Nelle Marche la città di Camerino riapre il suo Museo Diocesano nove anni dopo il terremoto
Nel centro storico della cittadina marchigiana, la vita riprende lentamente a scorrere dopo molti anni di silenzio. Mentre i cantieri della ricostruzione iniziano finalmente a moltiplicarsi, il primo segnale di rinascita arriva con il recupero del Palazzo Arcivescovile e di un Museo Diocesano ricco di opere da riscoprire

In piazza Cavour, a Camerino, la cerimonia di inaugurazione del rinato Museo Diocesano, a 9 anni dal sisma che costrinse all’evacuazione pressoché totale dell’abitato storico della cittadina marchigiana, assume i contorni di una partecipata festa di paese. Chi non ha vissuto sulla propria pelle la devastazione del terremoto del 26 ottobre del 2016 – solo l’ultimo episodio di un fenomeno che ciclicamente torna a squassare il cratere dell’Appennino Centrale, e che a Camerino colpì con particolare violenza già nel 1799 – può scambiare tanta carica emotiva per retorica. Ma il ricordo di ciò che era e non è più stato è vivo nelle parole di una comunità che si riappropria – seppur con il drammatico ritardo che affligge tutti i processi di ricostruzione dell’Italia terremotata – dello spazio pubblico più vivace della città. Il ritrovo per le chiacchiere del mattino, la piazza dei festeggiamenti di laurea degli studenti della secolare Università di Camerino… Ma anche, nella concitazione dei primi momenti di panico dopo il terremoto, il punto di evacuazione per gli stessi studenti in fuga con trolley al seguito, in cerca di un riparo sicuro. Dopo quel giorno, la piazza ha smesso di vivere, nel silenzio irreale che ha avvolto l’intero centro storico (la più estesa zona rossa dell’intero cratere del sisma del 2016), con le sue strade medievali, le piazze e i palazzi storici, in gran parte ancora puntellati e inagibili.










Camerino e il terremoto del 2016. L’inizio della ripartenza
L’Università è stata capofila nell’impegnarsi a riprendere le attività, e ora l’Arcidiocesi completa la prima importante restituzione di un edificio pubblico nella zona rossa, riaprendo il Palazzo Arcivescovile e il Museo Diocesano ospitato al suo interno dal 1965. Un incoraggiamento a credere nella rinascita, innanzitutto, tanto più che a Camerino, come in altri centri delle Marche colpiti gravemente dal sisma del 2016, i cantieri hanno recentemente – e finalmente – iniziato a moltiplicarsi, come segnalato dalla presenza di numerose gru e squadre di operai al lavoro. Ferve innanzitutto l’ambizioso progetto che restituirà la Cattedrale di Santa Maria Assunta – la seconda più grande di tutte le Marche, dopo quella di Loreto – alla comunità, completando il ripristino della piazza centrale. Ma sono partiti anche numerosi cantieri privati e altri interventi pubblici (nel complesso il 65% degli interventi previsti per la ricostruzione di Camerino sono ora attivi).
I numeri del terremoto del 2016 e la salvaguardia del patrimonio culturale
I numeri precisi li fornisce il Commissario alla ricostruzione Guido Castelli, che amplia lo sguardo all’intero territorio del cratere sismico del Centro Italia: a fronte di 12mila cantieri chiusi, oggi se ne contano altri 9500 attivi. E il patrimonio culturale dell’area riacquisterà presto un gioiello diventato simbolo del sisma, la Basilica di Norcia, pronta a riaprire il prossimo 30 ottobre.
In parallelo, corrono i numeri dei beni culturali mobili sottratti alla devastazione: solo nelle Marche, il Sovrintendente Pierluigi Moriconi riferisce la movimentazione e la messa in sicurezza, nei primi giorni dopo il terremoto, di 14mila beni, dislocati in 10 depositi regionali. In parte, le opere sono ancora ricoverate presso la Mole Vanvitelliana di Ancona, dov’è stato attivato anche un laboratorio di restauro all’avanguardia in collaborazione con l’ICR. Ma anche i sotterranei del Palazzo Arcivescovile di Camerino sono serviti da primo punto di ricovero, come pure il Palazzo Vescovile di San Severino Marche, che nel 2022 ha battezzato il Museo dell’Arte Recuperata (Marec), esposizione ragionata delle opere finora impossibilitate e rientrare in chiese, pievi e santuari inagibili.











