Guggenheim Bilbao: i vent’anni di un’icona dell’architettura mondiale

In occasione delle celebrazioni pubbliche, promosse nella città basca a vent’anni dall’apertura del museo progettato da Frank Gehry, il direttore Juan Ignacio Vidarte traccia un bilancio, raccontando anche di un progetto espositivo che non è riuscito a concretizzare. Almeno per ora…

Il 19 ottobre 1997 non è una data qualsiasi nella storia dell’architettura contemporanea. L’inaugurazione dello scultoreo edificio progettato da Frank O’ Gehry a Bilbao, adagiato lungo il fiume Nerviòn con il suo scintillante rivestimento di 33mila di lastre in titanio, ha segnato l’avvio di una nuova era per la città basca, ridefinendo la precedente identità industriale. A vent’anni dall’opening e dopo innumerevoli testi di analisi e critica dedicati all’edificio, al suo ruolo di “infrastruttura culturale”, alla sua capacità di attrazione e al destino degli spazi museali su scala globale, la sua costruzione si qualifica come il primo, fondamentale, atto di un processo strutturato e coerente. Forte, nel bene e nel male, della presenza del suo “museo-brand”, Bilbao ha agito in questo ventennio nello sviluppo delle sue potenzialità, dotandosi di una rete infrastrutturale all’avanguardia, di nuovi complessi architettonici e riscoprendo il centro storico.

LA CITTÀ CHE SALE

Una frequentata pista ciclabile corre parallela al fiume, affiancata dalla tramvia contraddistinta dall’impeccabile manto erboso; le linee della metropolitana velocizzano gli spostamenti da una zona all’altra, mentre la discesa verso i binari è accompagnata dagli ormai iconici “fosteritos”, gli ingressi in acciaio e cristallo progettati da Norman Foster così ribattezzati dai residenti. E se alcuni processi hanno incontrato difficoltà o suscitato reazioni contrastanti nell’opinione pubblica locale – come nel caso del rivestimento in cristallo, oggi coperto da un tappeto antiscivolo, del Puente Zubizuri di Santiago Calatrava, artefice anche dell’aeroporto – altri hanno inciso nel mercato immobiliare e nella creazione di nuovi percorsi urbani. L’esempio può rappresentativo è probabilmente quello delle Isozaki Towers, la coppia di torri dell’architetto giapponese divenute la porta d’accesso verso l’elegante quartiere posto in posizione dominante rispetto al corso del Nerviòn. Anche per questo, il programma di festeggiamenti pubblici e gratuiti con cui il Guggenheim Museum Bilbao ha ripercorso la propria storia ha suscitato nella cittadinanza locale anche sentimenti di riconoscenza.

VERSO I PROSSIMI TRAGUARDI: PARLA IL DIRETTORE DEL GUGGENHEIM BILBAO

La storia del museo basco non può essere raccontata senza raccogliere il punto di vista dell’uomo che, fin dalla sua nascita e ancora oggi, lo dirige. Originario di Bilbao, formatosi in economia all’università locale e, successivamente, al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Cambridge, Juan Ignacio Vidarte ha risposto alle sollecitazioni della stampa italiana qualche ora prima che l’atteso show Reflections debuttasse sulle sinuose facciate esterne dell’edificio. Alla soddisfazione per la capacità del “suo” Guggenheim di aver raggiunto gli obiettivi per i quali è stato fondato, si affiancano speranze e consapevolezze per il prossimo futuro: “Mi auguro che continui a distinguersi, ma sono certo anche che molte cose cambieranno. Sono sicuro che nei prossimi anni sarà uno spazio ibrido, nel quale la presenza digitale sarà molto più percettibile, , pur continuando a essere un luogo di contemplazione. La tecnologia ci aiuterà a rendere l’esperienza dei visitatori molto più intensa, facile e profonda.”

NUOVI MUSEI NEL MONDO

Del resto, nei decenni a venire, sulla scena internazionale si inseriranno nuovi soggetti e la geografia stessa dei musei potrebbe essere di nuovo “rimodellata”: l’11 novembre prossimo aprirà al pubblico il nuovo Louvre Adu Dhabi, tanto per citare il primo in ordine di tempo. Eppure, prosegue ancora Juan Ignacio Vidarte, “credo che l’Europa abbia molti motivi per cui continuerà ad essere rilevante. Primo perché ci sono tanti luoghi nei quali viene custodita la cultura, sia quella tradizionale che quella moderna, che sono e saranno per sempre importanti, anche se nuove destinazioni si svilupperanno. Penso che il cammino dell’Europa sarà ancora lungo, ma riuscirà a essere anche rilevante nella misura in cui continuerà a porsi come luogo dove la pratica artistica e lo sviluppo delle arti siano in grado di compiersi concretamente, come è successo fino ad oggi. Credo sia una cosa positiva che nascano nuove destinazioni della cultura: questo riflette la diversità del mondo in cui viviamo, la sua ricchezza. Tutti questi luoghi apporteranno nuove visioni e nuove prospettive: sarà un bene per tutti.”

MOSTRE ED EVENTI

Tra tante mostre di successo – tra quelle attualmente in corso c’è la retrospettiva su Bill Viola – sembra tuttavia lecito chiedersi se ci sia almeno un progetto che il direttore del Guggenheim Museum Bilbao e il suo staff non siano riusciti a chiudere. “In effetti, abbiamo un nome in sospeso. – Confessa infine Vidarte – Quando il museo è stato inaugurato, pensavamo di poter presentare una mostra su Picasso e in particolare di esporre la sua Guernica. Del resto ricorreva l’anniversario del bombardamento della città e pensavamo sarebbe stata una grande occasione presentarla in un luogo così vicino ai fatti descritti. È stato un progetto che non siamo riusciti a portare a termine, ma che un giorno vorrei poter fare.” E chissà che non accada veramente.

-Valentina Silvestrini

https://www.guggenheim-bilbao.eus/en/

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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