Osservatorio curatori. Giovanni Paolin
Il curatore Giovanni Paolin raccontato dall’artista Roberto Fassone, tra voli pindarici e realtà.
Posso considerarmi un curatore indipendente e faccio del mio meglio per non perdere l’occasione di lavorare con artisti di cui stimo la ricerca. In questo caso ho scelto un giocatore per parlare di me. (Giovanni Paolin)
(Da leggere mentre si ascolta Music for Airports di Brian Eno)
Il presente testo, volutamente, non è opera di Giovanni Paolin. L’esperienza insegna che il suo modo di scrivere è troppo concentrato, troppo astruso, troppo occulto perché le menti normali possano comprenderlo. Si è dunque ritenuto che una documentazione e conseguente elaborazione di informazioni fornite da coloro che lo conoscono meglio potesse essere un percorso più adatto alla presentazione della sua persona. Tra coloro che sono stati contattati e interrogati circa la sua vita: la squadra di pallacanestro di Poggibonsi, la distanza tra New York e San Francisco, il colore senape, un pile di seconda mano comprato in Svezia, Jason Williams aka White Chocolate, il teatro La Fenice, i suoi amici Giulia e Matteo, Frater Perdurabo, una poetessa conosciuta ieri sera, un oracolo, il primissimo Nanni Moretti, Sophie Calle, il villaggio immaginario di Pol Sesanne e la paura di non seguire le proprie vocazioni.
La prima notizia che possiamo fornire sul suo conto e sulla quale tutti sembrano concordare (a parte Frater Perdurabo) è che Giovanni Paolin è in realtà Dean Moriarty, uno dei protagonisti di Sulla Strada di Jack Kerouac. Si tratta tuttavia non di una manifestazione fisica del personaggio, ma proprio delle lettere che compongono il suo nome sulla carta stampata: Dean Moriarty. Per evitare confusione nel presente testo ci riferiremo tuttavia a Dean Moriarty con l’appellativo con cui i più si rivolgono a lui: Giovanni.
IL LAVORO DI GIOVANNI PAOLIN
Giovanni, come noto, è solito ridere molto e ricercare avventurose collaborazioni. Pazzo di vita e desideroso di tutto allo stesso tempo, ha recentemente messo in scena diversi spettacoli di quella disciplina che alcuni studiosi descrivono come arte contemporanea (ma che paradossalmente sembra essere iniziata più di cento primavere fa). Uno dei più recenti, a cui molti fanno riferimento, ha avuto luogo in misteriosi bagni sotterranei [Immersione Libera, Palazzina dei Bagni Misteriosi, Milano, aprile-maggio 2019, N.d.R.]. Qui hanno preso forma giganti mani di sabbia, surreali pavimenti a zig zag, delfini di cemento e spirali di bolle di sapone.
Ha trascorso un lungo periodo in un’isolata architettura medievale dove durante l’autunno si prendeva cura di portare un sano cambiamento dopo il caldo torrido dell’estate. Si occupava inoltre dell’attraversamento delle porte, e della storia di due preziosi oggetti bizzarri: un silenzioso pianoforte in legno e una zip senza giacca. Fu quella l’unica occasione in cui ebbi l’opportunità di scambiare qualche parola con lui. Mi lasciò un bigliettino che conservo dentro il mio testo di magia preferito. Recita le seguenti parole:
Scrivo scrivo scrivo scrivo
e il tempo passa
scrivo scrivo scrivo
e ti penso
scrivo scrivo
e mi ripeto
scrivo
e
Quest’anno, in collaborazione con il caso e l’imprevedibilità dell’universo, porterà avanti una performance che gli fu commissionata dal talentuoso pittore Alessandro Fogo il giorno del suo 18esimo compleanno: graffiare la sua automobile come se fosse un delfino di Risso.
Roberto Fassone
Bagno a Ripoli, 28 gennaio 2020
‒ a cura di Dario Moalli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #54
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