La morte di Italo Bergantini. Il gallerista che volò dalla finestra per allestire mostre in cielo
Pubblichiamo il ricordo del critico e curatore Gianluca Marziani, da oltre trent’anni amico del gallerista Italo Bergantini, fondatore e direttore della Romberg Arte Contemporanea di Latina

“Non prendermi in giro ma secondo me questa volta abbiamo fatto un capolavoro in galleria”. La telefonata con Italo del lunedì mattina dopo un opening iniziava sempre così, uno squillo che arrivava verso le 11, immancabile e augurante per trent’anni, uno scambio di fraterne reciprocità in cui non ci risparmiavamo i toni del disappunto ma con senso di equazione familiare, di comune andamento sul filo di una passione che ha unito le nostre intuizioni, ovvero, seguire l’arte a partire dall’arte, senza strategie capziose, talvolta privandoci di utili sinergie, spesso tuffandoci con ali artigianali nel volo dei giovani artisti privi di pedigree mondano, captando densità e talento, energia e veggenza, bellezza e sfrontata fantasia. Quella telefonata del dopomostra è diventata, nel tempo, la nostra giornaliera colazione dei campioni, il nostro aggiornamento di stato umano e professionale, un riassunto tra ieri e domani che ci faceva programmare molto più di quanto avremmo mai potuto fare, al punto che spesso ci ricordavamo una cosa di due anni prima, quel progetto in sospeso, il libro della storia di Romberg che avremmo cominciato tra qualche giorno…
Italo Bergantini e la Romberg Arte Contemporanea a Latina
Italo Bergantini, se avesse avuto il potere economico dei grandi galleristi americani, sarebbe stato il più deflagrante d’Italia: perché aveva l’occhio magico che capta la qualità tra le pieghe del mestiere in purezza, perché conosceva l’apparato umano e sentimentale nei suoi recessi infinitesimali, perché la passione per il lavoro lo rendeva una sorta di sciamano del verbo dipingere, un oratore trascinante che creava collezionisti tra semplici curiosi, un demiurgo del rito narrativo che sapeva vendere non solo il quadro ma la storia umana dietro e oltre l’opera. Non ho mai conosciuto un venditore migliore di lui, e al contempo non ho mai visto qualcuno vendere valore immateriale come se fosse l’ossigeno che alimenta l’esistenza stessa, come se le case dei suoi nuovi clienti fossero il quaderno che certifica la geografia ufficiale del mondo nuovo.
Italo Bergantini e Gianluca Marziani
Ci conoscemmo un sabato pomeriggio di oltre trent’anni fa, mentre inaugurava una collettiva nel suo bellissimo white cube con moquette grigia e un magazzino che era più grande della sala espositiva. La galleria si trovava ai margini del centro di Latina, un palazzo residenziale in cui occupava un piano che aveva l’aria del mondo a parte, uno stato autonomo dentro la città pontina, sorta di oasi anglosassone irrigata da un uomo che non dimenticava mai le umili origini, la fatica del lavoro fisico, l’esperienza giovanile come dealer a Torino, fino alla decisione di investire tutto in una zona ostica, dove l’arte contemporanea era solo l’eco di vibrazioni romane o milanesi. Quel magazzino restava il mondo segreto di Italo, il posto dove il collezionista entrava con il dubbio e usciva con il quadro, l’anfratto ordinatissimo in cui elaboravamo strategie e discussioni, uno spazio parallelo che è stato il punto di forza del suo “essere gallerista”. Italo Bergantini non faceva il gallerista ma lo era nel DNA, respirava artisti sempre e comunque, e mi ricordava che la forza motrice del suo mestiere risiedeva nella qualità del magazzino, quel backstage che traghettava le mostre nel ciclo del resoconto storico. Il magazzino attuale pareva la copia di quello in cui ci conoscemmo, anche qui un luogo dove l’allestimento rendeva museale la visione, dove la raccolta diveniva custodia amorevole di ogni singola opera, dove le parti di questa orchestra visuale suonavano il sentimento espressivo della bella pittura, della bella fotografia, della bella scultura.

