Dialoghi di Estetica. Parola a Elisabetta Di Stefano

Elisabetta Di Stefano insegna Estetica ed Estetica dei nuovi media all’Università di Palermo. Con le sue ricerche si è occupata di estetica del Rinascimento, estetica della scultura e, più recentemente, di estetica della vita quotidiana, con particolare interesse per l’architettura e il design. Attraverso una riflessione sul rapporto tra filosofia e quotidianità, questo dialogo presenta alcuni degli aspetti principali dell’estetica quotidiana affrontando soprattutto i temi dell’esperienza, del rapporto con la produzione artistica e della ‘artificazione’.

La vita quotidiana è un tema di interesse nell’estetica contemporanea. Prima di soffermarci su taluni aspetti delle indagini svolte in questo ambito, le chiederei di tracciare un breve profilo della relazione tra filosofia e quotidianità.
Il pensiero occidentale ha raramente preso in considerazione la vita quotidiana, ritenuta troppo banale per essere oggetto di riflessione filosofica. La cultura cristiana, che mortificava la carne per ottenere la salvezza dell’anima, e il razionalismo cartesiano hanno determinato una spaccatura tra il piano inautentico della vita terrena e del basso materiale corporeo e il piano autentico e trascendente, rappresentato dalle forme più alte dello Spirito. Questo dualismo si è acuito nella modernità, quando i ritmi lavorativi hanno prodotto la crisi esistenziale dell’uomo alienato e chiuso in sé stesso. Ma tale prospettiva teorica è fuorviante poiché, incentrandosi su una soggettività astratta, dimentica che l’uomo è insieme materialità e spiritualità e che la vita è data dalla continua mescolanza di questi due livelli. Solo con Freud, Heidegger e soprattutto con il sociologo Henri Lefebvre (che a mio parere svolge un ruolo centrale in questa svolta di pensiero) prende avvio quella logica della contaminazione che è la cifra peculiare della quotidianità.

Quali sono le principali linee di ricerca dell’‘estetica quotidiana’?
Con l’espressione “estetica quotidiana” intendo abbracciare due ambiti d’indagine filosofica distinti, ma complementari: le ricerche europee (di matrice francese, tedesca e italiana) che hanno affrontato il quotidiano da un approccio sociologico, antropologico o estetologico, e quelle anglo-americane che si riconoscono nella cosiddetta Everyday Aesthetics o che comunque affrontano tematiche inerenti al quotidiano. Gli studi europei si sono incentrati sull’estetizzazione del reale, cioè sulla ricerca di bellezza e di piacere che oggi connota i vari campi della vita, quelli anglo-americani hanno cercato di definire, in maniera più analitica e rigorosa, gli ambiti e le categorie del quotidiano, conferendo nuovo valore all’unità psicosomatica (come il filosofo Richard Shusterman che ha fondato la “somaestetica”).

Entriamo nel dettaglio: le ricerche dell’estetica quotidiana su quali temi vertono?
L’oggetto di indagine è la vita vissuta con consapevolezza psicosomatica e con pieno apprezzamento del particolare momento che si sta vivendo: la scelta dell’abito più adeguato alla circostanza (o che ci fa sentire più a nostro agio), la condivisione del cibo con i familiari e con gli amici, la cura del corpo rivolta non solo alla bellezza fisica ma soprattutto alla salute e al benessere, il rispetto dell’ambiente in cui viviamo. L’apprezzamento dei vari momenti della vita, opportunamente inseriti in un percorso ciclico, che alterna l’ordinario e lo straordinario (i viaggi, le feste, il tempo libero), contribuisce a valorizzare il potenziale estetico della quotidianità.

Elisabetta Di Stefano

Elisabetta Di Stefano

Considerando la storia dell’estetica, quali sono i principali presupposti teorici che hanno maggiormente influenzato la diffusione delle ricerche contemporanee sulla quotidianità?
L’estetica (dalla radice della parola greca aisthesis) viene fondata nel Settecento dal filosofo tedesco Alexander Baumgarten come teoria della conoscenza sensibile, nonostante i filosofi idealistici e romantici abbiano poi spostato l’indagine sull’arte. L’approccio di Baumgarten è già orientato verso la prassi quotidiana. Non è un caso che Emilio Garroni, Richard Shusterman, Gernot Böhme – per fare i nomi di alcuni filosofi del Novecento che hanno incentrato lo studio dell’estetica sulla vita di ogni giorno – hanno tutti fatto appello a Baumgarten, recuperando il profondo valore della sensibilità.

