La lama di Procopio

Informazioni Evento

Luogo
NUOVO SPAZIO ESPOSITIVO DI CASSO
Erto e Casso, Casso, Italia
Date
Dal al

solo su prenotazione

Vernissage
05/08/2017

ore 18

Contatti
Email: info@agiverona.org
Sito web: http://www.agiverona.org
Artisti
Pratchaya Phinthong, Gianni Caravaggio, Corinna Gosmaro, Eugenia Vanni, Davide Mancini Zanchi, Renato Leotta, Alexandre Singh, Jiří Kovanda, Ivan Moudov, Etienne Chambaud, Cristian Chironi, Franklin Evans
Curatori
Gianluca D’Incà Levis, Giovanna Repetto
Generi
arte contemporanea, collettiva
Loading…

Mostra collettiva al Nuovo Spazio di Casso, Dolomiti Contemporanee con Collezione AGI Verona.

Comunicato stampa

La lama di Procopio
una mostra di Dolomiti Contemporanee con Collezione AGI Verona
5 agosto – 1 ottobre 2017
Nuovo Spazio di Casso, Casso (Pn)
a cura di Gianluca D'Incà Levis e Giovanna Repetto

Opening sabato 5 agosto, ore 18:00

Artisti: Gundam Air, Stuart Arends, James Beckett, Gianni Caravaggio, Etienne Chambaud, Cristian Chironi, Ode de Kort, Marcelline Delbecq, Franklin Evans, Corinna Gosmaro, Jirì Kovanda, Maria Laet, Renato Leotta, Davide Mancini Zanchi, Ivan Moudov, Pratchaya Phinthong, Michael Sailstorfer e Heinert Jürgen, Alexandre Singh, Marko Tadić, Eugenia Vanni, Christian Manuel Zanon.

--

La lama di Procopio è una mostra collettiva d’arte contemporanea, che si realizza grazie alla collaborazione tra Dolomiti Contemporanee e la Collezione AGI Verona di Anna e Giorgio Fasol, e che vede esposti i lavori di ventidue giovani artisti internazionali.
Essi giungono nel nido d’aquila di Casso, nel cuore del Vajont, in uno spazio espositivo che sta di fronte al Monte Toc e alla Tragedia del Vajont, per contrastarne l’insopportabile egemonia predatoria. Questa è la visione di DC a Casso, condivisa dal collezionista. Questo è ciò che occorre capire per salire sin qui, a portare l’arte in un contesto tanto critico, in un progetto tanto sperimentale.
Le opere entrano in relazione con lo spazio e il tempo di questo luogo quasisospeso in una contrazione mutile della storia, e contribuiscono a rigenerare il paesaggio umano, culturale, storico del Vajont. Una buona mostra non è sempre eguale a se stessa: la specificità ed il carico del contesto sono determinanti.
Portar qui l’arte è un’impresa, la relazione tra l’arte e le problematicità umane è un indicatore della qualità e della profondità della ricerca, che non si esaurisce nell’equilibrio degli allestimenti.
O forse sì, sempre. Ma non è semplicemente lo spazio di mostra quello in cui ci si muove in questo caso: allestire a Casso è allestire, sempre, il senso dello spazio in un paesaggio della criticità.
L’arte è una pratica culturale responsabile, la voce dell’uomo che scava, perché c’è. Per decorar le stanze, bastava il tappezziere contemporaneo.
La collaborazione con la Collezione AGI Verona è importante in questo senso. Si manifesta in tal modo la volontà congiunta del collezionista e dei curatori di Dolomiti Contemporanee di generare un moto intellettuale sensibile, affrontando le complessità dello spazio e del senso. E questo dovrebbe essere il mandato primo dell’arte. Le opere escono dai circuiti abituali, talvolta sclerotizzanti, per salire alla montagna, e affrontare le sue pareti, le sue durezze, i suoi crinali, le sue frane. Per concepire nuove immagini e paesaggi, per rinnovare le terre dell’uomo, che stan dentro alle loro menti e nel cuore.

