Didattica e digitale. I laboratori online del PAC di Milano

Tra le migliori proposte laboratoriali online ci sono i Family Lab del PAC di Milano. Ne abbiamo parlato con Marta Ferina, responsabile per le attività didattiche della sede milanese.

Il nostro focus sulla didattica museale stavolta è ambientato al PAC di Milano, dove Marta Ferina ha “reinventato” il format laboratorio in versione digitale per effetto del lockdown.

Qual è la tua formazione e da quanto tempo curi le attività didattiche per il PAC? 
Ormai posso dire che la mia esperienza al PAC è maggiorenne: sono passati 18 anni dalla mostra di Duane Hanson nel 2002 per la quale abbiamo iniziato in modo strutturato e costante a proporre attività didattiche per grandi e piccini al PAC.
Mi sono diplomata in scultura all’Accademia di Brera, con una tesi dal titolo Giocando s’impara… l’arte (avevo già le idee chiare su quello che avrei voluto fare da grande). Sempre a Brera ho frequentato un master in organizzazione e comunicazione delle arti visite grazie al quale ho iniziato a capire concretamente e da vicino come funziona la didattica museale. La formazione accademica è sicuramente importante, però sono le esperienze lavorative a formarti veramente e, una volta individuato l’ambito di interesse, più sono differenziate più ricca risulta la formazione. Io ne ho fatte diverse iniziando molto giovane con l’educazione ambientale, passando per il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci come operatore musale ed esplorando anche l’ambito televisivo dove ho lavorato alla nascita di Disney Channel, esperienza che mi è tornata utile proprio per lo sviluppo dei laboratori digitali.

E poi?
Negli anni poi, oltre al PAC, ho collaborato alla progettazione e realizzazione di attività didattiche per molti musei e istituzioni sia pubbliche che private, tra le quali il museo MAGA di Gallarate, la GAM di Milano, lo Spazio Oberdan, il Museo del Novecento, la Fondazione Pini di Milano e altre. Ogni nuova esperienza mi ha arricchito: trovo sempre stimolante l’incontro con pubblici, collezioni, musei e metodi educativi diversi. Dico sempre che, nonostante siano più di vent’anni che faccio questo mestiere, mi considero in formazione perenne!

Visita guidata + workshop di scultura in occasione della mostra di Anna Maria Maiolino “O amor se faz revolucionário”, PAC 2019. Photo Photo Alessandra Vinci

Visita guidata + workshop di scultura in occasione della mostra di Anna Maria Maiolino “O amor se faz revolucionário”, PAC 2019. Photo Photo Alessandra Vinci

Qual è il metodo didattico che ha guidato le tue proposte fino a oggi? 
Ho sempre adottato un approccio relazionale, nella conduzione così come nella progettazione delle attività, vicino alla “ricerca-azione” nella quale i soggetti coinvolti nel processo formativo sono attori nella creazione del processo stesso. Ad esempio la progettualità indirizzata alle scuole viene condivisa il più possibile con le insegnanti, in modo da integrarla al programma di studio o ai percorsi e alle esperienze che stanno conducendo in ogni singola classe.
Per quanto riguarda il metodo di conduzione delle attività in generale, quindi anche quelle per le famiglie o per gli adulti, iniziano sempre con una visita guidata alla mostra che diventa occasione di confronto e dibattito nel quale spesso si parte facendo domande ai visitatori. L’opera d’arte viene “usata” come strumento educativo e stimolo di riflessione su differenti tematiche, dal microcosmo al macrocosmo, dall’individuo singolo alla collettività. In questo l’arte contemporanea aiuta molto: le sue molteplici letture trasversali, gli input provenienti dall’opera e lo sguardo dell’artista sulla realtà funzionano come una miccia per innescare il pensiero sottostante alle diverse proposte didattiche.
Questo bagaglio di riflessioni e stimoli diventa il materiale da “plasmare” successivamente nelle differenti proposte pratiche laboratoriali.

