Un anno a Villa Adriana e Villa d’Este a Tivoli. L’intervista al direttore Andrea Bruciati

Sono trascorsi più di 12 mesi da quando Andrea Bruciati ha assunto l’incarico di direttore di uno dei siti più complessi di Italia. Ecco un primissimo bilancio

È trascorso più di un anno da quando  Andrea Bruciati (Corinaldo, 1968), è stato incaricato direttore di Villa Adriana e Villa d’Este a Tivoli (è tra i 10 “superdirettori” designati dal Mibact, nell’ambito dei bandi voluti da Dario Franceschini, a febbraio 2017). Lo avevamo intervistato a pochi mesi dalla nomina per capire in che direzione stava andando e come stava lavorando per rivoluzionare uno dei siti più complessi del Paese, colpiti anche dalla peculiarità del suo profilo professionale. Bruciati è infatti stato direttore della Galleria Civica di Monfalcone, per anni avamposto di ricerca sperimentale, poi direttore artistico di Art Verona (ha passato lo scettro ad Adriana Polveroni), che nelle sue mani è diventata una fiera con un bel ruolo sullo scacchiere italiano. Curatore freelance di mostre di ricerca e sperimentali, anima del Premio Moroso. Oggi, con più di 12 mesi all’attivo di mandato, lo abbiamo incontrato per chiedergli un primissimo bilancio di questa esperienza. I risultati ottenuti dimostrano che la scelta di un “contemporaneista” è stata di successo. Gli abbiamo domandato anche come vede i prossimi anni della sua direzione, considerando anche che nel frattempo è cambiato il Governo e forse sono mutate le strategie…

Andrea Bruciati. Photo Paola Pasquaretta (dettaglio)

Andrea Bruciati. Photo Paola Pasquaretta (dettaglio)

A un anno di distanza dal tuo incarico qual è il bilancio che senti di fare?

Lo ritengo molto positivo nonostante le mille difficoltà che si presentano quotidianamente. La nostra unicità e bellezza, quasi abbacinante, si basa purtroppo sulla fragilità che connota siti monumentali e ambientali così stratificati e complessi. Le aperture del Santuario di Ercole Vincitore, del Teatro Marittimo a Villa Adriana, dell’Arco di Trionfo e l’estensione dell’orario invernale a Villa d’Este, nonché della Mensa Ponderaria vogliono innanzitutto essere azioni politiche e di avvicinamento per una diversa consapevolezza delle VILLAE nel tessuto sociale.

Con quali obiettivi?

Quello che sto progettando è certo un percorso ambizioso, volto ad una tensione continua per raggiungere dei risultati ottimali che strutture uniche al mondo come quelle tiburtine meritano, a prescindere. Siamo un Istituto giovane, nella sua costituzione e nel suo organico e sia per me che per tutti i miei collaboratori rappresenta una sfida quasi prometeica ma ben chiara nella sua interezza e per la sua importanza.Rappresentiamo infatti una entità nuova, inedita, composita, territoriale, ma con una vocazione ben più ampia avendo ben due siti UNESCO nel patrimonio. Il tutto necessita di una visione supportata da obbiettivi da verificare e costruire giorno per giorno.

Com’era l’istituzione che dirigi quando sei arrivato?

Vi era una situazione frammentata perché insistevano sugli 80 ettari attuali sia il Polo Museale del Lazio che la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e dell’Etruria meridionale: la complessità delle strutture implicate era ed è tale che la soluzione di un distretto tiburtino si presentava come impellente e necessaria. Ritengo che la formulazione di una identità comune dei quattro siti attuali, salvaguardandone le rispettive caratteristiche culturali, sia la grande sfida che si prospetta sia per l’Istituto che per l’intero territorio e la rimodulazione di aree primarie come i Mausolei di Villa Adriana, l’Antiquarium del Santuario e la messa in funzione di molte fontane e stanze inaccessibili sinora al pubblico di Villa d’Este ci proiettino in questa direzione. Ci conformiamo come un arcipelago e vi è come un ideale percorso circolare che unisce e fonde ognuna delle sedi con gli enti del territorio: la collaborazione con Comune (fiere del turismo, festival, iniziative turistiche e culturali), Soprintendenza e Regione è pertanto per me fondamentale e vivificante.

Villa d'Este a Tivoli

Villa d’Este a Tivoli

Su quali aspetti sei intervenuto fin da subito?

