Conto alla rovescia per il Memoriale alle vittime dell’Olocausto a Londra. I progetti in lizza

Dieci studi di architettura di lusso concorrono per la realizzazione del Memoriale alle vittime dell’Olocausto e del learning center annesso. Le costruzioni sorgeranno a Londra presso Victoria Tower Gardens, sul lato nord del Tamigi e al confine con il Palazzo di Westminster. Ecco tutti i progetti che hanno coinvolto artisti visivi, in attesa dell’imminente annuncio del vincitore.

Sono dieci i progetti risultati finalisti al concorso per l’erigendo Memoriale a tutte le vittime dell’Olocausto che presto sorgerà a Londra lungo il Tamigi, nelle vicinanze del Parlamento di Westminster. Il concorso, lanciato nel 2016 e articolato in due fasi, sta rapidamente volgendo al termine, e dato che il vincitore sarà annunciato nell’autunno del 2017, partono il conto alla rovescia e le scommesse su chi sarà. Sono molti, peraltro, i progetti che hanno affiancato gli studi di architettura al lavoro di artisti contemporanei. Tutte star, naturalmente.

I PROGETTI

Tra questi c’è quello del baronetto della corte britannica Norman Forster che con il suo studio sposta oltre 200 milioni di dollari l’anno: l’archistar per antonomasia immagina una rampa discendente nei giardini di Victoria Tower, nessuna mastodontica invasione degli spazi sul lungofiume, ma solo uno stretto corridoio che prende a scendere bruscamente e alza muri vertiginosi (che rassomigliano ai binari dei treni che portavano alle camere a gas), la cui sola destinazione possibile è questo Memoriale. Il messaggio più forte è affidato, nello spazio ricavato sottoterra, all’intervento dell’artista Michal Rovner (Tel Aviv, 1957) ispirato al rogo dei libri da parte dei nazisti nella Germania del 1933, perché una civiltà che brucia libri, “finirà per bruciare anche gli esseri umani”. Punta molto sul retroterra culturale britannico e sulle tradizioni più autoctone l’idea di Caruso St. John, studio di architettura di Londra, che ha lavorato con Marcus Taylor e con l’acclamata artista inglese Rachel Whiteread (Ilford, 1963) che ha dalla sua una carriera internazionale di rilievo ed importanti partecipazioni alla biennale di Venezia, dove è stata la prima presenza femminile a rappresentare il suo paese nel 1997 e una mostra alla Tate Britain in svolgimento.

LA SALA DELLE VOCI

L’immediata adesione al nitore delle forme architettoniche e costruttive, il senso per la loro bellezza e pulizia svuotate da ogni considerazione meramente funzionale o pratica, porta la Whiteread a firmare la scultura trasparente che appare in superficie come lo stampo in negativo delle edicole gotiche e neogotiche che sono sparse un po’ su tutto il territorio britannico. La sua è una costruzione che lascia filtrare chiaroscuri attraverso una serie di camere sotterranee, perché la luce è trattata come un elemento costruttivo, -ed è questa l’intuizione di fondo nel progetto ed anche la sua grande poesia -, e serve a portare ad una perfetta sinergia i due livelli dalle catacombe fino a terra. Non esistono campi di concentramento nell’Unione britannica perciò non bisogna commemorare nessun luogo in particolare. Sottoterra è prevista una Sala delle voci, uno spazio vuoto, solo riempito dalle storie dei sopravvissuti all’Olocausto.

DANI KARAVAN E ALLIED WORKS

Lo studio finlandese Diamond Schmitt Architects ha pensato ad una serie di cerchi concentrici che si avvitano mentre scendono verso il basso volendo ancora una volta enfatizzare l’esperienza indimenticabile ed agghiacciante della deportazione nei treni fino ai campi di concentramento, che è affidata qui a due archi che si incontrano e sono attraversati da un bacino d’acqua. Anche qui un artista di fama internazionale è stato chiamato a dare il proprio contributo personale al disegno. È Dani Karavan (Tel Aviv, 1930) a farsi carico in prima persona del vissuto di milioni di ebrei deportati dell’Europa dell’Est sui “Treni della vita”. Nel confronto fra i progetti in shortlist, va segnalato che il gruppo Allied Works, originario dell’Oregon, è l’unico ad avere pensato ad andare a toccare le corde del sentimento religioso proprio laddove sgorga nel cuore umano attraverso la preghiera. Ed è uno spazio mistico fortemente evocativo quello che si solleva da terra per la forza e per effetto delle voci delle vittime dell’Olocausto, un luogo sacro che si orienta verso Westminster, e che certamente si ispira anche ai valori civili della democrazia. I riferimenti all’arte bizantina e dell’Alto Medioevo sono armonizzati con l’intervento poetico a luci led affidato all’artista Robert Montgomery (Chapelhall, Scozia, 1972).

ZAHA HADID FEAT. ANISH KAPOOR

Segue il progetto a firma dello studio britannico d’architettura Zaha Hadid in collaborazione con Anish Kapoor (Mumbai, 1954). La commissione di giuria, in cui figura anche il sindaco di Londra, Sadiq Khan, ha privilegiato un disegno ispirato all’idea di ridurre al grado zero l’architettura, dando l’impressione di volere quasi del tutto azzerare l’apporto del cemento armato e della carpenteria, preferendo invece l’idea del vuoto. L’obiettivo è infatti, con queste premesse, quello di creare un luogo sferico di raccoglimento e meditazione che sottrae cose piuttosto che aggiungerne.

UN LUOGO DI MEDITAZIONE

Così si sviluppa, ad esempio, il learning centre sotterraneo. Nel progetto risulta evidente il legame con il Memoriale di Berlino, sorto nel Mitte su sollecito di precoci segnalazioni avanzate dal politico Willy Brandt e dallo scrittore Günter Grass alla fine degli anni ottanta. Rispetto al più antico edificio risultano però evidenti i debiti verso la cultura e le religioni d’Oriente per l’apporto decisivo proveniente dalla personalità di Kapoor. Tratti che emergono dal disegno arrivato in finale, che dà luogo a convergenze inattese con le filosofie indiane e persino con il pensiero heideggeriano sull’essere, che si nega alla presa e sempre si ritrae nel manifestarsi. Enfatizza questo rapporto profondo e meditativo con lo spazio, un boschetto di cipressi posto alle soglie della cella della meditazione, mentre un enorme meteorite in bronzo costellato di grumi cupi di materia non plasmata trasmette, anche visivamente, la violenza dell’impatto quando il male entra nella storia. Per lo studio heneghan peng architects e l’artista Sven Anderson, entrambi irlandesi di Dublino, il Memorial è un orecchio che collega i visitatori con le voci e le testimonianze di coloro che hanno vissuto l’Olocausto. I visitatori scendono dai Giardini attraverso una serie di soglie e passaggi, incontrano singole voci e cori collettivi, di coloro che parlano di orrori passati e del grave rischio autoritarismo e barbarie ritornino oggi. In lizza, ma hanno scelto di collaborare con designer e musicisti, ci sono anche Daniel Libeskind, David Adjaye e Ron Arad, John MacAsian e Mass Design, Lahdelma & Mahlamäki Architects e David Morley.

– Francesca Alix Nicoli

competitions.malcolmreading.co.uk/holocaustmemorial/

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Francesca Alix Nicoli

Francesca Alix Nicoli

Dopo gli studi classici Francesca Alix Nicoli si laurea in Storia della Filosofia e, di seguito, in Storia e Metodologia della Critica d’Arte. Le sue prime pubblicazioni vertono sul pensiero filosofico di David Hume nella produzione storiografica più recente, ed…

Scopri di più