Riforma fiscale: le novità per il mercato dell’arte

La riforma del sistema tributario potrebbe avere dei risvolti degni di nota anche per il mercato dell’arte. A partire dalle aliquote e dalla possibilità di considerare la compravendita delle opere come un’attività non solo alla portata di pochi. E se siete interessati alle dinamiche del mercato dell’arte, iscrivetevi alla nostra newsletter Incanti

Come ampiamente riportato dalle principali riviste nazionali, nelle scorse settimane il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge delega di riforma del sistema tributario. Un evento che può rappresentare, tendenzialmente, un’importante opportunità anche per lo sviluppo del mercato culturale, grazie alle potenziali modifiche che tale Disegno di Legge introduce nel nostro ordinamento in materia d’arte.
Malgrado il rapporto tra fisco e arte sia spesso visto con poco interesse da un certo mondo della cultura, appassionati e collezionisti, in realtà, conoscono bene gli impatti che questo settore genera sull’arte, e hanno piena contezza dei meccanismi burocratico-tributari collegati all’acquisizione o alla cessione delle opere d’arte. Soprattutto, conoscono bene le potenziali minacce che possono emergere allorquando, per una serie di interpretazioni non sempre univoche, quei meccanismi burocratico-tributari costringono i collezionisti al pagamento di maggiori tasse rispetto a quanto era lecito attendersi, o li costringono ad attendere interpretazioni che potrebbero sancire la legittimità o l’illegittimità di una cessione,  ben consapevoli che, in assenza di criteri certi,  è impossibile definire, in anticipo, ed entro un dato intervallo di confidenza, quale possa essere l’interpretazione, potendo quest’ultima variare sulla base del singolo caso.
Con l’approvazione del disegno di legge delega, è lecito attendersi l’introduzione, nel nostro ordinamento, di importanti novità per quanto riguarda la tassazione delle opere d’arte.
Tale disegno di legge delega contiene, infatti, significative modifiche della disciplina del mercato dell’arte sia sotto il profilo delle imposte sui redditi sia per quanto concerne l’IVA.
In primo luogo  l’introduzione di una disciplina delle plusvalenze conseguite, al di fuori dell’esercizio d’impresa, da collezionisti di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione nonché di opere dell’ingegno di carattere creativo appartenenti alle arti figurative, con esclusione dei casi in cui è assente l’intento speculativo, come, ad esempio, nel caso di plusvalenze relative ai beni acquisiti per successione o donazione, o a seguito di permuta con altri oggetti oppure opere, o quando il corrispettivo sia reinvestito entro un congruo lasso temporale in altri beni rientranti nella stessa disciplina.

“La fissazione di parametri e l’introduzione di regole certe da parte del legislatore comporterebbe il superamento dell’attuale situazione di indeterminatezza e favorirebbe senza dubbio lo sviluppo del mercato dell’arte

MERCATO DELL’ARTE E ALIQUOTE

La relazione illustrativa al disegno di legge delega precisa che resta ferma la possibilità per l’amministrazione finanziaria di contestare la simulazione delle donazioni di detti oggetti e opere a familiari qualora, entro un ristretto lasso temporale, questi ultimi li cedano a terzi. La relazione afferma, altresì, che dovrà essere introdotta una disciplina transitoria per le operazioni di cessione realizzate negli anni ancora accertabili.
Pur non essendo ancora noti i criteri cui sarà improntata la tassazione delle plusvalenze, l’intervento del legislatore può essere salutato con favore, in quanto potrebbe dare certezze a un settore che, come già anticipato, è oggi privo di regole definite e soggetto all’aleatorietà delle differenti interpretazioni del fisco e della giurisprudenza.
Com’è noto, infatti, per la compravendita di opere d’arte si suole oggi distinguere tra le figure del mercante d’arte, che opera professionalmente per trarre profitto dalle operazioni di acquisto e vendita sul mercato, e quella del collezionista, che compra e vende opere d’arte per soddisfare il proprio interesse ad ampliare e modificare la collezione. Solo il primo è soggetto a tassazione dei redditi realizzati e agli adempimenti IVA. Tuttavia, accade nella pratica che, ricorrendo talune circostanze, al collezionista venga contestato dal fisco lo svolgimento di un’attività commerciale occasionale, cioè non abituale, tassabile ai fini IRPEF in quanto produttiva di redditi diversi.
Ora, la fissazione di parametri e l’introduzione di regole certe da parte del legislatore comporterebbe il superamento dell’attuale situazione di indeterminatezza e favorirebbe senza dubbio lo sviluppo del mercato dell’arte. Novità significative si profilano anche sul fronte IVA.
Il disegno di legge delega di riforma del sistema tributario, infatti, prevede espressamente che, in recepimento della Direttiva UE 542 del 2022, venga ridotta l’aliquota IVA sull’importazione delle opere d’arte, e che l’aliquota ridotta venga estesa anche alle cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato e da collezione.
Per la prima volta le cessioni di oggetti d’arte, da collezione e d’antiquariato vengono incluse nell’elenco delle operazioni che possono fruire di aliquote ridotte, di cui all’allegato III della Direttiva IVA 2006/112, come modificato dalla Direttiva 542 del 2022. Spetta ora a ciascuno Stato decidere quali beni e servizi – fino a un massimo di 24 categorie ‒ potranno adottare un’aliquota ridotta tra le 29 categorie indicate dalla norma comunitaria. La Direttiva 542 del 2022 entrerà in vigore il 1° gennaio 2025 e dovrà essere recepita dagli Stati entro il 31 dicembre 2024.