La sede romana della Romberg Arte Contemporanea
Ad un certo punto lo convinsi ad aprire una sede romana, approfittando della locazione di un posto magico a Piazza de’ Ricci, già sede di una galleria (di proprietà dell’amico Stefano Canto) che stavo curando da qualche anno. Fu magnifico quel ciclo di mostre sui due piani e di installazioni nella vetrina notturna: uno spazio dove sono nate molteplici magie, un posto che rendeva la piazza un’isola di vacanza pedonale nel caos capitolino. Fu un periodo speciale per Italo e sua nipote Agata, braccio destro ma anche sinistro, spalla e schiena tutti i giorni del ciclo solare, arbitro e guardalinee per ogni singola partita artistica di Romberg. Fu un periodo speciale anche per sua moglie Cristina, altro pezzo fondamentale nel puzzle umano di questa famiglia a cui sento di appartenere per adozione spontanea, un nucleo che è parte della mia esistenza, un fuoco sacro che rende Simone, unico figlio di Italo, qualcosa in più del semplice amico.
Chi era Italo Bergantini
Italo Bergantini litigava, lottava, esagerava, reagiva ma sempre per difendere gli artisti e trovare la quadra tra dedizione, disciplina e produzione. Una vita tra conti che non tornavano ma che alla fine quadravano, slalom a ripetizione per scovare risorse e valorizzare la programmazione, in particolare quella editoriale dei nostri cataloghi, un’altra passione che ci univa nel profondo. Abbiamo sempre creduto nel valore fondativo della cellulosa, nel resoconto storico che solo il libro affida alla futura memoria: una passione meticolosa in cui Agata era la nostra tessitrice morbida, colei che si districava tra mostre personali e collettive che partivano sempre da un titolo flaianesco, da un’intuizione sentimentale in cui la mostra svolgeva lo spunto per poi intrecciare amicizia, generosità, dono, incontro, scambio emotivo…
Italo era il mio personale Ulisse Pontino, una roccia che sapeva darmi conforto anche nei momenti peggiori, uno che captava il mio stato d’animo e il vero pensiero che scorreva sotto le parole di superficie. Come ogni viaggiatore mitologico era anche pieno di acciacchi e problemi in accumulo ma non si lamentava mai, ribadendo che il suo corpo lo avvertiva sempre quando intervenire. L’arte e la famiglia venivano prima dei controlli in ospedale, una fiera o una mostra a Milano avevano la priorità su analisi e terapie; era così tenace e resiliente da convincermi che avrebbe resistito alle recenti avversità, come un Prometeo con la saggezza del popolo e la reattività dei felini notturni. Italo ha dormito poco e vissuto con indefessa intensità quotidiana, dosando la qualità delle ore e l’occupazione piena dello spazio sociale, dimostrando il valore del comando senza alcuna esibizione di potere. Ovvio che non avesse voglia di fermare i motori ad aprile 2025, era pronto ad ingaggiare decine di progetti su cui stavamo parlando in queste settimane, mentre i giorni scorrevano tra ospedale e casa. Quel cuore indebolito ha detto stop ma l’energia prodotta è talmente risonante da non poter fermare l’eco direzionale delle sue intuizioni palpitanti, il riverbero dei nostri titoli tra poesia e cinema, il valore dei suoi allestimenti in costante stato di grazia, il senso di una grafica corporate che rimandava l’eleganza essenziale di un principe della galleria (mi verrebbe voglia di usare la parola palcoscenico al posto di galleria).
Scriveva tutto su fogli cartacei, usando evidenziatori e matita, con l’incoscienza tecnologica di chi capisce il digitale ma predilige folder e lapis. Si appuntava tutto e programmava le stagioni in largo anticipo, intuendo il momento giusto di tuffarsi nel rischio e quello adeguato per ricaricarsi tra la Via Appia e il mare. Ha fatto piccole ma grandi cose a Milano e in tanti altri luoghi, ha partecipato a una miriade di fiere, portato i suoi artisti nei musei e ha venduto un numero impressionante di opere, ampliando o creando da zero collezioni e passioni. Una vita al massimo, una vita di fatiche fisiche e mentali, una vita esemplare nel modo unico di guardare sempre la prossimità dell’alba.

Il saluto dell’amico Gianluca Marziani
Ora ti immagino seduto su una nuvola sopra il mare di Sabaudia, maglione blu scuro e barba bianca alla Funari, le mani curate come sempre, lo sguardo serio e polarizzante… ti ho sentito per un breve istante assieme al mio amato Berni che ti avrà accolto al tuo arrivo giovedì mattina, indicandoti le pareti del cielo su cui allestire la tua prima mostra nel blu infinito. Goditi la tua nuova galleria senza pareti, allestisci bellezza e dona arte agli angeli curiosi.
Ciao Italo, con amore filiale, Gianluca
Gianluca Marziani
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