La riproduzione di beni culturali a scopo di lucro è soggetta ad autorizzazione. Questo precetto, pacifico (per lo meno per quanto riguarda le opere conservate nei musei) ma ad oggi ancora troppo poco ottemperato, è stato recentemente ribadito dal Tribunale di Firenze, al termine di un procedimento cautelare promosso dal Ministero dei Beni Culturali nei confronti di un’agenzia di viaggio che riproduceva il David di Michelangelo e altre opere custodite dalla Galleria dell’Accademia per promuovere i propri servizi, senza il consenso dell’autorità (né il pagamento di alcun corrispettivo).
L’ORDINANZA DEL TRIBUNALE
Il Codice dei Beni Culturali riserva infatti espressamente all’autorità che ha in consegna il bene culturale il diritto di consentirne o meno la riproduzione a scopo di lucro e di subordinarla al pagamento di un canone (cfr. art. 108). Senza autorizzazione, come nel caso in esame della Corte, la riproduzione è illecita e un tale uso dell’immagine del bene “è suscettibile di svilirne la forza attrattiva”. Con ordinanza del 26 ottobre 2017, il Tribunale ha quindi inibito all’agenzia (rimasta contumace nel giudizio) la riproduzione del David e delle altre opere, ordinando la distruzione di tutto il materiale con l’effige dei beni culturali.
LA NASCITA DI UN “PRECEDENTE”
L’ordinanza, che ha avuto molta eco sulla stampa ed è stata favorevolmente accolta dalle istituzioni, in primis il ministro Dario Franceschini, costituisce un’interessante precedente in quanto rappresenta una delle prime pronunce sul tema della illiceità della riproduzione non autorizzata dei beni culturali a fini commerciali, e denota la crescente attenzione per la valorizzazione dei beni culturali, un importante (forse il più importante) patrimonio del nostro paese.
– Gilberto Cavagna di Gualdana