Un calcio agli stereotipi. L’arte contemporanea nel pallone

Cafoni, burini, ignoranti, superficiali, alieni a qualsiasi forma d’arte che vada oltre i tatuaggi con cui molti di loro si ricoprono da capo a piedi; affascinati da un mercato del lusso che contribuiscono ad alimentare spendendo e spandendo in orologi e auto sportive, gioielli spesso sobri come quelli dei più disinvolti rapper americani. Le dichiarazioni del dopogara e le gesta extra-sportive che rimbalzano qua e là sulle pagine dei rotocalchi non mancano di rinforzare l’immagine peggiore del calciatore, etichettato come personaggio estraneo alle più limpide forme di sensibilità. La realtà è però ben più articolata…

Strettissima la liaison, il più delle volte vissuta in un modo tanto riservato da sfiorare la pudicizia, tra il mondo del pallone e quello dell’arte contemporanea: perché se è vero che i campioni guadagnano cifre esorbitanti, è altrettanto vero che non le spendono tutte in frivolezze. Anzi. Non manca chi in arte investe, e con oculatezza. Il caso forse più noto riguarda l’ormai ex centrale del Milan Alessandro Costacurta, indirizzato al mondo del collezionismo dallo storico dirigente rossonero Ariedo Braida (tra le sue passioni: Alighiero Boetti, Grazia Toderi, Wim Delvoye), assiduo frequentatore al pari del presidente onorario dell’Inter Massimo Moratti della galleria di Renato Cardi. Dove Costacurta si è avvicinato alla Transavanguardia, acquistando i primi pezzi di De Maria, Paladino, Chia; arrivando poi a mettere in carnet Peter Wuthrich e Greg Colson, David LaChapelle e Tom Sax, Julian Schnabel e anche le icone Andy Warhol e Gino De Dominicis. Alcuni trattenuti, altri rivenduti, nel rispetto di una visione da accorto investitore.
La lista degli assi del pallone, di ieri e di oggi, è lunga: partendo dalla punta romanista Marco Borriello (tra i suoi acquisti, Domenico Bianchi) e arrivando all’ex centrocampista francese Olivier Dacourt (Arman); passando per il direttore generale del Torino Antonio Comi, che condivide la passione del presidente granata Urbano Cairo e annovera nella propria collezione più opere di Salvo. Per uno che è stato ritratto da David LaChapelle, era inevitabile finire per essere anche collezionista: vale non meno di 40 milioni di sterline la serie di capolavori messi insieme nel corso degli anni da David Beckham. Che possiede opere di Tracey Emin e Sam Taylor-Wood, dell’immancabile Banksy e dei terribili Jake e Dinos Chapman e può permettersi di commissionare a Damien Hirst un lavoro per la cameretta della figlia Harper.

Billy Costacurta

Billy Costacurta

Ai tempi della militanza come commissario tecnico dell’Inghilterra, la stampa britannica stimò la sua collezione attorno ai dieci milioni di sterline: anche Fabio Capello è un amante del contemporaneo, gli si attribuiscono opere di Chagall e Kandinsky, Mondrian e Klee, oltre a diversi pezzi dell’amico Pizzi Cannella e a un Giacomo Balla comprato, si dice, al tempo del passaggio alla Juventus. La passione per l’arte trova posto anche in panchina, e don Fabio non fa certo eccezione: in una vecchia intervista rilasciata a Il Foglio,Cesare Prandelli confessava che da ragazzo avrebbe voluto frequentare il liceo artistico e diventare architetto, immaginando un giorno di mettere alle pareti di casa uno dei maestri della Transavanguardia. All’epoca bazzicava per i campi di provincia, oggi che allena la nazionale – e che appare ogni anno ad Arte Fiera – non è da escludere abbia coronato il sogno.
Non manca chi con l’arte si è scottato. Come un altro milanista doc, Franco Baresi, coinvolto in un’inchiesta per truffa ai danni di un gallerista torinese; come l’ex juventino e romanista Jonathan Zebina, uscito scornato dal tentativo di trasformare la sua passione di collezionista (Ben Vautier, Mimmo Rotella e Arman, tra gli altri) in attività di gallerista; come un’altra vecchia gloria bianconera, Roberto Bettega, raggirato da un sedicente mercante bolognese che gli rifilò uno Chagall poi rivelatosi rubato; come Lorenzo Sanz, il presidente che riportò il Real Madrid sul tetto d’Europa dopo trent’anni di digiuno e finì sotto inchiesta con l’accusa di aver provato a esportare illecitamente opere d’arte milionarie. Il rischio di finire in fuorigioco, anche quando si parla d’arte, è sempre piuttosto elevato.

Francesco Sala

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #19

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