Imprese crea(t)tive, valori condivisi

Il calo, ormai fisiologico e non più patologico, delle risorse pubbliche per la cultura sta comportando una naturale predisposizione alla ricerca di soluzioni alternative. Dove cercare i soldi, in altre parole. La domanda è assillante, le risposte tardano ad arrivare…

Il tema del fundraising culturale da affrontare a tutto tondo – corporate, private, people, friends raising – potrebbe essere un primo passo per rispondere alla crisi. Uscire dal guscio significa fare un esame di coscienza e uno sforzo di consapevolezza notevoli. Per quanto le tecniche e la leva fiscale aiutino questo processo, l’esperienza insegna che risultati efficaci si perseguono evitando il rischio del group think (presente anche nelle imprese culturali) e cercando là dove non si vedono (apparenti) assonanze.
Spesso poi si dimentica che, per trovare, prima di cercare è necessaria un’azione – poco “azione”, a dire il vero –, l’ascolto. Quanto le imprese culturali ascoltano i clienti, i finanziatori, i cittadini, le donne, i giovani? L’ascolto implica silenzio, pazienza, umiltà. Ascoltare a volte significa rischiare di sentire cose poco piacevoli sul proprio conto, rinunciare al diritto di replica, dare spazio a chi la pensa diversamente. D’altronde, è un esercizio irrinunciabile quando si è in cerca di risorse.
Anche su questa parola non bisogna equivocare: le risorse non sono solo quelle finanziarie che il settore culturale ha finora conosciuto. Risorsa è un consigliere di amministrazione adeguato che non scalda la poltrona, è una relazione personale del direttore con un imprenditore, è la scelta fra più musei di mettere a sistema il ruolo di un bravo conservatore, è un volontario esperto di multimedialità o di mediazione culturale, è uno staff motivato e coeso. Quando queste risorse si concretizzano insieme, si assiste a un mezzo miracolo. Sembra che lo abbiano capito perfino gli aziendalisti, tant’è che la “responsabilità sociale d’impresa” sta cedendo il passo al “creating share value”. Non sappiamo ancora se si tratta di un “trendsetter” ma ce lo auguriamo, così che possa innescare meccanismi di imitazione positiva.
Le imprese culturali, nel frattempo, possono ascoltare e per una volta fare qualcosa di diverso: mettersi al timone di un trend che aiuterebbe prima di tutto loro stesse. In fondo “creatività”, come sosteneva il matematico Poincaré, “è unire elementi esistenti con connessioni nuove che siano utili”.

Irene Sanesi

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #22

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Irene Sanesi

Irene Sanesi

Dottore commercialista e revisore legale. Socio fondatore e partner di BBS-pro Ballerini Sanesi professionisti associati e di BBS-Lombard con sedi a Prato e Milano. Opera in particolare nell’ambito dell’economia gestione e fiscalità del Terzo Settore con particolare riferimento alla cultura,…

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