I musei devono essere ambiziosi, ma non nostalgici. Il caso Musei Civici di Venezia 

Quale è la modalità migliore per combinare la realizzazione di politiche culturali efficaci? Mattia Agnetti, Segretario Organizzativo di Fondazione Musei Civici di Venezia, risponde ad Angela Vettese

Senza entrare nel merito di legittime e personali considerazioni, la pubblicazione su Artribune dell’articolo a firma di Angela Vettese Spazio pubblico, turismo di massa e università: il caso Venezia, per quanto mi riguarda offre la possibilità di condividere una breve riflessione su temi relativi alla governance delle istituzioni culturali, alla gestione del patrimonio culturale, scientifico, storico e artistico e riferirmi in particolare al sistema dei Musei Civici di Venezia. Sono temi attuali, dibattuti in diversi consessi e fora pubblici, organizzati tanto nel nostro paese quanto all’estero. Se ne fanno promotori associazioni di categoria, istituzioni nazionali e locali, sindacati che rappresentano i professionisti del settore. Anche nello specifico del mondo museale, in cui opero da diversi anni, il confronto tra operatori è costante. 


La questione delle politiche culturali a Venezia 

Una domanda accomuna spesso queste riflessioni. Quale è la modalità migliore per combinare la realizzazione di politiche culturali efficaci, rivolte ai cittadini, che abbiamo un impatto sociale costruttivo e di crescita, con modelli organizzativi caratterizzati da un’efficienza gestionale e un appropriato uso delle risorse pubbliche (e private)? Non esiste una soluzione unica, una modalità di operare comune a tutte le diverse realtà museali presenti in Italia. Siamo il paese degli oltre 4000 musei, localizzati lungo tutta la penisola, diversi per dimensione, ricchezza delle collezioni e tematicità delle stesse, titolarità istituzionale (Stato, Regioni, Province, Comuni, Università, ecc…), posizionamento, o meno, in città o territori ad alta attrattività turistica. Con regolare frequenza viene posto l’accento sulla carenza di risorse pubbliche e di personale per far operare al meglio gli istituti museali, viene evidenziata la modesta o superficiale attenzione che la politica dedica al nostro settore. Posizioni queste, in parte condivisibili, che tuttavia ancora troppo raramente si accompagnano ad un approfondimento rispetto a come le “poche risorse pubbliche disponibili” vengono impiegate, a come operare per generarne di nuove, a come tendere ad un efficientemento dei costi operativi e infine a come fare una programmazione per investimenti che guardi al medio lungo periodo. Il tutto, sempre ed unicamente, in chiave di sviluppo di un’offerta culturale di qualità, di un’attenzione al coinvolgimento dei cittadini e dei visitatori dei nostri musei. 

L’Italia dei 4000 musei 

Per entrare nel tema, compatibilmente con la necessaria brevità di questo articolo, credo possa essere interessante riferirsi alla realtà civica veneziana dove il Comune, nel 2008, decide di costituire una Fondazione e di non gestire più in forma diretta il patrimonio museale cittadino. Sostituire in sostanza un “Ufficio interno all’Amministrazione” con uno soggetto operativo esterno, fondato su un istituto giuridico riconosciuto dal Codice Civile. Inoltre, il Codice dei beni culturali e del paesaggio, all’articolo 115 offre la base affinché l’Amministrazione possa condurre una valutazione economico-finanziaria rispetto ad un’opzione tra gestione diretta o indiretta del patrimonio. Una scelta lungimirante che ha trovato nel tempo il consenso delle diverse amministrazioni succedutesi. Fondazione Musei Civici di Venezia inizia ad operare dal 2009 e si vede investita di oneri e responsabilità che le derivano, oltre che dalla normativa, anche da una convenzione trentennale stipulata con il Comune di Venezia che regola nei dettagli gli impegni relativi alla cura e tutela del patrimonio, alla sua ricerca, studio e conservazione, alla sua valorizzazione in chiave di coinvolgimento del territorio e promozione della città. I Musei sono infatti luoghi di incontro per i cittadini della città metropolitana ma anche ambasciatori della città nel mondo. 

Il caso Fondazione Musei Civici di Venezia 

La particolarità di questo sistema, che ne fa un caso unico nel panorama italiano, è la sostanziale indipendenza dall’utilizzo della finanza pubblica, la possibilità di operare con flessibilità per generare risorse proprie, prevalentemente ma non esclusivamente da bigliettazione, e permettere quindi ad una rete di ben 11 musei tra centro storico ed isole di essere aperti al pubblico nazionale ed internazionale, di proporre una diversificata offerta culturale tanto con le collezioni permanenti (dall’arte moderna di Cà Pesaro al settecento veneziano di Ca’ Rezzonico, dalle sale monumentali di Palazzo Ducale all’arte vetraria del Museo del Vetro fino allo splendido ambiente del Museo di Storia Naturale) che con i diversi progetti espositivi temporanei. È una sfida continua che il management di Fondazione affronta anche con riferimento alla natura dei costi per la gestione dei servizi e la manutenzione degli immobili, localizzati in un contesto fragile e sfidante come Venezia. Tutto sull’acqua costa di più: il trasporto e la movimentazione delle opere d’arte, la raccolta dei rifiuti, la creazione di un cantiere, ecc. Eppure, il sistema è efficiente, funziona e non grava sul cittadino veneziano che, anzi, può entrare gratuitamente tutti i giorni dell’anno. I Musei civici di Venezia, anche quelli fuori dell’area marciana, non languono bensì si evolvono, si migliorano continuamente nell’offerta dei servizi al pubblico tanto con i progetti scientifici quanto con le infrastrutture (caffetterie, wi-fi, aree accoglienza). I rapporti annuali di Fondazione, pubblicati sulle pagine della trasparenza amministrativa, forniscono i numeri di visitatori per ogni sede. Il lettore interessato può approfondire queste dinamiche. 

