Lo chiamano il “carcere di mare” l’istituto penale per minorenni sull’isola di Nisida, davanti a Napoli. Palazzina borbonica a strapiombo sul golfo, è il più grande della Campania; oggi molti lo ricordano – oltre che per alcuni tentativi di fuga spettacolari – perché ha ispirato Mare fuori, la fiction Rai di successo uscita nel 2020 e poi arrivata su Netflix, o per aver accolto l’esordio di Mario Vezza alla regia.
Eduardo De Filippo e il teatro del carcere di Nisida
Coloro che invece abbiano visto La salita di Massimo Gallo (da poco presentato a Venezia) sanno che qui, nel 1981, il grande drammaturgo Eduardo De Filippo (Napoli, 1900 – Roma, 1984) fu reclamato dai giovani detenuti poco dopo la sua nomina a senatore a vita per mettere la firma sul laboratorio teatrale del carcere, attraverso il recupero e il rilancio di uno spazio interno. Cosa che lui fece, presentando di persona a ragazze e ragazzi un luogo dove trovare quella libertà che lui associava al teatro. Un luogo storico che, nel tempo, è purtroppo diventato inagibile.
Il restauro del teatro di Eduardo De Filippo a Nisida
Secondo quanto detto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e dalla vicepresidente della Luiss Paola Severino, il leggendario teatro potrebbe riprendere a funzionare dalla primavera 2026. Oltre al milione e 50 mila euro già a bilancio (e vincolati), il resto dei fondi arriverà da iniziative di beneficenza: tra tutte, la partita tra il vecchio Napoli e la Nazionale attori, in programma a maggio allo stadio Maradon, e l’asta di Sotheby’s con i lavori di dieci artisti contemporanei donati dagli stessi.
I minori in carcere in Italia e le soluzioni del governo
Un intervento abbracciato da Nordio come fonte di “speranza” per i giovani detenuti, come “impone la Costituzione che vuole la rieducazione del detenuto, ma lo vuole anche l’etica cristiana e infine anche l’utilitarismo, perché un ragazzo risocializzato è un potenziale criminale di meno”. Un messaggio in diretto contrasto con quanto ricercato e ottenuto dal governo con il Decreto Legge Caivano, diventato legge nel 2023, le cui conseguenze possono essere appurate nel Ventesimo rapporto sulle condizioni di detenzione dell’associazione Antigone: alla fine del febbraio 2024 erano 532 i giovani reclusi nei 17 Istituti Penali per Minorenni; solo due mesi prima erano 496, mentre alla fine del 2022 erano 381. L’aumento, in un anno, è stato superiore al 30%. “Continuando con questi ritmi si rischia di perdere quella specificità positiva del sistema della giustizia penale minorile nel nostro Paese che lo aveva reso un modello per l’intera Europa, ovvero la sua capacità di rendere residuale la risposta carceraria puntando piuttosto su un approccio di tipo educativo codificato nel codice di procedura penale minorile del 1988”, si legge nel rapporto. “Quel codice ha visto, con il decreto legge 123/23 (cosiddetto Caivano, entrato in vigore nel settembre 2023 e convertito nella legge 159/23), degli stravolgimenti normativi che hanno grandemente ampliato le possibilità di ricorso al carcere in fase cautelare. Insieme ad altre azioni che incidono sul penale sostanziale e alla riduzione delle possibilità di applicazione dell’istituto della messa alla prova, che contribuiscono all’espansione dei numeri della carcerazione in ambito minorile, la nuova legge ha introdotto altre norme che vanno in senso contrario allo spirito di presa in carico educativa che era proprio del nostro ordinamento minorile”.
Giulia Giaume
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