Novità e progetti in Triennale. Intervista alla neo-direttrice generale Carla Morogallo

La nuova direttrice generale di Triennale Milano descrive gli obiettivi del suo incarico e svela quali saranno le prossime grandi mostre della sede milanese. Oltre che i programmi destinati ai membri e ai mecenati

È un racconto a tutto tondo quello di Carla Morogallo (Gioia Tauro, 1980), la nuova direttrice generale di Triennale Milano. Una storia che parte dal suo esordio, giovanissima, nell’istituzione milanese e che sfiora il tempo presente, con una serie di anticipazioni sui futuri programmi di Triennale.

Come nasce e come cresce il suo rapporto con Triennale, a livello professionale ma anche personale? Cosa le ha fatto credere in questa realtà?
Sono arrivata in Triennale giovanissima, dopo l’università, e ho iniziato a lavorare qui con un tirocinio formativo che mi ha permesso fin da subito di comprendere l’articolazione complessa gestionale e culturale di Triennale.
L’affezione per il luogo è nata immediatamente per la bellezza del posto, che è di per sé affascinante. Il progetto di questo palazzo è futurista, l’accesso è monumentale e quasi respingente ma ti permette di fare ingresso in una sorta di cortile nascosto, dove in fondo trovi un teatro meraviglioso, un museo del design stabile, trovi dei servizi aggiuntivi, una modernità che mi raccontava di un’istituzione che era già pronta a fornire un’esperienza più allargata rispetto al solo intrattenimento culturale. La mia curiosità si è sviluppata per la trasversalità degli argomenti: è quasi come aver lavorato in mille posti diversi senza essere mai uscita da Viale Alemagna.

Tutto questo le ha dato una forte spinta motivazionale.
Già. Questo mi ha portato a sviluppare una capacità di risoluzione dei problemi che si ponevano ordinariamente, e nei primi anni ha fatto sì che io diventassi un jolly, una piccola garanzia di risoluzione di tematiche complesse, che non trovavano apparentemente la loro soluzione. Via via, grazie anche alle opportunità professionali che mi sono state date all’interno, mi sono interessata agli aspetti più gestionali, non trascurando mai l’aspetto culturale. Il mio interesse era capire come si fa a organizzare una mostra concretamente e soprattutto come la si mette in dialogo con l’articolazione complessiva di questo luogo. Tutto ciò mi ha permesso di costruire una competenza allargata, che comprendesse gli aspetti gestionali, manageriali, culturali. Una visione trasversale che tutt’oggi è in continua crescita.

Come si riesce a svolgere un compito complesso come quello gestionale e al contempo mantenere vivi l’interesse e lo sguardo culturale?
La mia formazione è culturale, quindi questa sensibilità e questo interesse personale sono sempre rimasti. L’altro aspetto di me è proprio la praticità e la curiosità per l’approfondimento di tematiche altre. Questo luogo racchiude le due cose, credo che questo spazio debba sempre essere accompagnato da una gestione manageriale che tenga conto della sensibilità culturale. Serve capire che non deve esserci un rapporto di subordine tra un bilancio, che non deve essere mai in perdita, e la qualità culturale. Sono due ambiti che devono viaggiare paralleli.

È la prima donna a ricoprire questo ruolo all’interno di Triennale.
Sono orgogliosa e sono grata per le opportunità che mi sono state date. Penso che, al di là del tema del genere, debba emergere il tema del merito e soprattutto la costruzione di opportunità, perché quello che manca molto spesso è l’opportunità di poter emergere.
Triennale è invece un’istituzione che guarda molto alle sue risorse interne e alla loro crescita. Credo che avrei provato il medesimo senso di responsabilità per questo incarico se fossi stato un uomo, su questo non ho dubbi. È chiaro che da donna vivo situazioni naturalmente diverse, perché ci sono molto relazioni che sono ancora del tutto maschili, dove il titolo che assumi dal punto di vista professionale in qualche maniera rafforza la tua posizione.
Io lavoro a una tipologia di leadership femminile: tanti mi chiedono se definirmi direttore o direttrice. Io dico: qui la lingua italiana è una guida per noi; come c’è l’attore c’è l’attrice, e così come c’è il direttore c’è la direttrice.