Come sei riuscita a riadattarti a questa nuova fase, per tutti obbligatoriamente digitale?
L’approccio rimane a grandi linee anche nelle proposte digitali, che il PAC ha attivato in risposta alla chiusura con l’emergenza sanitaria. Si parte sempre dall’opera degli artisti per strutturare un laboratorio. La differenza è che il pubblico ‒ in questo caso le famiglie ‒ non è fisicamente presente, quindi viene meno la componente relazionale che modula solitamente il laboratorio sulle reazioni dei partecipanti. In ogni caso la proposta che viene fatta è sempre molto aperta, non chiedo mai un risultato univoco ai partecipanti, propongo invece una pratica e provo a stimolare anche la libera interpretazione della stessa.

Quali proposte hai ideato per i piccoli appassionati di arte contemporanea a casa?
Si parte dal confronto tra due artisti, uno dei quali più conosciuto dal grande pubblico, mentre l’altro è un artista che ha esposto in passato al PAC, e si procede con un confronto per affinità elettive, tecniche utilizzate, passioni comuni, biografia, etc.
Qualche esempio: Pablo Picasso e Romuald Hazoumè per il riutilizzo creativo dei materiali, Kazuo Shiraga e Jackson Pollock per l’uso dell’energia del corpo nella produzione delle opere, Armando Testa e Eva Marisaldi per l’uso della tecnica dello stop-motion, Henri Matisse e Cesare Viel per via dell’omaggio che Viel fa proprio a Matisse in una sua opera, e molti altri. Una volta analizzate alcune opere dei due artisti, propongo un laboratorio che prende spunto dall’opera di entrambi. La spiegazione è pensata per coinvolgere in modo divertente: con l’aiuto della post produzione vengono infatti inseriti grafiche animate, suoni, frammenti di film d’animazione, con l’obbiettivo di rendere piacevole anche la parte di spiegazione didattica.

Come riesci a realizzare tecnicamente il tutto? 
Visto il particolare periodo storico, è nato necessariamente tutto tra le mura domestiche: la parete che si vede è quella del mio salotto, e chi ha seguito il laboratorio dedicato a Mondrian e Jeff Wall ha visto anche qualche altra stanza della mia casa! Tutti i laboratori digitali sono pensati con materiali che le famiglie possono reperire facilmente in casa, e fornisco sempre possibili alternative.
Per mostrare le opere uso i cataloghi, anche per fare familiarizzare i ragazzi con questo strumento. Per quelli che non avevo a portata di mano, nel periodo del lockdown mi sono inventata il catalogo magico (ma non dico di più e vi lascio con la curiosità di andare a vedere!). Per le riprese ho chiesto aiuto a mio figlio Pablo, che compare anche in alcuni video come esperto d’arte, e dell’editing si occupa il team digital del PAC a cui invio il girato. Anche da remoto siamo una super squadra!

Come vedi il futuro prossimo e come immagini il nuovo corso della didattica dell’arte museale?
Difficile da prevedere in questo momento. Penso che la didattica in presenza ricomincerà molto lentamente perché per sua natura prevede un’esperienza di condivisione dal vivo. Sicuramente al PAC proseguiremo a sviluppare la didattica con l’ausilio del digitale, che ci permette di portare avanti l’attività sia in tempi di pandemia, sia tra una mostra e l’altra nei momenti di chiusura del Padiglione. Con la didattica digitale, inoltre, possiamo coinvolgere un numero più elevato di utenti. Ovviamente una cosa non può escludere l’altra! Per quanto riguarda invece più in generale il nuovo corso della didattica, che sicuramente riprenderà in museo, sono sicura che rinascerà potenziata e integrata da tutte queste nuove esperienze digitali a cui i vari dipartimenti educativi si sono avvicinati per necessità. Questo momento di chiusura forzata si è dimostrato alla fine un’opportunità per realizzare un progetto di cui parlavamo da tempo e che aspettava solo il momento giusto per nascere.

Annalisa Trasatti

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Annalisa Trasatti

Annalisa Trasatti

Sono laureata in Beni culturali con indirizzo storico artistico presso l'Università di Macerata con una tesi sul Panorama della didattica museale marchigiana. Scrivo di educazione museale e didattica dell'arte dal 2002. Dopo numerose esperienze di tirocinio presso i principali dipartimenti…

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