La Cina e i falsi. Il caso Jibaozhai
In Cina questa estate è stato chiuso un museo d'arte dopo aver scoperto che la maggior parte della sua collezione - 40mila opere - era composta da falsi. Siamo a Jizhou, a 150 miglia da Beijing, in una piccola realtà privata aperta nel 2010 durante il boom museale cinese, lo Jibaozhai Museum.
L’industria dei falsi in Cina risponde alla necessità di riempire i numerosi musei sorti in questi ultimi anni. Si stima infatti che ogni museo abbia almeno un paio di esemplari falsi nella propria collezione, spesso senza saperlo. Il proprietario e il curatore dello Jibaozhai Museum sono ora sotto investigazione. Un visitatore molto accorto ha notato un’incisione in caratteri cinesi semplificati su un oggetto risalente a più di 5.000 anni fa, mentre questo alfabeto è stato introdotto solamente dal 1950. Ma non solo: un vaso datato alla Dinastia Qing era decorato con i personaggi dei cartoni animati, tra cui un calamaro sorridente.
Questo è l’ultimo – ed eclatante – episodio di una lunga serie. Nella maggior parte dei casi, la produzione dei falsi ha talmente affinato la propria tecnica che è quasi impossibile riconoscerli, se non con analisi di laboratorio. A partire dal boom economico, i nuovi ricchi cinesi hanno iniziato a guardare alle antichità come veicolo di investimento di massa e le aziende di falsi hanno lucrato in abbondanza per soddisfare la crescente domanda e la scarsa offerta.
Le collezioni museali sono il risultato più evidente di un fenomeno che colpisce anche il collezionismo internazionale di oggetti cinesi. L’anno scorso il Governo ha annunciato di voler creare un database in cui verranno registrate le opere d’arte, per combattere i tre tipi di falsi che stanno danneggiando l’integrità del mercato artistico locale: le opere false, le false aste e le false vendite. Al momento, gli ignari compratori di opere false non sono tutelati dalla legge cinesi e – fatto ancor più grave – le case d’asta sono esentate dal garantire l’autenticità di un’opera.
Martina Gambillara
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #15
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