Da Milano al mondo, nel segno dell’italianità. Intervista a Marco Piva

Lo studio guidato dall’architetto milanese ha appena concluso un intervento nel cuore della Capitale: dopo undici mese di cantiere, apre al pubblico The Pantheon Iconic Rome Hotel. In questa intervista a tutto campo, Marco Piva anticipa le prossime sfide professionali e racconta cosa significa essere un ambasciatore del Made in Italy oggi.

È il 1990 quando Marco Piva fonda lo studio che porta il suo nome. Da allora, insieme al suo team, si dedica con entusiasmo e costanza a progetti in aree di attività diverse: da masterplan XXL in Cina al disegno delle vetrine mondiali per Bulgari. Attivo in tutto il mondo – la sede è a Milano, con filiali dislocate a Dubai, Abu Dhabi (U.A.E), San Pietroburgo e Mosca per la Russia, Mumbai in India, Pechino e Shanghai in Cina, Doha a Qatar e Los Angeles per gli Stati Uniti – Studio Marco Piva ha recentemente ultimato il restauro, la ristrutturazione e l’interior design del nuovo The Pantheon Iconic Rome Hotel, del quale mostriamo in questo articolo alcune immagini in anteprima. Nel centro storico della Capitale, in uno stabile di sei piani, la struttura dispone di 79 camere, due ristoranti – al piano terra, il Dionysus Gourmet Restaurant; al sesto piano, il Divinity Restaurant – e un lounge bar con affaccio sul Pantheon. Ne abbiamo parlato con Piva.

Il vostro studio vanta una certa flessibilità nell’adattarsi al tema progettuale: dallo studio dell’oggetto di design fino ai grandi Master Plan in giro per il mondo. Tutto questo secondo un’eleganza tipicamente italiana. Tra i suoi clienti in Italia c’è anche Bulgari…
Lavorare per le vetrine di Bulgari è stato davvero interessante perché abbiamo sviluppato molta ricerca sull’artigianalità che sta alla base del Made in Italy: sulle forme, sui materiali, sulle textures. Per il primo episodio allestitivo abbiamo concepito particolari forme in ceramica – che richiamavano i colli delle misteriose donne dipinte da Modigliani – sulle quali venivano esposti i collier. Abbiamo voluto coniugare l’arte con il design.

Grande committente italiano, architetto milanese e artigianato locale. Ci racconta come è andata questa collaborazione?
Abbiamo vinto un concorso ad inviti grazie al nostro concept, basato sul tema delle ceramiche. Bulgari vanta una grande storia nel gioiello in ceramica che abbiamo ripreso contestualizzandolo nell’allestimento delle vetrine per il supporto dei gioielli. Ci siamo allontanati dai soliti classici espositori e abbiamo preferito studiare nuove forme espositive. È stato un lavoro intenso: abbiamo dovuto cercare e selezionare la ceramica giusta, il miglior ceramista e realizzare persino un forno ad hoc per cuocere questi grandi oggetti ceramici.

Vi sentite ambasciatori della cultura architettonica italiana?
Noi cerchiamo di lavorare in modo costante sulla ricerca. Ogni qual volta abbiamo un progetto di Masterplan o di architettura da sviluppare cerchiamo di capire a fondo il territorio in cui questo verrà inserito. In Italia, per esempio, uno dei temi forti è l’interpretazione del contesto storico culturale, che varia notevolmente da luogo a luogo. Numerosi nostri progetti sono legati al restauro, alla riconversione funzionali di edifici storici e antichi, in cui il “peso” della materia è determinante. In questo contesto in particolare siamo attratti dal mondo dei marmi e delle pietre: l’Italia vanta una posizione di primato mondiale nella lavorazione dei materiali lapidei. Le aziende italiane offrono una incredibile capacità di interpretazione del pensiero del progettista, credono molto nella nostra capacità di concepire nuove forme che poi le macchine, ma anche e soprattutto le mani degli artigiani/artisti, puntualmente sono in grado di realizzare.