1923 Past Futures di Reframe Productions, VIVE Arts e Triennale Milano

1923 Past Futures di Reframe Productions, VIVE Arts e Triennale Milano

IL FUTURO DI TRIENNALE MILANO

Torniamo all’operatività e alle novità di Triennale. La Membership e il Patron Program, programmi pensati ad hoc per il mecenatismo, sono figli della sua direzione: ci racconta meglio di cosa si tratta?
Questo progetto si colloca all’interno di un lavoro più strutturale che l’istituzione di Triennale sta facendo in relazione alla politica di engagement, sia di pubblico, quindi con i visitatori, sia con le aziende, e quindi progetti di sponsorship, sia con i privati e quindi con i cosiddetti mecenati. Lo scorso anno abbiamo fatto un lavoro attraverso delle ricerche qualitative e quantitative che hanno fatto emergere alcuni dati, in particolare sul gradimento del pubblico, sia fidelizzato che prospect, e ci hanno fatto riflettere sull’opportunità di lavorare meglio sulla diversificazione dei contenuti e anche su una capacità di presentare in maniera univoca una complessità produttiva che Triennale ha perché, pur essendo multidisciplinare, ha al suo interno degli asset molto chiari, come la produzione teatrale, il museo del design e lo spazio dedicato alle mostre. Quello che è emerso ci ha resi consapevoli della potenzialità di Triennale e ci ha fatto sviluppare l’idea di presentare un’offerta unica attraverso il progetto di Membership.

Cosa prevede il progetto nello specifico?
Prevede quattro fasce di fidelizzazione a seconda del grado di fruizione di Triennale e anche a seconda della tipologia di servizi culturali e di contenuti che Triennale eroga. Questo vale per quanto riguarda il pubblico.
Invece, rispetto al rapporto con i mecenati, quello che pensiamo sia opportuno creare è un rapporto più diretto e partecipativo alla vita di Triennale. I mecenati non devono essere soltanto spettatori ma anche attori, soprattutto in termini di condivisione di alcune tematiche agli albori, come il confronto con i curatori, con il comitato scientifico, un dialogo esclusivo che permette al mecenate di capire fin da subito qual è la strategia culturale dell’istituzione. Oltre a questo l’idea è quella di mettere a disposizione tutto il bagaglio di relazioni internazionali che Triennale ha, e che ricade in maniera pratica in visite di approfondimento con le istituzioni internazionali più vicine. Abbiamo redatto un programma già attivo e concreto di appuntamenti esclusivi per i mecenati che partono da Fondation Cartier, fino ad arrivare ad Art Basel di Miami. Non pretendiamo che il mecenate si leghi a noi esclusivamente per il valore del brand, perché garanzia di contenuto: vorremmo instaurare un rapporto a lungo termine, fidelizzato, che possa trarre beneficio da un rapporto reciproco.

Ci dà qualche anticipazione su quello che succederà in Triennale nel 2023?
Di fondo Triennale lavora sempre sulla valorizzazione di grandi maestri, e quindi prosegue l’attività, dal 2023 in avanti, su alcune figure chiave della cultura internazionale.
A metà gennaio sarà inaugurata una grande retrospettiva su Mangiarotti, poi in autunno avremo una grande retrospettiva sulla pittura del Novecento a partire dagli Anni Novanta fino all’età contemporanea, e ci interessa particolarmente perché dopo tanti anni ritorna la pittura in Triennale. A maggio ci sarà una grande retrospettiva sull’avanguardia con l’Arte povera in particolare. Ci sarà una mostra che si chiamerà Home Sweet Home curata da Nina Bassoli che partirà dal concetto della residenza e dall’evoluzione di questo concetto nella rappresentatività di Triennale. Nel 2024 avremo una grande retrospettiva su Nivola e su Fiorucci e stiamo iniziando a lavorare a una grande monografica su Alessandro Mendini, che non è ancora stata comunicata.

E poi ci sarà il centenario della Triennale.
Sì. Avremo delle attività di natura performativa straordinarie: la prima sarà affidata a Romeo Castellucci e sarà una sorpresa eccezionale che interesserà a maggio tutto il Palazzo dell’Arte.

Gloria Vergani

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