Tiziana D’Acchille lascia l’Accademia di Belle Arti di Roma. Riflessioni e bilanci

Intervista a tutto campo alla D’Acchille, nel momento in cui si conclude l’esperienza di Direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Un lungo periodo di impegno e battaglie istituzionali per migliorare una delle più importanti istituzioni italiane destinate alla formazione artistica e culturale.

Ha concluso il suo secondo mandato al vertice dell’Accademia di Belle Arti di Roma, tra le cinque accademie storiche d’Italia, nata alla fine del Cinquecento con la denominazione “di San Luca” e subito modello per altre simili realtà europee sbocciate tra il XVII e XVIII secolo.
Tiziana D’Acchille, direttrice uscente, prima donna a ricevere l’incarico nella lunga storia dell’Istituzione, per sei anni ha avuto il suo ufficio nella monumentale sede di Piazza Ferro di Cavallo, in Via di Ripetta, a due passi da Piazza del Popolo. Anni difficili e appassionanti, col peso di una macchina complessa da gestire, con il flusso di iscrizioni in costante crescita e con la voglia di infondere un’accelerazione, di svecchiare, di modernizzare, nel nome di un dinamismo e di una internazionalità nuovi. Il passaggio in Accademia di centinaia di artisti, creativi, intellettuali, direttori di musei, tra masterclass, conferenze, lezioni, laboratori – arrivando a star come Peter Greenaway, William Kentridge, Mark Bradford, Orlan, solo per citarne alcuni – ha rappresentato in questi anni il segno di un reale fervore e di un prestigio guadagnato sul campo, in Italia e oltreconfine.
E proprio tra quelle aule di Via di Ripetta si è formata la D’Acchille, ottenendo il diploma accademico nel 1987, dopo aver frequentato maestri come Antonio Scordia, Guido Strazza, Maurizio Fagiolo dell’Arco. Poi una seconda laurea in Lettere, alla Sapienza (indirizzo in Storia dell’Arte Moderna), conseguita con Maurizio Calvesi. Da allora una bella carriera fatta di insegnamento, di pubblicazioni scientifiche, di studio e ricerca, sperimentando anche la direzione artistica di spazi espositivi (su tutti la Galleria Comunale di Ciampino, nei primi anni Zero) e coltivando il rapporto con gli artisti, tra visite agli studi, mostre, testi critici, frequentazioni quotidiane. Amando sempre la pittura, con uno slancio particolare.
L’avventura da Direttrice finisce oggi, con il massimo di due mandati consecutivi consentiti dalla legge, ed è occasione per raccontarsi e per parlare ancora di accademie: quanto è stato fatto, a Roma, e quanto c’è ancora da fare, in Italia.

Accademia di Belle Arti di Roma

Accademia di Belle Arti di Roma

Conclusi due mandati alla direzione dell’Accademia delle Belle Arti di Roma, per un tempo complessivo di sei anni, è il momento dei bilanci. Quale visione generale l’ha guidata, tenendo conto della storia di un’istituzione così importante, ma anche della sua evoluzione contemporanea?
Sembra paradossale, ma quello che mi ha guidata nella politica di rilancio contemporaneo dell’Accademia è stata la posizione di preminenza culturale che ha sempre avuto nel passato, fino al secondo dopoguerra. I professori dell’Accademia erano intellettuali e artisti la cui opinione era tenuta in massima considerazione, e partecipavano attivamente alle politiche culturali del paese.

Ad esempio?
Ettore Ferrari, uno dei direttori più influenti dell’Accademia dei primi del Novecento, è stato il principale protagonista con Ernesto Nathan del rilancio culturale e politico della città di Roma dopo il Risorgimento. Spero che questi anni siano serviti a far conoscere all’esterno quanto e come i docenti e gli studenti dell’Accademia siano in grado di rappresentare una parte fondamentale non solo dell’alta formazione artistica, ma del potenziale di crescita del Paese.

Nel concreto, cosa ha cercato di cambiare?
Mi è sembrato prioritario lavorare in direzione del recupero di una diversa percezione dell’Accademia, da parte del mondo esterno. Ho cercato, con l’aiuto di tutto il corpo docente, di mostrare l’Accademia come ciò che effettivamente è: un corpo vivo, attivo, con studenti motivati, intelligenti e in grado di partecipare a progetti di ricerca e di studio, anche di carattere interdisciplinare.