Un altro cliente molto importante è Alitalia. Prima Casa Alitalia a Malpensa, poi di recente a Roma Fiumicino, poi sarà il turno di New York…
Per Alitalia abbiamo realizzato lounges innovative, molto articolate e accoglienti, dal sapore quasi domestico, da offrire ai viaggiatori come spazi da vivere in libertà: le abbiamo chiamate “Casa Alitalia”. In attesa di partire per un nuovo viaggio oppure tra un volo e l’altro, gli ospiti possono rilassarsi nel più esclusivo comfort, cenare, lavorare: abbiamo pensato ad ambienti dove è possibile far percepire agli ospiti il valore aggiunto dato dagli elementi di arredo ed illuminazione prodotti da aziende italiane di alta gamma, dai materiali raffinati e ricercati nelle superfici e nelle lavorazioni, in sostanza ambienti assolutamente italiani.

Passiamo agli Stati Uniti. Cosa significa portare l’Italia all’estero?
Il mio studio sta lavorando molto in America; teniamo moltissimo a raccontare ai nostri clienti ed anche ai nostri colleghi americani cosa sta dietro ad un nostro progetto. Attraverso il nostro lavoro sosteniamo la comunicazione relativa alla qualità dei materiali, delle tecnologie e delle aziende con cui collaboriamo, le migliori nell’interpretazione delle nostre esigenze.

In America lavorate molto per la committenza privata, in particolare realizzate ville…
Si, stiamo costruendo e progettando numerose ville. A Beverly Hills – ad esempio – stiamo curando il progetto di un complesso di ville davvero esclusive di cui una in particolare avrà una grande visibilità. Anche in questo contesto siamo impegnati a promuovere i materiali per l’architettura realizzati in Italia: per una di queste spettacolari ville stiamo collaborando con l’azienda Lapitec. Il materiale di rivestimento di facciata sarà costituito da pietra sinterizzata lavorata e pretagliata a grandi lastre in Italia e successivamente trasportata e montata a Beverly Hills grazie ad un sistema di tenuta antisismico.

Cambiamo di nuovo continente: Cina.
In Cina siamo fortemente impegnati. Cerchiamo anche in questo contesto di individuare collegamenti e relazioni che possano saldare la nostra cultura di progetto alla loro. Nel loro DNA, infatti, portano 6000 anni di storia che noi stiamo attentamente studiando per capire come trattare e sviluppare soprattutto i grandi progetti, in particolare i masterplan. Vicino all’aeroporto di Pechino abbiamo disegnato un masterplan che si ispira alla forma e alla pelle di un drago che emerge con tutta la sua energia dal terreno per esprimere le forme dell’architettura e del paesaggio: in quell’area esisteva in passato un vecchio forte militare in difesa della città di cui, nel nostro progetto, abbiamo voluto richiamarne la memoria di forza protettiva.

Torniamo a Milano. Da architetto attivo in tutto il mondo, che opinione ha della sua città in questi anni decisivi per il suo sviluppo?
Io sono nato a Milano e qui mi sono formato, ho vissuto gli anni del Politecnico con grande entusiasmo e partecipazione: una grande scuola. Per me Milano è il luogo per eccellenza. Credo che sia una fortuna viverci e poter approfittare del fatto che è una piccola metropoli che contiene tutto: storia, cultura, innovazione, relazioni internazionali, un lifestyle unico e una forte capacità attrattiva, con eventi unici, come Fashion Week e Design Week – il Salone del Mobile più importante al mondo -, che coinvolgono l’intera città. È aperta ai giovani e ogni anno attira sempre più studenti che frequentano scuole di eccellenza.

E l’architettura?
C’è un grande fermento ed è un contesto talmente ricco e piacevole che non si può paragonare a nessun altro luogo in Italia. Ben vengano tutti i nuovi interventi sulla città: significa attrarre ed addensare presenza di qualità. City Life, Porta Nuova, gli scali ferroviari… Sono operazioni che riqualificano ed arricchiscono il tessuto urbano, restituendo la città ai cittadini. E i cittadini si impossessano con gioia di questi nuovi spazi di relazione.

-Bianca Felicori

www.studiomarcopiva.com

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Bianca Felicori

Bianca Felicori

Bianca Felicori è architetto junior e studentessa del corso di Laurea Magistrale in Architettura e Disegno Urbano presso il Politecnico di Milano. Inizia il suo percorso nella redazione di Domus insieme all’ex direttore Nicola Di Battista, correlatore della sua tesi…

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