Taluni degli aspetti fin qui menzionati ci permettono di considerare il rapporto tra quotidianità e filosofia, per così dire, anche ‘dall’interno’ – penso in particolare al filosofo e sociologo Henri Lefebvre che identificava il lavoro filosofico anche con una attività di routine quotidiana. Che importanza hanno le sue riflessioni per gli sviluppi dell’estetica quotidiana?
Henri Lefebvre è stato il primo a conciliare le contrapposizioni (materia/spirito, autentico/inautentico) che connotavano i precedenti approcci filosofici all’interno di un processo ciclico in cui il tempo ordinario e il tempo straordinario si compenetrano. Di conseguenza anche il lavoro filosofico o artistico, prima considerati attività superiori dello spirito, acquistano una dimensione ordinaria, connotata dalla ripetitività. In tal modo Lefebvre segna una svolta nel modo di considerare la quotidianità e introduce alcune originali chiavi di lettura (come il concetto di ritmo) che, a mio parere, possono essere valide anche all’interno dell’estetica quotidiana. Infatti, proprio il concetto di ritmo, bilanciando l’alternanza tra momenti ordinari e straordinari, è utile a superare l’impasse in cui si arenano teorici come Yuriko Saito e Thomas Leddy, nel momento in cui non riescono a tenere insieme i momenti speciali con l’apprezzamento estetico della vita nella sua ordinarietà.

Consideriamo l’arte. Come osservava il filosofo Emilio Garroni, essa può essere uno dei riferimenti privilegiati dell’estetica. Attraverso l’esperienza delle opere è anche possibile fare chiarezza sull’esperienza in genere. Questa tesi è condivisa anche nelle ricerche condotte nell’ambito dell’estetica quotidiana?
Sebbene la linea forte dell’Everyday Aesthetics (difesa per esempio da Kevin Melchionne) tenda a incentrare le ricerche sulla vita quotidiana nella sua ordinarietà, escludendo l’arte e le categorie artistiche, altri teorici, inclusa la stessa “madrina” dell’Everyday Aesthetics, Yuriko Saito, ritengono che l’arte possa aiutarci a guardare in modo diverso ciò che ci circonda. Ad esempio, la Land Art o la Public Art possono avere scopo deittico, ostensivo, cioè possono indurre a cogliere aspetti dell’ambiente naturale o edificato a cui solitamente non si presta attenzione.

Elisabetta Di Stefano - Che cosa è l'estetica quotidiana (Carocci, Roma 2017)

Elisabetta Di Stefano – Che cosa è l’estetica quotidiana (Carocci, Roma 2017)

Nota in sociologia e negli studi antropologici, la nozione di ‘artificazione’ è altrettanto decisiva per le ricerche nell’estetica quotidiana. A che cosa si riferisce questa nozione e perché è così importante?
La nozione di artificazione è complessa ed è spesso usata nel mondo dell’arte senza piena consapevolezza delle sue molteplici radici culturali e sfumature teoriche. Oggi si parla di artificazione, per lo più, intendendo la trasformazione in opere d’arte di pratiche prima non considerate tali. Per esempio la Street Art, originariamente ritenuta illegale perché imbrattava i muri pubblici, adesso è accolta dentro gallerie ed esposizioni. Basti considerare il caso dello street artist Banksy. Altre volte il termine artificazione è adoperato per indicare l’influenza che l’arte può avere in altri ambiti. È noto come nelle Medical Humanities l’arte può aiutare a incrementare l’empatia nella comunicazione tra medico e paziente, mentre nella formazione è utile a sviluppare l’intelligenza emotiva dei discenti, infine oggi si ritiene che la pratica dell’arte possa stimolare la creatività dei manager d’azienda. Tuttavia, a mio parere, è più interessante il concetto di artificazione elaborato dall’etologa Ellen Dissanayake. Secondo questa studiosa americana l’artificazione consiste nel rendere diverso o, in altre parole, “speciale” – come è l’arte –, un comportamento o il contesto in cui tale comportamento si inserisce.

Proviamo ad approfondire quest’ultima accezione del termine ‘artificazione’.
Secondo Dissanayake i comportamenti artistici sono insiti nella natura e radicati nella vita quotidiana. Essi si verificano tutte le volte che gli uomini cercano di modificare l’ordinario, conferendogli valore. È esemplare la comunicazione tra la mamma e il neonato, fatta di movimenti stilizzati e di ripetizioni verbali che acquistano teatralità e conferiscono pregnanza a quel momento. Dissanayake osserva che si può avere un comportamento artistico sia nel trasformare materiali e idee, creando capolavori dell’arte e della letteratura, del teatro e della danza, sia nei comportamenti giornalieri come porre il cibo nel piatto, se rendiamo speciali i gesti quotidiani rivolti alle persone o agli oggetti di cui abbiamo cura.

Alla luce delle ricerche sulla quotidianità, che riflessione potremmo fare rispetto agli sviluppi più recenti dell’estetica?
L’apertura verso la quotidianità conferisce all’estetica la possibilità di creare un mondo più bello. Questo potere non va inteso nel senso di una estetizzazione del reale, cioè verso la produzione di una bellezza superficiale e consumistica, ma verso l’acquisizione di una consapevolezza corporea (aisthesis) capace di guidarci verso scelte più responsabili e di indurci ad avere maggiore cura di noi stessi, degli altri e dell’ambiente in cui viviamo.

Davide Dal Sasso

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Davide Dal Sasso

Davide Dal Sasso

Davide Dal Sasso è ricercatore (RTD-A) in estetica presso la Scuola IMT Alti Studi Lucca. Le sue ricerche sono incentrate su quattro soggetti principali: il rapporto tra filosofia estetica e arti contemporanee, l’essenza delle pratiche artistiche, la natura del catalogo…

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