Saldi al Ministero o un Ministero in saldo? 

Le rettifiche del Ministero della Cultura alle discusse linee guida che regolano la riproduzione delle opere d’arte, più che un successo, sono una duplice sconfitta. Ecco perché

Di recente, il Ministero della Cultura ha pubblicato una rettifica alle Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura del Ministero della cultura. Per quanto di natura prevalentemente tecnica, la pubblicazione delle Linee Guida aveva fatto molto discutere, perché, nei fatti, imponeva a moltissime organizzazioni e riviste maggiori costi per riprodurre immagini delle opere d’arte custodite nei nostri musei.
Con la nuova formulazione, il Ministero mostra una tendenziale correzione della traiettoria, ma soprattutto una sensibilità ai gruppi di pressione, in primo luogo accademici. La riprova di questo tipo di atteggiamento è contenuta nella Sezione A.2.1 Rimborso per le riproduzioni, e più nel dettaglio al punto 4 dell’elenco che tale Sezione contiene, nel quale si specifica che sono gratuite: “le riproduzioni di beni culturali e il loro riuso per le riviste scientifiche e di Classe A di cui agli elenchi dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR)”.

Riproduzione delle opere d’arte: chi può e chi non può

Va altresì detto che, nel già citato elenco, si stabilisce altresì la gratuità per i volumi cui viene riconosciuto dall’ente concedente un carattere scientifico, o un contenuto divulgativo e didattico, o ancora alle pubblicazioni in giornali e in periodici nell’esercizio del diritto-dovere di cronaca
Ma il punto che forse merita una riflessione, non è tanto chi possa pubblicare, con quali scopi, fino a quante copie, e a quali condizioni. Il punto è piuttosto questo: il Ministero aveva voluto imprimere una direzione specifica sul tema della riproduzione delle immagini di opere d’arte che andava in netto contrasto con quanto visibile a livello internazionale.
Tale direzione, corretta o meno, giusta o meno, è stata fortemente criticata da quasi tutte le organizzazioni e le imprese la cui ordinaria amministrazione fa un largo utilizzo di queste riproduzioni. Dopo circa un anno, il risultato che si apprende è che le piccole case editrici, per intenderci, o le riviste che non collegate al mondo accademico, devono andare a dimostrare all’Ente la validità della propria pubblicazione, mentre le riviste accademiche sono del tutto libere da quest’onere.

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Sangiuliano all’incontro di Ferragosto con i direttori generali. Still da video

Le modifiche alle Linee Guida sono una vittoria o una sconfitta?

Mentre molti guarderanno a questo cambio di passo come ad un successo, le modifiche apportate alle Linee Guida possono essere interpretate, secondo questa logica, come una duplice sconfitta. La prima è che, chiaramente, le nuove linee guida suggeriscono dei trattamenti differenziati nei riguardi di soggetti che agiscono all’interno del medesimo settore. La seconda è che viene scalfito quel processo di semplificazione e di accrescimento delle entrate che il Ministero si augurava di perseguire attraverso le linee guida originarie.
Chi guarda al successo lo fa probabilmente perché l’estensione della gratuità riguarda molte più organizzazioni. E probabilmente ne fa parte. Ma dimentica che il reale dibattito non è tra chi può pubblicare o meno, il reale dibattito riguarda la completa e illimitata liberalizzazione delle immagini dei beni culturali. In questo senso, le nuove linee guida non hanno alcuna valenza strategica e politica. SI limitano ad accettare delle suggestioni provenienti da chi può far provenire le proprie pressioni all’interno del Ministero, con l’effetto netto di gambizzare le strategie originarie senza però modificare la direzione.
Se fino ad un anno fa si poteva parlare di due differenti approcci, entrambi validi nonostante la loro portata ideologica, oggi non è più possibile neanche questo. L’unica cosa che si può fare, oggi, è capire una debolezza del Ministero. Una debolezza che non è da attribuire al fatto che a fronte di un confronto con la comunità degli operatori il Ministero abbia deciso di aderire a delle loro istanze. Anzi. Questa sarebbe una grande vittoria. La debolezza è piuttosto nel fatto che il Ministero ha rinunciato alla volontà (del tutto illusoria) di far cassa con le immagini, ma non ha avuto la forza di cambiare rotta sulla liberalizzazione. Tutte le altre considerazioni sono prove di abilità aritmetica.

Stefano Monti

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Stefano Monti

Stefano Monti

Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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