Italiani a Berlino. Una conversazione con Andrea Sassi, fondatore della Galleria dispari&dispari

Il fondatore della galleria dispari&dispari ci parla del recente trasferimento della galleria, da Reggio Emilia a Berlino e di un panorama artistico che non smette mai di affascinare

Sono i primi anni del Duemila quando Andrea Sassi (Reggio Emilia, 1977) fonda dispari&dispari, una galleria inconsueta situata nella periferia industriale di Reggio Emilia. Katrin Plavcak, Peter Goi, Carolina Caycedo, fino a Flavio Favelli e Alterazioni Video (di cui produce alcuni film): in pochi anni le sue collaborazioni diventano prestigiose e internazionali e quel luogo così decentrato rispetto alla città si trasforma in un conviviale salotto per tutti gli artisti accolti. A settembre 2018, però, cambia sede per iniziare una nuova avventura in quella giungla culturale che ancora oggi rappresenta Berlino. In questa intervista Andrea Sassi ci racconta com’è andata finora e come ci si sente a essere galleristi italiani vis-à-vis con il panorama berlinese.

La galleria dispari&dispari ha ormai compiuto tredici anni, una lunga storia.
Sì, sta diventando una lunga storia…. Il nome dispari&dispari è nato quattordici anni fa, all’interno del capannone industriale di Reggio Emilia, che ancora oggi è la sede principale della galleria e dell’archivio.

Qual è il tuo modo di operare?
Ho sempre cercato di essere innanzitutto un partner degli artisti mettendo a loro disposizione non solo uno spazio dove esibire ma un luogo dove poter soggiornare, confrontarsi, sviluppare idee, progetti e produrre opere d’arte. Queste collaborazioni si sono ripetute anno dopo anno diventando la prassi e un metodo di lavoro che abbiamo esportato nella realizzazione di eventi esterni in contesti pubblici, musei e manifestazioni internazionali.

C’è un criterio di selezione degli artisti?
Non propriamente. Per quanto riguarda la selezione degli artisti e dei progetti, ho sempre seguito il mio istinto.

A settembre 2018 è stata aperta la sede della nuova galleria di Berlino (dispari&dispari/Berlin), dicendo definitivamente addio alla sede originaria situata nella zona industriale di Reggio Emilia. Raccontaci com’è avvenuta la scelta di “un trasloco” così radicale.
Non è stato un trasloco radicale e non si tratta di un addio, la sede di Reggio Emilia è in fase di ristrutturazione per cui considero questo viaggio come un arrivederci. La permanenza prolungata nella stessa città stava diventando una prigione e sentivo il desiderio di spostarmi in una metropoli per potermi confrontare con una realtà più internazionale.

E com’è ricaduta la scelta di questa città?
Berlino è una città cosmopolita, underground, dinamica, ma paradossalmente è confortevole e non troppo lontana dalla mia terra, quindi la candidata ideale per questa nuova esperienza di vita necessaria ad affinare la mia pratica.

È anche una capitale già molto fitta di attività e spazi espositivi. Non ti è sembrata una sfida difficile, quella di inserirti qui?
Sarà sicuramente una sfida difficile, qui c’è una densità di gallerie, project-space, spazi alternativi e quant’altro, che penso sia unica nel panorama artistico mondiale. Allo stesso tempo è una città iper-ricettiva, affamata di novità e crocevia continuo di persone interessanti. Sono sicuro che con un programma accurato riusciremo a ritagliarci il nostro pubblico e a farci apprezzare anche in questa realtà. In fondo anche dispari&dispari ha una storia decennale alle spalle, per cui sarebbe stato un peccato non provarci.

Quali sono state invece le tue prime impressioni “da gallerista” sul sistema artistico di questa città? Berlino è ancora la capitale della giovane arte e della libera sperimentazione?
Berlino sarà ancora a lungo la capitale dell’arte Europea dal punto di vista della produzione artistica. Si parla sempre con grande entusiasmo di Bruxelles, Lisbona, prima Torino, adesso Milano, ma nessuna di queste città vanta spazi sufficienti per ospitare la moltitudine di artisti, musicisti e designer che qui risiedono.  Il sistema artistico tedesco è ben rodato dai tempi della nascita delle prime Kunsthalle; in particolare, le politiche sociali messe in campo a Berlino dalla caduta del muro sono state decisive nel ripopolare un luogo così contraddittorio.

Quali sono i luoghi (dell’arte e non) che ami più frequentare in questa città?
I luoghi istituzionali che frequento maggiormente sono la Berlinische Galerie, l’Hamburger Bahnhof, lo Schinkel Pavillon, il Volksbühne, ma soprattutto mi piace vedere cosa succede nelle gallerie, negli spazi non profit, nelle fondazioni d’arte e quant’altro. Guardo almeno dieci mostre la settimana, mi piace essere aggiornato diciamo.

Non sempre il gallerista mantiene un rigido “distacco professionale” con i suoi artisti. È il caso di Alterazioni Video, il collettivo video che fin dagli inizi hai sostenuto, e che hai accompagnato nei luoghi più inconsueti del mondo per produrre i Turbofilm (l’ultimo, Guerra e Pace, presentato durante i giorni di Arte Fiera a Bologna).
Non posso immaginare di investire il mio tempo e le mie energie su persone con le quali non c’è empatia. Con Alterazioni Video c’è un rapporto speciale e di lunga data. Ci siamo conosciuti casualmente in Cina nel 2006 a una mostra a Shanghai. Non appena tornato, gli proposi la loro prima personale in Italia, e da quel giorno abbiamo realizzato assieme almeno sei film, due partecipazioni a Manifesta, due alla biennale di Venezia. Non c’è abbastanza spazio per raccontare gli innumerevoli ricordi di viaggio, ma basta guardare un Turbo per vederne una traccia indelebile.

– Giulia Ronchi

https://dispariedispari.org/

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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