Su gravi problemi strutturali che mi auguro abbiano soluzione entro il 2018: la mancanza di un allaccio fognario funzionante a Villa Adriana, così come la messa in sicurezza del Santuario di Ercole Vincitore sono state e sono delle vere e proprie emergenze.

Come intervenire?

Sento l’Istituto come un magnifico corpo dolente, flagellato da parassiti e funghi infestanti, che necessita di amore, dedizione, cura e di una risposta farmacologica ad ampio spettro. Sto quindi cercando in parallelo di creare una identità delle VILLAE intervenendo sulla percezione generalizzata dell’Istituto. Sto creando un ‘sentiment’ positivo e anche grazie ad un lavoro capillare interno di ascolto e ad una strategia di comunicazione esterna, si vedono i primi risultati.

Anche grazie alla comunicazione…

Con più di 200 passaggi in un anno fra i canali televisivi nazionali, testate internazionali e stampa specializzata, apertura ai social e l’imminente nuovo sito e immagine coordinata, le VILLAE entrano di diritto fra i cinque istituti più influenti nella sfera mediatica italiana. Possediamo due landmark turistici di fama internazionale e il Santuario di Ercole Vincitore è il caso più interessante della penisola di sintesi fra archeologia classica ed industriale; esistono inoltre solo altre due Mense Ponderarie e quella di Tivoli è un gioiello dopo che l’investimento diretto dell’Istituto l’ha riportata a nuova vita.

Di che cosa vai più fiero?

Del nuovo organismo che si sta formulando: voglio un Istituto forte della sua progettualità, che sia da modello ed esempio per tanti distretti culturali. Il fatto di ‘essere ascoltato e rispettato per il lavoro che sto svolgendo’ innanzitutto dai miei collaboratori è inoltre il dato umano che più mi rende più appagato.

Villa Adriana

Villa Adriana

Hai già avuto l’opportunità di incontrare il Ministro Bonisoli e di raccontargli che cosa state facendo?

Sono certo che il Ministro potrà solo migliorare l’impostazione che è stata tracciata e mi auguro che quanto prima ascolti noi Direttori per avere dai diretti interessati consigli e suggerimenti proficui alla sua linea di intervento.

Lo spostamento del Turismo dal Mibac all’agricoltura cambia qualcosa nello svolgimento del vostro lavoro?

L’Istituto è un organismo anfibio e le VILLAE sono estroverse sul territorio e il paesaggio. Per quanto ci compete l’investimento che stiamo sviluppando sulle attività agricole, dall’uliveto di Villa Adriana al vigneto di pizzutello di Villa d’Este alle api del Santuario, ci pongono in una posizione potenzialmente pionieristica. Mi piacerebbe che la mia idea di sviluppo sostenibile con manifestazioni come Tivolio e di reintegro dell’agro romano antico fossero condivise da più soggetti possibili perché vorrei che fossimo concepiti come una sorta di laboratorio idroponico di idee, da stimolo per l’intera comunità anche per riscoprire nuove professionalità per un più facile accesso al mondo del lavoro. Non da ultimo mi auguro che il tavolo verde che abbiamo concepito con gli altri Istituti autonomi sensibili del Mibac, possa fungere da volano per una ridefinizione del nostro DNA ambientale.

Come ti vedi tra tre anni alla scadenza del tuo mandato?

I dati importanti che rappresentiamo (oltre 80 ettari in gestione, più di 120 dipendenti, crescita di visitatori ad oltre 720.000 ospiti, 2 siti UNESCO, 8 università internazionali che collaborano attivamente sul fronte restauri) già quantitativamente meriterebbero un più idoneo posizionamento dell’Istituto nella vita culturale del Paese. Oltre ai numeri per me quello che risulta fondamentale è una visione qualitativa e migliorativa delle VILLAE che dovrebbero modellarsi come una sorta di piattaforma molecolare in continua evoluzione, capofila scientifico per aree di studio quali: la villa; il giardino storico; l’antropologia culturale; l’evoluzione del collezionismo; il rapporto con l’antico nei visual studies. Forse è utopia ma il meraviglioso che gestisco non può che meritarsi l’impossibile.

E come vorresti che fosse l’istituzione che dirigi?

Per quanto mi riguarda infine mi piacerebbe consolidare e confermare questo sviluppo con la prosecuzione progettuale, attuabile mediante un altro mandato: l’importante è mettere al servizio le proprie competenze, sensibilità e porsi sempre in discussione. Umiltà e determinazione sono un ossimoro solo in apparenza se al centro viene posto il valore emozionale come metodologia conoscitiva.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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