Siena. Nella nuova Giunta – per la prima volta non di sinistra – non c’è l’assessore alla cultura

Siena città ex rossa, come dice Matteo Salvini. Dopo settant’anni c’è la prima amministrazione non di sinistra. Viene nominata la Giunta, siamo subito andati a vedere chi era l’assessore alla cultura per comprendere quali linee guida avrebbe attuato l’amministrazione, ma non l’abbiamo trovato.

“Ormai si fa dopo il Palio”. A Siena l’affermazione inizia a rimbalzare come un mantra quando si avvicina la fine di giugno (per il Palio del 2 luglio) o i primissimi di Agosto (per il Palio dell’Assunta). È quella coazione a procrastinare ogni decisione importante perché tutti i pensieri sono concentrati su faccende ben più incombenti. Così ha fatto il nuovo sindaco di Siena che, “dopo il Palio”, ha annunciato la sua Giunta. Perché ce ne occupiamo e non ci occupiamo invece delle mille altre giunte delle mille altre città e cittadine che sono andate ad elezioni lo scorso mese? Lo facciamo sia per il blasone che rappresenta la città toscana, sia per il peso specifico culturale che la contraddistingue a dispetto della sua scarsa rilevanza in termini di popolazione (e purtroppo ultimamente anche di economia), sia per la centralità che rappresenta per un certo tipo di turismo culturale di qualità, nel cuore di un comprensorio turistico (Val d’Orcia, Crete, Colline Metallifere, Chianti, Pienza, San Gimignano, Montalcino e potremmo continuare mezz’ora) unico nel suo genere.

LA GIUNTA

Lo facciamo, poi, per squisitissimi motivi politici: a Siena un gruppo di potere amministrava da qualcosa come settant’anni e un nuovo gruppo di potere è riuscito a scalzarlo. Quelli di prima erano riusciti a creare una città modello, un’oasi di civiltà e sviluppo economico, la specie di piccola Oxford italiana degli anni Novanta, anni nei quali esplose (Palazzo delle Papesse e non solo) anche la inedita Siena fulcro della cultura contemporanea. E poi, però, sempre loro, distrussero tutto. Quelli di ora, dunque, sull’onda del salvinismo inarrestabile, vogliono ricostruire e dunque si pongono come il nuovo. Anzi come si dice ora come “il cambiamento”. E di per se la questione, che fa riferimento all’indispensabile pratica dell’alternanza, è anche positiva e sana. Dunque com’è questo cambiamento? In che direzione spinge se guardiamo alle politiche culturali? Proprio per rispondere a queste domande siamo andati a sbirciare la nuova Giunta senese di Luigi De Mossi.

L’IMMAGINE DI SIENA

Siena ha necessità di ricostruire la propria identità dopo anni difficoltosi e può farlo solo posizionandosi, collocandosi a livello culturale. Deve combattere, con la cultura, un turismo di rapina mettendosi a sistema con il suo strabiliante hinterland e riempiendo la città di contenuti che disincentivino chi pretende di visitarla in poche ore. Deve dare una direzione ai suoi spazi espositivi, alcuni con potenzialità notevoli come il Santa Maria della Scala. Deve sfruttare l’allure del Palio per limare verso l’alto un immaginario culturale incerto, costantemente tirato per la giacchetta a causa di scarsa lucidità diffusa (si guardi l’altalenante qualità degli artisti a cui viene chiesto due volte l’anno di realizzare il drappellone del Palio). Deve entrare in sintonia con i privati e le aziende d’eccellenza che la circondano trovando la capacità di raccontarsi come cuore di un distretto agroalimentare (vino, e non solo) unico al mondo. Deve prendere il meglio delle proprie università che nonostante tutto restano ai vertici delle graduatorie nazionali. Cosa è tutto questo se non politica culturale?

L’ASSESSORATO ALLA CULTURA

Insomma il nuovo assessore alla cultura del Comune di Siena ha parecchio da fare, ha compiti gravosi e ha una prospettiva avvincente sulle ali di quel cambiamento che dicevamo.  Una figura che deve essere una priorità per una amministrazione davvero nuova considerando anche le performance non eccellenti del recente passato. Un commento sul suo nome è giornalisticamente allettante da fare ed ecco perché appena saputo della nomina della giunta abbiamo cercato più e più volte il nominato per poterne parlare, magari per poterlo intervistare. L’assessore alla cultura, tuttavia… non c’è. Come talvolta accade e non dovrebbe accadere (vedasi Firenze, dove l’assessore c’è solo di fatto, ma ufficialmente non è mai stato nominato essendo le deleghe nelle mani di Dario Nardella), il Sindaco si è banalmente tenuto per se l’assessorato. Non ha assegnato le deleghe. O non ha trovato una persona all’altezza delle sue ambizioni o ha semplicemente confessato di non avere ambizioni. In entrambi i casi la notizia non è particolarmente positiva e non rende un grande servizio alla retorica del cambiamento. Non bisogna dimenticare, infatti, che in alcuni casi il cambiamento, pur agendo su situazioni complesse, può essere perfino in peggio…

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Redazione

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