Inaugurazione anno accademico 2018-19 - Tiziana D’Acchille con (da sx) Gianluigi Colalucci. Capo restauratore della Cappella Sistina; Semyon Mikhailovsky, Direttore dell'accademia di Belle Arti di San Pietroburgo; Pierpaolo Piccioli, Direttore creativo Maison Valentino; ORLAN, artista - Ph. Doc AbaRoma

Inaugurazione anno accademico 2018-19 – Tiziana D’Acchille con (da sx) Gianluigi Colalucci. Capo restauratore della Cappella Sistina; Semyon Mikhailovsky, Direttore dell’accademia di Belle Arti di San Pietroburgo; Pierpaolo Piccioli, Direttore creativo Maison Valentino; ORLAN, artista – Ph. Doc AbaRoma

Entusiasmo, impegno e soddisfazione degli studenti innanzitutto, quindi.      Esattamente. È un aspetto che mi sembra sostanziale: le competenze trasversali che i ragazzi acquisiscono nel corso degli studi li mettono in condizione di raggiungere risultati straordinari, non solo nel campo delle arti visive, ma anche e soprattutto in quello della valorizzazione del patrimonio, della comunicazione e della didattica museale, della realizzazione e produzione degli audiovisivi, della cinematografia e dello spettacolo, della scenografia, del design della moda, del graphic design.

Dovendo fare una scelta tra i molti progetti portati a segno, di quali va più fiera?
In questi anni sono state innumerevoli le iniziative di successo che hanno coinvolto il corpo docente e studentesco dell’Accademia, a livello nazionale e internazionale: dalla progettazione e realizzazione di eventi artistici e convegni scientifici, alla partecipazione a iniziative ascrivibili alla cosiddetta “Terza Missione”, passando per la pubblicazione di saggi e cataloghi, fino al recente e prestigioso riconoscimento da parte della Commissione Europea dell’Accademia come una delle 17 EuropeanUniversities: quella di Roma è l’unica Accademia italiana selezionata, accanto a diversi atenei universitari. Un altro risultato che credo di poter rivendicare è stato l’aver rimesso al centro della vita della città l’Accademia: abbiamo organizzato centinaia di incontri con personalità della cultura e dell’arte, decine di masterclass spesso aperte al pubblico, mostre e workshop, trasformando le nostre aule in uno spazio vivace in cui la formazione è diventata occasione di partecipazione attiva agli eventi e ai dibattiti culturali.

Tiziana D'Acchille con l'artista statunitense Mark Bradford, per la sua masterclass in Accademia - 14/06/2017

Tiziana D’Acchille con l’artista statunitense Mark Bradford, per la sua masterclass in Accademia – 14/06/2017

C’è invece qualcosa che non è riuscita a portare a termine e che sarebbe importante perseguire?
Un aspetto che sicuramente deve essere potenziato è quello dell’attivazione di corsi di diploma accademico e master in lingua inglese, destinati a un’utenza internazionale che sempre più desidera accedere ai corsi accademici in Italia. Inoltre, mi dispiace non poter portare a termine un mio progetto che ritengo fondamentale: Gli Stati Generali della Formazione artistica universitaria a Roma, con la partecipazione di Rettori di Università e Direttori di Facoltà dell’Arte da tutto il mondo. Spero che i futuri vertici dell’Accademia tengano in considerazione questo progetto, che riporterebbe la giusta attenzione sul ruolo dell’Italia, anche in virtù della sua immensa tradizione culturale.

Parliamo dei rapporti dell’Accademia con altre realtà culturali romane, italiane e internazionali. Quali sono le partnership che ha voluto favorire in questi anni?Certamente quella con i principali musei romani, per lo svolgimento di eventi e attività di didattica: il Maxxi, il Macro, i Musei Capitolini, i Musei Vaticani, l’istituto Centrale per la Grafica, la Galleria Comunale d’Arte Moderna, la Galleria Nazionale, Il Museo Andersen, oltre a molte gallerie private che hanno ospitato workshop e progetti specifici. Fondamentale è stata inoltre la firma di convenzioni quadro con la Sapienza, con l’Università di Tor Vergata e numerosi altri Istituti Internazionali, in ultimo l’Accademia dei Virtuosi al Pantheon con cui condividiamo, insieme alla Sapienza Università di Roma e i Musei Vaticani, un ambizioso progetto di studio per le celebrazioni del cinquecentenario della morte di Raffaello Sanzio, nel 2020.
Le convenzioni con Associazioni e Istituti privati per lo svolgimento di tirocini formativi sono talmente numerose che non sarei in grado di elencarle. La Convenzione con i Carabinieri del Corpo forestale dello Stato, siglata prima dell’estate, prevede la realizzazione di progetti mirati alla valorizzazione del paesaggio.