Concept

per dire come si fa una mostra, qui
tocca mettere la fisiologia avanti al lavoro
il lavoro è per le bestie, e per i loro sindacalisti
fare l’arte invece è immaginare altri mondi e spazi, naturalmente
le facoltà intellettive e i guizzi dell'anima
non controllano semplicemente le funzioni biologiche (la peggiore delle quali è l’ambizione predatoria: professionale)
le camere di una fisiologia critica rapace – mai porta al mero inghiottimento
si schiudono queste bocche, e tirano dentro il sapore, insieme all’aria che scorre
e in fondo naturalmente, si tratta, più che altro e come sempre, di fare uno spazio, e non una mostra
dove in fondo è espressione di principio
una mostra dev'essere un soggetto, di senso, sensuale: ecco lo spazio
che nulla ha in comune con le pratiche consuete dell'arredo estetico
c’è poi da aggiungere
che le cose le fanno gli uomini
non ci sono categorie, ma uomini
collezionista, curatore
e invece gli uomini, che schiudono le bocche, le bocche stanno dentro alla mente, e in faccia al viso, anche, naturalmente
gli aprocti perfino sono dotati di apparato, la cui funzione è certo digestiva, ma prima, diciamo, percettiva, in senso lato
in tal modo la cibazione è una funzione evoluta: cerebrale, spirituale
di contatto
ma questa mostra espone una selezione di opere provenienti dalla collezione agi
ma questo rapporto è sorto davvero quando alcuni uomini hanno fatto qualcosa insieme
anna giorgio giovanna gianluca
quel gelato insieme, a longarone

una calda giornata di fine giugno, lo scorso giugno
non è calda a borca, da dove partiamo all'alba, mentre si sveglia fresco il bosco, chini i pini, gonfi di rugiada, restituiscono placidi urti umidi
e partiamo
alle otto a verona, diecietrenta a casso, i primi discorsi già fluidi, le bocche aperte le menti, mentre si accelara a nord, le prime schiettezze di quelli che non debbono e cercano, l'abitacolo intriso, colano i primi cristalli e si va
diecietrenta entriamo nel vajont, s'inalbera ancora il vascello incastonato, la camera accesa tra i due spazimmoti di muro: ogniqualvolta si tendono i rami, l'onagro da contrassedio che snuda la veste glabra del toc non ci separa ma apre: il vuoto connettivo
basta un'ora qui, in questo spaziopaesaggio all'estremo dispiegato nel silenzio vasto
basta un’ora, e quindi alle dodici siamo già pieni e scesi e seduti, seduti per finta e invece tutti mossi in ogni senso, le fisiologie cerebrali a premere
seduti da perin, a longarone, e lecchiamo un gelato
attorno al tavolinetto rotondo, a sorbire e sentire e capire dove siamo, ammiccare ridere sentire, a leccare accuratamente questo pasto freddo nel paese ritagliato
poi un altro gelato
e quasi subito via rampando ancora veloci in su
leccando via le tracce zuccherine dalle labbra, dentro alla testa desta: il coltello di procopio.
ancora veloci in su, al monte ricco, a vedere il forte baluginante di fuocoapaesaggio
e ancora via, nel bosco magico di borca dov’è cucita questa natura d'artificio
tre blocchi di carne metallo armati in poche leghe volate
ma già a pieve avevamo trovato e deciso
trovato noi stessi in contatto, e deciso cosa fare
in realtà, l’aggrappo era scaturito prima, deciso: attorno a quel tavolinetto lì
fare questa mostra a casso insieme tra uomini
animati dalla passione
le labbra dolci attaccaticce
aperte in un sorriso aperto
sul gelato
che dunque non è un mero ozio
ma un metodo della contrazione e della distensione dello spazio nel rapporto fiduciario degli uomini che attraversano l’aria leccandola, e le cose, vedendole, e cercano e si toccano, volendo espandere di quelle cose il significato: ecco l’arte: ecco questa mostra
sgorgata
il porzioniere dello spazio
è la selezione –accurata – delle dolcezze dell’immaginazione passionale
tutta la vaschetta
gli agi nel cono
un’eudaimonia critica
e la libertà scientifica di andare, dove si deve, dove il paesaggio è carico, dove non si deve fare una mostra, ma esser presenti a sé e ancora alle cose

che non vi è ricerca alcuna senza pulsione
l’attivazione di un processo fisiologico è liberazione d’impulso
circondati come siamo, e nelle segrete
le segrete di quell’arte che non è oziosa, ma infida e chiusa
che isola gli oggetti nelle vasche della deprivazione sensoriale
dal fondo delle quali risulta impossibile la lappata umanistica
e invece
un gelato motore generatore
una tecnica di ricezione e trasmissione dello stimolo dello spazio
il recettore qualitativo: buono il gelato
lecca per raddolcire l'aria, filtra l'aria giocandola nel contrasto coi sali, per il cambio di stato e la respirazione percettiva, come a spalancar le branchie dell'encefalo e slanciare il talamo per le papille.