Un Libro Bianco (e un database) per verificare le performance dei musei statali italiani negli ultimi 30 anni
Si tratta del primo studio di lungo periodo basato su dati quantitativi, che fornisce una visione del sistema museale italiano dal 1996 al 2023, per aiutare a comprendere l’evoluzione del sistema culturale. Cresce l’attrattività dei musei, ma non mancano le criticità. Tre sono i grandi attrattori: Uffizi, Colosseo e Pompei
Quasi trent’anni di storia dei musei italiani condensati in un volume per esplorare e comprendere l’evoluzione del settore culturale statale. È uno strumento inedito e innovativo – che si propone anche come modello per eventuali applicazioni in ambito europeo – il Libro Bianco presentato da MondoMostre e realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università Roma Tre (frutto di una ricerca curata, negli ultimi tre anni, da Laura Di Pietro e Flaminia Musella di Roma Tre con Tomaso Radaelli, presidente di MondoMostre, e Diego Giacomelli, consulente marketing strategico in ambito culturale).

Cos’è il Libro Bianco dei Musei Statali Italiani 1996-2023
Sistematizzando i dati raccolti attraverso il progetto MoMoAnalytics – dipartimento di MondoMostre dedicato allo sviluppo di strumenti digitali e analitici per il settore culturale – il volume, edito da Cedam – Wolters Kluwer, analizza le performance dei musei statali italiani nell’arco temporale compreso tra il 1996 e il 2023. Raccogliendo una gran mole di dati quantitativi, la ricerca mette quindi in luce le best practice e le sfide del sistema museale, offrendo spunti per il futuro del settore e soluzioni per migliorarne la gestione. Perché ancora “si parla dell’importanza della cultura come comparto economico, ma in modo vago. Si pensa alla cultura come a una sorta di lusso accessorio: investo se l’economia lo consente” sottolinea il professor Carlo Alberto Pratesi del Dipartimento di Economia Aziendale di Roma Tre “Invece la storia dimostra che se non c’è cultura, l’economia non si sviluppa. E lo dimostra anche il pregresso dell’Italia: la cultura produce economia, e non viceversa. D’altro canto, la cultura è fatta di aziende che devono essere gestite in maniera economica: non sempre è (ed è stato) così. Il punto di partenza per migliorare sono i dati, che consentono di impostare una gestione razionale ed efficace del settore”.

