La storica discoteca Old Fashion di Milano chiude il 31 dicembre. La Triennale riconquista gli spazi

La convivenza tra la centenaria istituzione culturale e il locale simbolo della vita notturna milanese si è protratta, all’interno del Palazzo dell’Arte, per settant’anni. Dal 31 gennaio 2024 la discoteca lascia lo spazio. La direttrice di Triennale racconta i progetti futuri

L’ultima serata di spettacolo all’Old Fashion di Milano è in programma per il 31 dicembre. Un saluto al 2023, per celebrare l’inizio del nuovo anno, che però non vedrà riaprire la storica discoteca in attività da settant’anni.

L'Old Fashion negli Anni '50
L’Old Fashion negli Anni ’50

La storia dell’Old Fashion al Palazzo dell’Arte di Milano

Un locale assurto a tempio della vita notturna milanese, nelle sue diverse incarnazioni: negli Anni ‘50, quando si chiamava El Trianon, fu punto di riferimento per gli appassionati di rock’n’roll; nei ’60 diventa Piper, e ospita la grande musica dal vivo dell’epoca del boom economico e del divertimento fuori casa. Al 1968 data uno dei concerti rimasti nella storia del club: il live di Jimi Hendrix.L’insegna odierna si deve agli Anni ’70, quando lo spazio viene ristrutturato e mutua il nome da uno dei cocktail più apprezzati del tempo, l’Old Fashioned: il locale è destinato a diventare uno dei ritrovi prediletti della Milano da bere. Seguirà, alla metà degli Anni Novanta, un’ulteriore ristrutturazione, ad opera dell’architetto Daniele Beretta, che fa convivere le due sale da ballo con un ristorante e il giardino; nel 2006, quando il locale ottiene il riconoscimento di Negozio di rilevanza storica dal Comune di Milano, è Fabio Rotella a firmare un nuovo restyling, che aggiorna lo stile in chiave moderna.

V Triennale di Milano 1933. Salone delle Cerimonie del Palazzo dell'Arte. Foto Crimella
V Triennale di Milano 1933. Salone delle Cerimonie del Palazzo dell’Arte. Photo Crimella

La convivenza dell’Old Fashion con Triennale Milano

In tutti questi anni, l’Old Fashion ha condiviso la sua storia con quella del Palazzo dell’Arte di viale Alemagna, costruito nel 1933 su progetto di Giovanni Muzio, per ospitare la Triennale Milano. All’epoca l’architetto aveva già previsto gli ambienti per ospitare un ristorante e una sala concerti, che però solo nel Dopoguerra vengono effettivamente dati in gestione a privati, determinando l’inizio della storia di cui sopra. Affacciato su Parco Sempione, per anni l’Old Fashion è l’unica discoteca nel centro della città a disporre di un giardino per ballare all’aperto. E certo il contesto che la ospita contribuisce a conferirle l’allure che ha mantenuto per molti decenni.
Ora però la convivenza con l’istituzione della Triennale – non sempre facile: nel 2019 alcuni fatti violenti verificatisi all’esterno del locale fecero vacillare il rapporto tra le parti – è al capolinea: scaduto il contratto di affitto (intestato al gestore Roberto Cominardi), Triennale ha scelto di non rinnovare. La festa d’addio è fissata per il prossimo 20 gennaio, mentre il 31 del mese sarà l’ultimo giorno effettivo di locazione. Per allora la sala da ballo dell’Old Fashion – che già preannuncia la riapertura in una nuova sede – dovranno essere liberati per ospitare nuovi progetti.

Museo del Design © Triennale Milano. Photo Gianluca Di Ioia
Museo del Design © Triennale Milano. Photo Gianluca Di Ioia

I progetti di Triennale per gli spazi liberati dell’Old Fashion

Attigui al Museo del Design inaugurato nel 2021 nell’ambito della programmazione della Triennale, i locali finora adibiti a discoteca saranno infatti strategici per il futuro dell’istituzione, che ha compiuto cento anni nel 2023 avviando un’ambiziosa riqualificazione del Palazzo dell’Arte, per valorizzare le aree di ricerca e ampliare gli spazi interni in continuità con il Parco Sempione. Un’operazione che dovrebbe concludersi entro il 2026, in tempo per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina (già alla fine di gennaio 2024 sarà inaugurato un nuovo spazio dedicato alla ricerca, alla memoria e all’innovazione, che ospiterà il Centro studi di Triennale e l’archivio dell’istituzione).
Riacquisire gli spazi dell’Old Fashion rientra in questo piano, come conferma la direttrice generale di Triennale Milano, Carla Morogallo: “L’espansione degli spazi è già in corso, come pure il progetto per una nuova illuminazione della facciata. In funzione dell’ampliamento del Museo del design italiano, della riqualificazione energetica del palazzo e di una nuova disposizione dei servizi aggiuntivi negli spazi, si colloca l’esigenza di acquisire lo spazio in questione e di gestirlo direttamente in modo coerente alla nostra missione istituzionale”. Del resto, “l’ampliamento degli spazi, la loro permeabilità, la possibilità di renderli, anche dal punto di vista architettonico, più adeguati a un approccio culturale allargato è la base di partenza per rispettare la mission di Triennale. Da anni ormai la proposta culturale dell’istituzione si è arricchita: ci sono danza, musica, arti performative, audiovisivo, fotografia, public program e didattica”.
E in questa direzione deve inquadrarsi anche l’obiettivo di riqualificazione complessiva dell’area che circonda il Palazzo dell’Arte, processo favorito dalla possibilità di tornare a controllare tutto ciò che succede dentro e intorno all’edificio: “Da anni in Triennale è attivo un tavolo di lavoro congiunto con prefettura, Comune di Milano, Ferrovie Nord, Enpam, Justme e Old Fashion con l’intento di creare un sistema di presidio e di riqualificazione esterna. Tutti i soggetti citati sono impegnati su questo fronte anche con investimenti economici a supporto di azioni concrete”. Una separazione convinta (e pacifica), dunque, quella che divide per sempre le strade di Triennale e Old Fashion. Tanto più che, anche sul versante economico – la locazione degli spazi alla discoteca ha finora garantito entrate annuali per 300mila euro nelle casse dell’istituzione – l’operazione non dovrebbe avere ripercussioni negative, come evidenzia la direttrice: “I risultati raggiunti in termini economici negli anni scorsi da Triennale consentono l’investimento, che auspicabilmente genererà nuove economie”.

Livia Montagnoli

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