15 anni di Musei Civici a Venezia 

Le opere conservate ed esposte nei musei e nei depositi hanno secoli, la Fondazione dei Musei Civici di Venezia ha da poco compiuto 15 anni. In questi 15 anni il sistema Fondazione si è consolidato, rafforzato nel suo patrimonio, ha aperto a collaborazioni e partenariati con altre istituzioni e con attori del privato. Si appresta ora ad ampliare il suo raggio d’azione, su mandato dell’Amministrazione Comunale, intervenendo “fuori museo” a Mestre e nella terraferma veneziana, con nuovi progetti di investimento che prevedono il recupero e il riutilizzo di tre immobili per diverse finalità: produzione artistica nel centro di Mestre con la creazione di atelier d’artista e un caffè letterario presso l’ex emeroteca cittadina; un centro polivalente con funzione sociale e culturale presso l’ex centrale del latte Palaplip, splendido immobile razionalista degli anni 50; un nuovo accesso e una nuova area espositiva presso il Centro Culturale Candiani. Tutta questa progettualità all’interno dei Musei Civici e queste nuove sfide poggiano interamente sulle professionalità presenti in Fondazione. Credo che il giudizio espresso quanto “alla carenza di personale qualificato” sia gratuito e molto poco rispettoso della storia e del background accademico e professionale dei conservatori, storici dell’arte, tecnici, bibliotecari e personale dei servizi centrali che operano con tanta passione e dedizione. Insieme alle collezioni, questi sono l’altro grande pilastro dei Musei Civici. Ciascun museo ha un suo responsabile scientifico, un vero professionista che si fa carico della collezione e della formulazione di progetti espositivi, proprio come in tutti i musei civici italiani e proprio come in tutti i musei dello stato. Ora, sin qui ho parlato di una realtà, quella dei Musei Civici di Venezia, che pone attenzione in egual misura tanto alla produzione scientifica e culturale quanto alla gestione efficiente della cosa pubblica. Gestire con rigore e metodo il patrimonio museale e generare risorse, che non siano quelle di natura pubblica, contribuisce a liberare nuove potenzialità. È il principio del Project Cycling Management (PCM): valorizzo il patrimonio, genero nuove risorse, diversifico le fonti di entrata,  efficiento  la gestione dei costi con l’unica finalità di conservare il patrimonio stesso, di studiarlo, di scoprirlo e renderlo fruibile al pubblico. Le collezioni d’arte, le collezioni storiche, le collezioni scientifiche sono i nostri asset, sono il nostro valore. Le due azioni, conservarle e valorizzarle sono conseguenti l’una all’altra, proprio come nel PCM di matrice aziendale. 

La riforma dei Musei 

Credo che quest’approccio stia alla base di una sana ed efficiente gestione museale. Il sistema italiano si sta muovendo, seppur lentamente, in questa direzione. La riforma del 2014, le successive modifiche intervenute e la recentissima costituzione dei nuovi Musei autonomi sono la conferma di un’accresciuta consapevolezza tra i portatori di interesse. Continuiamo a parlarne, a confrontarci, a stimolare il dibattito pubblico su questi temi. In Fondazione abbiamo iniziato a farlo recentemente con l’avvio degli Incontri intorno al Management della Cultura (link al video), una piattaforma di confronto attivo e di riflessione sui temi legati alla gestione del patrimonio culturale nelle sue diverse declinazioni. Credo si debba fare con un approccio multidisciplinare, coinvolgendo le diverse professionalità che ruotano attorno al nostro mondo, senza pregiudizi. Ho ritenuto fosse interessante proporre questo nuovo “strumento tecnico”, dopo aver constatato quanto ancora oggi ci si fermi al ragionamento intorno all’articolo 9 della Costituzione, ovvero alla promozione e lo sviluppo della cultura, al favorire il più possibile l’accesso ai cittadini. Pilastro indiscutibile della nostra società. Credo tuttavia si debba andare oltre e pensare anche agli obblighi che derivano dall’art. 97 e che personalmente trovo altrettanto importanti: l’Italia si deve adeguare alla normativa dell’Unione Europea in materia di equilibrio dei bilanci pubblici. Deve organizzare ed adeguare gli Uffici pubblici (e quindi anche i Musei) affinché operino secondo una gestione efficiente. L’obiettivo dell’articolo 9 è il faro verso cui tendere ma ci si deve arrivare cercando di rendere il più efficiente possibile la gestione del nostro patrimonio. Ciò riguarda tutte le articolazioni istituzionali pubbliche chiamate a gestire il patrimonio culturale; dallo Stato, alle regioni, agli Enti locali. È una riflessione necessaria che chiama in causa tutti e che tutti dovremmo avere a cuore. Jacques Delors, che considero il più illuminato Presidente che la Commissione europea abbia mai avuto, una volta disse che “le plus grand danger pour l’Europe est le manque d’ambition et la nostalgie du passé“. Tutti noi, guardando al futuro dei nostri musei, dobbiamo essere positivamente ambiziosi e soprattutto non avere nostalgia del passato. A Venezia lo si fa oramai da qualche anno con risultati sotto gli occhi di tutti. 

Mattia Agnetti 

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Mattia Agnetti

Mattia Agnetti

Mattia Agnetti è responsabile della gestione finanziaria, organizzativa ed amministrativa di Fondazione Musei Civici di Venezia. Dal 2009 al 2012 è stato Presidente e Amministratore Delegato di SMINT – Servizi Museali Integrati srl, società strumentale della Fondazione per lo sviluppo commerciale…

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