A Milano si inaugura il Parco della Luce: con tre grandi opere d’arte pubblica

Arte contemporanea, natura e architettura: si conclude così il grande progetto di riqualificazione dell’edificio Monte Rosa 91 del Renzo Piano Building Workshop. All’interno le opere di Cecchini, Arienti e Airò

Si compie a Milano il grande progetto Monte Rosa 91, nuovo campus urbano inaugurato lo scorso giugno in zona Lotto per iniziativa di AXA IM Alts, investitore immobiliare che sta puntando su processi di rigenerazione urbana orientati al verde, alla cultura, al sociale. Tagliato dunque un ulteriore nastro per questo luogo dalle altissime potenzialità, che ha oggi presentato il suo cuore più intimo e simbolico: l’originaria collina artificiale diventa Parco della Luce, un giardino intitolato alla biodiversità, fruibile dai cittadini – non solo dai residenti – con spazi interni attigui destinati ad accogliere servizi di varia natura.

A firmare il design dell’area verde è lo studio AG&P greenscape, mentre tre grandi installazioni permanenti, presentate nello stesso giorno, costituiscono un importante nucleo artistico, fortemente voluto dalla proprietà, con la guida di Francesco Rovere, senior manager di AXA IM Alts: sono Mario Airò, Stefano Arienti e Loris Cecchini gli artisti scelti per il progetto ideato e curato da Helga Marsala per Artribune Produzioni e battezzato Prima Luce, titolo che cita una celebre lirica di Giorgio Caproni.

Monte Rosa 91 secondo il Renzo Piano Building Workshop

L’enorme complesso di Monte Rosa 91, disegnato nel 2004 dal Renzo Piano Building Workshop a partire dai vecchi stabilimenti industriali per farne la sede del Sole 24 Ore, dopo appena un ventennio dalla sua genesi ha trovato forma, vocazione e splendore nuovi, ancora su progetto di Renzo Piano e del suo team, che ne hanno curato il restyling e l’ampliamento. Già interamente affittato ad aziende che qui hanno scelto di stabilire i propri uffici, il complesso punta così a realizzare la sua più ambiziosa missione, secondo la visione dell’architetto genovese: con la sua collina, la gigantesca piazza centrale, gli ambienti regolari e ampi, nasceva come spazio di lavoro, ma con tutte le potenzialità per diventare anche un luogo di relazioni, di eventi, di incontri, di pause nel verde, di vita pubblica. Una scommessa che adesso trova reale compimento.

Il palinsesto culturale di Monte Rosa 91

Così, con la direzione artistica di Gaia Manzini, ha preso il via da alcuni mesi un palinsesto culturale, un public program colto e intelligente, dedicato soprattutto alla letteratura, al teatro e alla musica jazz, mentre tra i percorsi nel giardino, la libreria Ubik all’ingresso, la palestra già attiva, l’asilo e il ristorante che a breve troveranno posto proprio in zona collina, l’idea di accoglienza rivolta alla città si fa sempre più precisa e tangibile, con l’obiettivo di tramutarsi in riferimento collettivo dalla forte connotazione identitaria.

Arte contemporanea a Monte Rosa 91

E intanto l’arte contemporanea occupa qui un posto centrale, grazie alle tre nuove opere che si sommano a quella del giapponese Susumu Shingu, allestita nel corpo centrale dell’edificio vent’anni fa. Il percorso di Prima Luce segue una traiettoria lineare e ascensionale, accompagnando i visitatori in cima alla collina, attraverso gli spazi chiusi sottostanti e la grande scala centrale. Al centro il tema della luce e quello della natura, declinati attraverso linguaggi e modalità differenti, ma in armonia tra loro e con l’architettura. Un risultato possibile grazie al dialogo costante tra artisti, curatore e architetti, unendo ricerca, capacità di ascolto e rilettura dello spazio, rigore concettuale e slancio poetico.

Dai grandi diapason a led di Airò, che trasformano in partiture minimaliste, di luce e di colore, gli spettri di emissione elettromagnetica dell’oro e del piombo, ai due imponenti teli antipolvere di Arienti, che ricamano paesaggi artificiali d’inchiostro color oro e rame, integrati agli ambienti e fruibili camminando lungo la scala, fino alla scultura in acciaio inox riflettente con cui Cecchini celebra il giardino: un organismo aperto, molecolare, dinamico, costruito con moduli idealmente replicabili all’infinito e strutturati secondo curve complesse. Un corpus di opere che potrebbe crescere, in futuro, e che oggi diventa un piccolo modello di lavoro, per un’idea di rigenerazione urbana figlia di un nuovo, auspicabile umanesimo, tra mecenatismo, economia sostenibile e attenzione alle esigenze della collettività.

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Redazione

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