia e della flora tropicale, è sollevato a pochi centimetri dal suolo a protezione delle inondazioni. O in una casa a Barra di Tijuca, la cui pianta ricalca l’unico rettangolo di radura presente, così da preservare gli alberi secolari della Mata Atlântica. O, ancora, una villa unifamiliare sulle colline di Santa Teresa si sviluppa su più livelli per non alterare la scoscesa topografia del sito. Inondate di luce naturale e dotate di viste mozzafiato sulla città, le residenze minimal del talento di Rio testimoniano le potenzialità di un’architettura immersa nella natura e fondata sulle risorse locali.
Ma è in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite Rio+20 del 2012 che la filosofia del “costruire con quel che si ha a portata di mano” raggiunge la sua più audace espressione. Usando ponteggi metallici dismessi, l’architetto costruisce sul Forte de Copacabana una spettacolare promenade espositiva di 90mila mq affacciata sulla baia. Con un chilometro di coda registrato all’inaugurazione e un totale di 200mila visitatori in soli 15 giorni di apertura, Humanidade Pavilion cattura l’attenzione internazionale, al punto da far conquistare alla sua autrice la prima edizione dell’archVision Prize – Women and Architecture promosso da Italcementi Group.

Una delle Vatican Chapels, Carla Juaçaba. Photo © Federico Cairoli

Una delle Vatican Chapels, Carla Juaçaba. Photo © Federico Cairoli

A VENEZIA

Dopo alcuni passaggi in gallerie e università europee, alla recente Biennale Architettura 2018 Juaçaba ha finalmente l’occasione di mettersi all’opera nel Vecchio Continente. Se nei Giardini interpreta il tema Freespace con una serie di sedute in cemento, sull’Isola di San Giorgio Maggiore è fra i dieci progettisti di Vatican Chapels, primo Padiglione della Santa Sede a Venezia. Nell’estremo sud del parco dell’isola, l’architetto firma un’effimera cappella, in cui quattro esili travi in acciaio cromato si intersecano a formare una croce e una panca. Sapiente gioco di superfici specchianti che si fondono con la vegetazione lagunare, la cappella vale alla sua autrice lo AR Emerging Architecture Award 2018. Un riconoscimento che, come ha confessato Juaçaba all’Architects’ Journal, arriva tempestivamente: “È un momento difficile per lavorare in Brasile, spero questo premio mi offra opportunità fuori dal Paese”. Desiderio che, in questo inizio di anno, già prende corpo: oltre a un cantiere residenziale in corso a Petrópolis, la progettista è infatti ora al lavoro su un’installazione per la prossima Milano Design Week e su un padiglione per la sesta Bienal da Pedra di Porto. Nel frattempo, la sua architettura fra uomo e natura è protagonista della mostra Infinito Vão. 90 anos de Arquitectura Brasileira, fino al 28 aprile alla Casa da Arquitectura di Matosinhos.

Marta Atzeni

www.carlajuacaba.com.br

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #47

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Marta Atzeni

Marta Atzeni

Interessata alle intersezioni fra l'architettura e le arti, si è laureata in Architettura presso l’Università degli Studi Roma Tre con una tesi teorica sui contemporanei sviluppi delle collaborazioni fra artisti e architetti. Collabora con l’AIAC nell’organizzazione di eventi, mostre e…

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