La riapertura del Palazzo Arcivescovile di Camerino. Come si è intervenuti
La riapertura del Palazzo Arcivescovile e del Museo Diocesano – già una prima volta fermato dal sisma del 1997 e rinato nel 2004 – rappresenta, dunque, non solo il recupero di un edificio, ma il ritorno di un simbolo della storia e della memoria collettiva di Camerino, che soprattutto tra Trecento e Quattrocento ha conosciuto una grande fortuna commerciale e stabilità sociale, con la conseguente fioritura di committenze pubbliche e la nascita di una “scuola” artistica locale.
Intervenire sul Palazzo Arcivescovile ha significato operare su una grande complessità strutturale. “L’immobile si estende per più di 5mila metri quadri” spiega l’ingegner Carlo Morosi, responsabile dei lavori “ed era fondamentale agire per migliorarne la sicurezza in chiave antisismica”. Con un finanziamento di 26 milioni di euro si è dunque lavorato a partire dalla storicizzazione dell’edificio, costruito alla fine del Cinquecento, per realizzare un modello matematico che permettesse di capirne il comportamento nel tempo. E si è scelto di trattarlo come un edificio residenziale, perseguendo standard di sicurezza superiori al livello consigliato. Il lavoro di ripristino ha riguardato i muri portanti e tutti i solai, oltre a parte della copertura, mentre il restauro architettonico si è concentrato sul recupero di pavimenti, finestre e intonaci originali. Ma il cantiere “è stato anche opportunità di crescita per tanti giovani progettisti”, sottolinea Morosi.

La rinascita del Museo Diocesano di Camerino. Il nuovo allestimento
Per quel che riguarda il Museo Diocesano, il nuovo allestimento non è solo una restituzione, ma una riscrittura del percorso di visita, pensato in senso tipologico per accompagnare il visitatore in un viaggio attraverso le diverse forme artistiche. Si parte dai dipinti su tavola, dagli affreschi e dagli stendardi processionali, per proseguire con le grandi tele, le oreficerie e i paramenti sacri. Interessante e di grande qualità artistica per i pezzi esposti è l’incursione nella scultura lignea che ben rappresenta la fioritura dell’arte rinascimentale camerte: spiccano, in questa sezione, i lavori di Lucantonio di Giovanni Barberetti e la Madonna della Misericordia salvata dal Duomo di Camerino, restaurata grazie all’Art Bonus. Un focus è dedicato alla Madonna di Santa Maria in Via, veneratissima icona ritenuta protettrice dai terremoti, salvata dalla chiesa ricostruita alla metà del Seicento su impulso del cardinal Angelo Giori. Già colpita dal sisma del ’97, e riaperta dieci anni più tardi, nel 2016 la chiesa ha subìto il crollo del campanile. Proprio la committenza del cardinale la trasformò in scrigno di capolavori d’arte, come le due tele en pendant di Valentin de Boulogne, raffiguranti San Giovanni Battista e San Girolamo, oggi esposte nella più sorprendente delle sale del Museo Diocesano, dove coesistono un’Annunciazione di Luca Signorelli, tre opere del pittore francese caravaggesco (oltre alle tele di Giori, anche un secondo Battista), la Conversione di San Paolo del Baciccio e una grande tela del Tiepolo (l’Apparizione della Madonna con il Bambino a San Filippo Neri), in arrivo dalla Chiesa di San Filippo. L’idea del nuovo allestimento, che ha richiesto un lavoro di tre anni, si deve alla direttrice Barbara Mastrocola, che ha beneficiato della collaborazione dello storico dell’arte Matteo Mazzalupi.
La rinascita culturale volano per la ripresa sociale ed economica
Ma fiero fautore e sostenitore di questa rinascita è, innanzitutto, l’Arcivescovo della diocesi di Camerino e San Severino Marche Francesco Mazzara, che oggi plaude al lavoro di squadra – una sinergia tra diocesi, sovrintendenza, amministrazione comunale e Commissario alla ricostruzione – e celebra il valore di questa riapertura, auspicando una ricostruzione che non sia solo strutturale, “ma anche sociale ed economica”. “Riaprire il Museo” evidenzia Monsignor Mazzara “è una risposta alle comunità del territorio: le chiese sono anche il luogo dell’identità, rivedere dopo tanti anni opere a lungo chiuse nei depositi permette di risvegliare il sentimento culturale collettivo”. Ma, spiega ancora con piglio concreto, “è necessario ragionare anche da imprenditori, per scongiurare la desertificazione del territorio. Il mio augurio è che questo museo non sia solo un luogo di conservazione, ma uno spazio di incontro e di dialogo, un segno concreto di come la cultura e la fede insieme possano essere strumenti di rinascita. Chi entra in queste sale dovrebbe sentirsi accolto e accompagnato a riscoprire le radici della propria storia, ma anche incoraggiato a guardare avanti con fiducia. Camerino non è morta, sta rinascendo. E noi dobbiamo puntare a fare buon marketing del territorio”.
Il Museo Diocesano Boccanera – intitolato al suo fondatore, il professor Giacomo Boccanera – riapre al pubblico con formula gratuita. L’auspicio è che tanti si spingano a visitarlo, in combinazione con il vicino Marec di San Severino Marche, per contribuire alla ripresa di un territorio che ha molto da raccontare. E che resiste.
Livia Montagnoli
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