Musei e digitale. Intervista a Paolo Cavallotti

Per questa intervista siamo tornati in Italia, dedicandoci a una delle esperienze più significative per contesto ed estensione. La parola passa infatti a Paolo Cavallotti, responsabile del team dedicato al digitale presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.

Quanto contano (o dovrebbero contare) la comunicazione e lo sviluppo sul digitale in un museo?
Contano nei limiti in cui un museo vuole essere significativo oggi ed esistere domani. È imprescindibile che il digitale, con la sua pervasività e potenza, diventi tessuto connettivo delle istituzioni museali così come da tempo lo è della società in cui viviamo. Già oggi pubblici e stakeholders si aspettano tecnologie, strumenti e linguaggi digitali dai musei; in futuro non farne uso significherà semplicemente rischiare di non esserci.

Stessa domanda, ma in particolare sul Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci?
Nel mio museo il percorso sul digitale è stato lungo e articolato, ci lavoriamo da più di vent’anni ormai, eppure penso che la strada sia ancora molto lunga prima di poterci considerare all’altezza di ciò che un museo contemporaneo dovrebbe essere oggi. E considero questo un aspetto stimolante del mio lavoro. Ad esempio, in questo istante siamo molto deficitari sul fronte del sito web istituzionale (che sarà finalmente online totalmente rifatto il prossimo ottobre) e adeguati su altri progetti online o sulla multimedialità interattiva, VR, AR e i serious game in museo.

Quanto la digitalizzazione delle risorse e dei processi influisce sulla efficacia della comunicazione digital e social?
La digitalizzazione dei processi consente di ottimizzare il lavoro, accelerare i tempi, alzare la qualità di tutto ciò che si fa e questo è valido per tutti, musei e non. La digitalizzazione delle risorse per un museo è non solo un’enorme risorsa per potenziare tutte le azioni di comunicazione e valorizzazione dei contenuti, ma è anche un’attività fondamentale per la missione chiave di un’istituzione culturale, che è il conservare, valorizzare e tutelare il proprio patrimonio a vantaggio di tutti coloro che ne potranno fruire oggi e in futuro.

Per un’istituzione come il Museo della Scienza cosa significa svolgere un’attività relevant?  È diverso in un museo dedicato alla scienza rispetto a un museo con un patrimonio “artistico”?
Ho una posizione di parte in questo, lavorando in un museo di scienza e tecnologia, e spero sempre non me ne vogliano i colleghi dei musei d’arte quando la esprimo, ma non posso negare di pensare che un’istituzione culturale che parla di scienza e tecnologia abbia un ruolo più che mai centrale e cardine nella società di cui fa parte. Penso che essere relevant per un museo come il nostro significhi essere al centro della propria società e delle proprie comunità di riferimento. È relevant saper coinvolgere le persone e i cittadini per farli sentire parte consapevole e attiva del mondo e della società in cui vivono e si evolvono. Non penso chiaramente che i musei d’arte abbiano un ruolo meno importante nella società, non voglio essere frainteso, la crescita culturale di una società è una sola, penso però che abbiamo alcune caratteristiche diverse. E lo dico tra l’altro da persona di estrazione umanistica e non scientifica.

Che competenze deve avere chi si occupa di comunicazione digitale in un museo o in un’istituzione culturale? E quali soft skill? È un profilo con competenze di tipo “tecnico”?
Per lavorare sul digitale, non solo sulla comunicazione digitale, ma proprio su tutti i linguaggi digital, penso che le caratteristiche più importanti da avere siano due. La prima è una spiccata sensibilità sui linguaggi, un mix di predisposizione personale ed esperienza sul campo, che ti consenta di avere un’istintiva capacità di saper scegliere qual è la migliore tecnologia e linguaggio da usare a seconda di finalità, pubblici e contenuti a cui stai lavorando in quel preciso momento. La seconda è essere camaleontici, sempre pronti al nuovo, sapersi adattare ai contesti, ai target e agli obiettivi e anche saper saltare dalla progettazione alla gestione fino all’operatività senza preclusioni e “pudori” di alcun tipo. Le competenze tecniche oggi come oggi vengono molto dopo queste due qualità in ordine di importanza, a mio parere. È più importante saper lavorare con i tecnici piuttosto che esserlo.

Come possiamo valutare le attività sui social media? Come valutate l’andamento e l’efficacia delle comunicazioni online per il Museo della Scienza? Lo mettete in relazione diretta con l’afflusso fisico dei pubblici?
Seguiamo e studiamo le metriche, meno di quanto si dovrebbe, perché ci sarebbe bisogno quasi di un’attività full time per farlo come si deve. Portare visitatori al museo è di fondo sempre una missione strategica imprescindibile, ma con i linguaggi del digitale noi perseguiamo in primis il miglioramento e la valorizzazione della reputazione del nostro museo. Pensiamo che sia un luogo e un’istituzione così bella ed emozionante che il primo risultato che vogliamo perseguire è farlo capire nel modo migliore possibile a più pubblici possibili. Il resto viene di conseguenza.

Un libro da consigliare ai colleghi. Quello che trovi più geniale e ispirante di tutti. Nonostante abbia più di vent’anni, ancora oggi suggerisco la lettura di The Invisible Computer di Donald Norman, che già rifletteva su come la tecnologia debba aiutarci a migliorare la vita rimanendo il più possibile invisibile. Norman lo fa con una capacità di visione e una lucidità che non hanno età. Lo suggerisco per ricordare sempre a tutti quelli che fanno il mio lavoro che persona, contenuto, messaggio ed esperienza devono venire sempre prima dell’innamoramento per la tecnologia. Penso che oggi scienza, tecnologia… e digitale debbano essere tra le culture più umanistiche che esistano nella nostra società.

Maria Elena Colombo

www.museoscienza.org

Articolo pubblicato su Artribune Magazine#49

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