I dati per comprendere il settore museale in Italia negli ultimi 30 anni nel database MoMoAnalytics
All’origine del progetto c’è, non a caso, il database MoMoAnalytics, fruibile online e aperto alla consultazione libera (previa registrazione sul sito di MondoMostre), che aggrega i dati forniti dall’l’Ufficio di Statistica del Ministero della Cultura con i dati ISTAT relativi al turismo dal 2008 al 2024 e al numero di abitanti per Comune italiano per comprendere quanto i musei influiscano concretamente sull’indotto turistico di un territorio. Si possono dunque scoprire il numero di visitatori gratuiti e paganti, i ricavi da biglietteria, gli introiti derivanti dai servizi aggiuntivi (come caffetterie e bookshop) ma anche le quote di ricavi incamerate dai fornitori di servizi e concessionari per uno sguardo sul rapporto pubblico-privato. Ed è possibile anche effettuare una ricerca comparata, confrontando il comportamento di diversi musei in periodi specifici, o concentrando l’esplorazione su un’area geografica, con evidente utilità per le istituzioni che del sistema fanno parte, e per gli enti territoriali e amministrativi chiamati a impostare politiche culturali e strategie turistiche. In tal senso, particolarmente utile è la funzione che permette di eseguire analisi incrociate tra i flussi di visitatori e i flussi turistici, per studiare come il turismo influisce sulla frequentazione dei musei e viceversa.
Cosa ci dice il Libro Bianco sui musei statali italiani: il trend positivo e i 24 grandi attrattori
Il Libro Bianco sistematizza questa mole di informazioni per delineare un’analisi storica dei musei statali italiani fondata sull’affluenza dei visitatori, i ricavi da biglietteria e da servizi aggiuntivi (come audioguide, bookshop e ristoranti), l’incidenza sui flussi turistici. Si indaga anche il rapporto tra Stato e concessionari dei servizi.
Sfogliando il volume, organizzato in 7 capitoli – di cui uno dedicato alla crisi pandemica del 2019, proposta come termine ante e post quem della ricerca – si scopre così che, dal 1996 al 2023, i musei statali italiani hanno accolto in circa 450 plessi più di 1 miliardo di visitatori, di cui il 47% a pagamento, generando ricavi complessivi per circa 4,4 miliardi di euro (di cui 3,4 da biglietteria). Ma l’85% di questi risultati si concentra in 24 grandi attrattori, con i primi tre – Parco Archeologico del Colosseo, Gallerie degli Uffizi e Area archeologica di Pompei – a rappresentare oltre la metà del totale dei visitatori e dei ricavi (51,89%). La tendenza generale è comunque positiva, con una crescita nel tempo sia dei visitatori paganti sia dei ricavi da biglietteria (tenendo però conto dell’incremento medio annuo dei biglietti di ingresso, in particolare dal 2015 con l’autonomia dei grandi musei). Talvolta, ha influito su questo andamento l’acquisizione di autonomia gestionale e di bilancio introdotta dalla riforma Franceschini nel 2014 (significativa la crescita del MANN). E nel complesso, a livello nazionale, la crescita dei visitatori museali è generalmente superiore a quella dei flussi turistici.
Le criticità della gestione museale in Italia
Nota dolente sono i musei minori che registrano ricavi annui di biglietteria ben al di sotto della soglia di sostenibilità economica di una biglietteria fisica (la ricerca consiglia, in questo caso, di investire ulteriormente sul processo di smaterializzazione del servizio di biglietteria: correttivo già in atto grazie all’app Musei Italiani varata nel 2023 con i fondi del PNRR). La concentrazione delle migliori performance su pochi grandi attrattori (con l’ultima riforma però che impone loro di contribuire in percentuale maggiore al Fondo di solidarietà che autoalimenta il sistema museale), inoltre, influisce sulla distribuzione geografica dello sviluppo, che rimane limitato a poche regioni (in testa nettamente Toscana, Lazio e Campania): una criticità che richiede attenzione per garantire uno sviluppo più equo a livello nazionale. “Per sfruttare appieno il potenziale del patrimonio culturale, potrebbe essere indicato investire nella creazione di nuovi poli culturali in altre Regioni” suggerisce chi ha condotto la ricerca “così da migliorare la distribuzione dei flussi di visitatori e le performance complessive”.
Ma qualcosa stona anche nella gestione dei servizi aggiuntivi (audioguide, bookshop, caffetterie, ristoranti, prevendita, visite guidate): l’offerta, introdotta nel 1998, si è notevolmente ampliata nel tempo, accumulando fino al 2021 circa 200 milioni di clienti e generando oltre 960 milioni di euro di ricavi, con il servizio di bookshop e quello di prevendita a guidare le entrate. La gestione demandata prevalentemente a concessionari privati, però, limita la portata dei ricavi per lo Stato che introietta nelle sue casse solo le royalties corrisposte dai privati, in media il 13% degli incassi.
Nell’ambito dell’analisi dei servizi, la ristorazione museale è quella più fiaccata dal potenziale inespresso: su più di 400 plessi statali, sono solo 5 i ristoranti disponibili al pubblico. Questo, sottolinea la ricerca, per vincoli strutturali e burocratici connessi all’apertura di questa tipologia di servizio all’interno dei musei. Inoltre, “sembra opportuno sottolineare che l’auspicabile ampliamento dei servizi offerti dovrebbe essere accompagnato anche da un rafforzamento degli standard qualitativi di tali servizi”, si legge tra le conclusioni del volume. Come non essere d’accordo?

E l’Europa che fa?
L’obiettivo della ricerca è di lungo termine: si punta ad ampliare la qualità e la quantità di dati disponibili, con dati sugli impatti sociali, sull’utilizzo della tecnologia, sulla soddisfazione dei visitatori. Ma, soprattutto, a superare i confini nazionali con la proposta di un modello di raccolta e analisi dei dati che possa dare impulso alla creazione di un Osservatorio europeo delle performance museali. “Nel 2023 i musei campioni di visitatori in Europa sono stati il Louvre e il British Museum, seguiti dagli Uffizi. Ma i nostri dati ci dicono che, post Covid, gli Uffizi sono cresciuti più di tutti gli altri” spiega Tomaso Radaelli “Sarebbe bello poter fare paragoni tra musei europei più circostanziati, ma manca una banca dati europea. La Francia, per esempio, ha un database molto serio sui visitatori, che però non contempla i ricavi. Cercheremo di lanciare il nostro progetto, per non limitarci solo a ciò che succede in casa: l’Europa unita non dovrebbe avere banche dati uniformi e omogenee relative al settore culturale?”.
Livia Montagnoli
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