IIlya ed Emilia Kabakov, The Ship of Tolerance - Accademia di Belle Arti di Roma - 25 maggio 2017 ph. @ Doc AbaRoma

IIlya ed Emilia Kabakov, The Ship of Tolerance – Accademia di Belle Arti di Roma – 25 maggio 2017 ph. @ Doc AbaRoma

Restiamo invece su Roma, che notoriamente non vive un momento facile. Come vede la situazione delle politiche giovanili e culturali? Che segnali sta dando l’amministrazione?
Roma è una città in evidente difficoltà, come del resto è in difficoltà tutto il Paese, con tutta l’amministrazione pubblica in generale. Le politiche giovanili e culturali a Roma possono prosperare solo a fronte di grandi e ambiziosi progetti artistici. È un errore pensare che l’apertura ai ‘giovani’, intesi come categoria a parte, possa risolvere o ravvivare una situazione problematica.

Perché?
I “giovani” in arte, così come “le donne”, non esistono. Esistono gli artisti. E Roma di artisti ne ha avuti e ne ha moltissimi. Basta guardarsi intorno, girare per gli studi, restituire ossigeno agli artisti veri. Programmare grandi mostre, forti, dall’indubbio valore scientifico. Non è difficile.

Rispetto a ieri le accademie italiane vantano molti corsi nuovi, tra moda, design, comunicazione, visual cultures: programmi pensati per preparare gli studenti alle professioni creative emergenti. Ci si riesce davvero? Il mercato del lavoro attinge da questo bacino? Gli studenti riescono a conquistare un bagaglio specifico – anche rispetto alle università – spendibile professionalmente?
Certamente. Io però sono molto contraria alla preparazione per “le professioni creative emergenti”. Credo al valore autonomo della ricerca e dello studio universitario. Nei nuovi corsi di studio accademici non si perde di vista la solida formazione di base, che distingue l’Accademia dai percorsi delle scuole professionali, che hanno invece obiettivi formativi strettamente collegati al mondo del lavoro.

Tiziana D'Acchille con Vittorio Storaro e Peter Greenaway

Tiziana D’Acchille con Vittorio Storaro e Peter Greenaway

Una questione spinosa è quella relativa alla famosa Riforma incompiuta e all’equiparazione totale con il sistema Universitario. Il diploma accademico è equipollente ma non pienamente allineato con la laurea. Mancano ad esempio gli assegni di ricerca e il comparto resta quello AFAM (Alta Formazione Artistica e Musicale), condiviso con i Conservatori. In che direzione bisogna lavorare?
Il problema di una Riforma incompiuta è interno al sistema dell’Alta Formazione. Se una Riforma non è stata compiuta in venti anni non è solo responsabilità dei diversi Ministri, ma anche del sistema dell’Alta Formazione che per l’appunto mette insieme realtà profondamente diverse tra loro.

Cosa suggerirebbe al neo Ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, in virtù della sua lunga esperienza di docente e direttrice?
Sarebbe necessario riscrivere totalmente la Riforma, conferendo finalmente piena dignità universitaria alle Istituzioni accademiche, agli studenti e ai docenti. È un dovere morale che un Paese come l’Italia ha nei confronti del proprio sistema formativo. È un dovere morale, perché l’Italia non può e non deve sfigurare al confronto con le altre realtà internazionali.

Finisce il suo secondo mandato e l’Accademia attende, fra qualche turbolenza, che si definisca il nuovo corso, dalla direzione alla presidenza. Un augurio e qualche dritta a chi verrà dopo di lei?
Ai nuovi vertici dell’Accademia auguro di realizzare progetti importanti e di riuscire a raggiungere quello che ormai è un traguardo all’orizzonte: la trasformazione dell’Accademia di Belle Arti di Roma in Università dell’Arte.

E lei, invece, che farà domani? In questi anni le è mancato insegnare? Tornerà dai ragazzi?
L’insegnamento mi è mancato, sì. Ma mi è mancato soprattutto il tempo per lo studio. Sono felice di tornare tra gli studenti.

– Giulia Ronchi

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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