I BENEFICI DELL’ALIQUOTA RIDOTTA

Si tratta di un’opportunità per ridurre l’aliquota IVA su tutta la filiera dell’arte. Oggi, infatti, l’aliquota ridotta – nella misura del 10% ‒ si applica unicamente alle importazioni di opere d’arte e alle cessioni effettuate dall’autore o da suoi eredi o legatari, mentre negli altri casi le compravendite di opere d’arte sono soggette all’aliquota ordinaria del 22%.
Il recepimento della Direttiva del 2022 potrebbe quindi consentire di abbassare ulteriormente la tassazione delle importazioni portandola al 5% e soprattutto estendere l’aliquota ridotta alle cessioni interne delle opere d’arte. La Direttiva stabilisce, peraltro, che i soggetti passivi IVA-rivenditori hanno il diritto di optare per l’applicazione del regime del margine alle seguenti operazioni:
cessione di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato che hanno essi stessi importato;
cessione di oggetti d’arte che sono stati loro ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto;
cessione di oggetti d’arte che sono stati loro ceduti da un soggetto passivo diverso da un soggetto passivo-rivenditore
a condizione che non sia stata applicata un’aliquota ridotta agli oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato ceduti al soggetto passivo-rivenditore o importati da quest’ultimo.
Si tratta, quindi, di modifiche che, come detto, potrebbero avere una significativa e positiva influenza per il nostro mercato dell’arte, attualmente disciplinato secondo un impianto tributario che esprime elementi ideologici di non poco conto. È infatti ideologica la visione secondo la quale un privato che detiene una collezione di opere d’arte (e che quindi ha sufficienti risorse per poter tenere viva e accrescere tale collezione) sia soggetto a una tassazione di favore allorquando ceda un’opera della propria collezione, rispetto al privato che, non disponendo, magari, delle medesime risorse, cerca di identificare artisti emergenti, acquistando le proprie opere a un prezzo basso, per poi rivenderle, a un prezzo maggiorato, nel caso in cui l’artista abbia acquisito successo, per poi acquistare, con quelle nuove risorse, altre opere d’arte.
Non si tratta, tuttavia, di semplici meccanismi-aliquote che condizionano esclusivamente le compravendite legate alle opere: l’introduzione di regole certe può sortire, infatti, potenziali impatti positivi sull’intero mondo culturale.

“Si tratta di comprendere che l’arte è un settore economico che agisce sia sulle dimensioni di crescita economica, sia sullo sviluppo della cittadinanza e del territorio

GLI EFFETTI DEL MERCATO DELL’ARTE SUL SISTEMA CULTURALE

Nei Paesi in cui il mercato dell’arte è più florido, si assiste a una maggiore attenzione all’arte in tutte le sue forme, anche complice il maggior dinamismo dettato da una maggiore presenza di artisti che riescono a conquistare fama a livello internazionale, favoriti da un sistema-mercato ben sviluppato. Partendo da questo assunto, quindi, adottare modifiche che, concretamente, stimolino il mercato dell’arte potrebbe favorire il fermento artistico del nostro Paese, e, di conseguenza, favorire anche l’espressione di una serie di servizi collegati al mondo dell’arte, con il conseguente incremento di occupati nel settore e con l’incremento del volume d’affari, con il potenziale ingresso di nuovi player all’interno del mercato, che stimolerebbero quindi la domanda d’arte nel nostro Paese, superando l’interpretazione diffusa secondo la quale la creazione di una collezione di opere d’arte è un lusso cui soltanto le classi sociali più agiate possono accedere. Ignorando che, ad esempio, le quotazioni per opere di artisti emergenti o esordienti possono talvolta essere inferiori ai prezzi di uno smartphone.
Sottolineare questi elementi è importante, soprattutto perché la legge delega di riforma è soltanto una delle fasi dell’intero iter. La parola ora passa al legislatore italiano, che dovrà fare le scelte opportune nei termini indicati dalla legge delega e dalla Direttiva europea.
Ma le implicazioni positive per il mercato dell’arte sono soltanto una delle dimensioni che si ritiene meritino attenzione. L’altra, di natura tecnica, è la dimensione della disciplina transitoria, che, se non gestita in modo adeguato, rischia di congelare il mercato fino alla ratifica delle nuove condizioni. Elemento che può sembrare tecnico, ma che in realtà si può spiegare in modo molto semplice: se una persona sa che a breve partiranno i saldi per i negozi, e vede un vestito un po’ caro per le sue disponibilità, preferisce attendere l’arrivo dei saldi così da vedere se il capo avrà o meno un ribasso.
Allo stesso modo, se il mercato si attende che a breve (nel giro di due anni) le transazioni legate alle opere d’arte potranno essere disciplinate attraverso una fiscalità di maggior favore rispetto alle condizioni attuali, potrà decidere di attendere, incidendo negativamente sulle già non brillanti performance del mercato italiano.
Infine, un ultimo elemento che si ritiene meriti una particolare attenzione è la necessità di sviluppare una fiscalità legata all’arte che presenti un carattere di coerenza tributaria, e che rifletta una concreta comprensione del mercato. In particolare, che tale nuova fiscalità venga sviluppata tenendo in considerazione che regolare il mercato dell’arte ha degli impatti molto estesi su tutta una serie di filiere produttive, e che integrare i potenziali impatti con altre azioni che potranno essere adottate per stimolare tali filiere potrebbe creare degli effetti molto interessanti.
Perché non si tratta di risparmiare il 5 o il 10% su una transazione (anche se in alcuni casi conta, eccome se conta). Si tratta di comprendere che l’arte, e più in generale l’insieme di quei mercati che siamo ormai abituati a definire come il cluster delle industrie culturali e creative, è un settore economico che agisce, contemporaneamente, sia sulle dimensioni di crescita economica, sia, e qui c’è tanto su cui ragionare, sullo sviluppo della cittadinanza e del territorio.

Stefano Monti e Federico Solfaroli Camillocci 

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Stefano Monti

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Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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