Jeff Koons In Florence

Informazioni Evento

Luogo
PALAZZO VECCHIO
Piazza Della Signoria , Firenze, Italia
Date
Dal al

Fino al 30 settembre
Tutti i giorni escluso il giovedì: 9-23
giovedì: 9-14
Da ottobre fino a fine mostra
Tutti i giorni escluso il giovedì: 9-19
giovedì: 9-14

Vernissage
25/09/2015

ore 11.30 su invito

Biglietti

Per la sala dei Gigli integrato al prezzo del biglietto di Palazzo Vecchio

Patrocini

Promossa dal Comune di Firenze
In collaborazione con Biennale Internazionale di Antiquariato di Firenze

Organizzazione Associazione Mus.e

Con il contributo di Camera di Commercio, Moretti Fine Art, David Zwirner

Artisti
Jeff Koons
Curatori
Sergio Risaliti
Uffici stampa
OPERA LABORATORI FIORENTINI
Generi
arte contemporanea, personale
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Jeff Koons In Florence è la mostra più attesa dell’anno: un confronto tra la provocante bellezza delle opere del geniale artista americano e i capolavori senza tempo di Donatello (1386-1466) e Michelangelo (1475-1564).

Comunicato stampa

Firenze, 25 settembre 2015, per la prima volta, dopo circa cinquecento anni dalla messa in posa dell’Ercole e Caco di Baccio Bandinelli (1493-1560), una scultura originale di grandi dimensioni sarà collocata sull’arengario di Palazzo Vecchio. Si tratta di Pluto and Proserpina di Jeff Koons (1955), un'opera monumentale alta più di tre metri. Un evento eccezionale che inaugura il progetto In Florence, un programma ambizioso e innovativo che vede i protagonisti dell’arte del nostro tempo confrontarsi con gli spazi e le opere del Rinascimento fiorentino.

Jeff Koons In Florence è la mostra più attesa dell’anno: un confronto tra la provocante bellezza delle opere del geniale artista americano e i capolavori senza tempo di Donatello (1386-1466) e Michelangelo (1475-1564). I luoghi eletti del "dialogo” saranno la Sala dei Gigli in Palazzo Vecchio e Piazza della Signoria. La mostra, organizzata da Associazione Mus.e e a cura di Sergio Risaliti, è realizzata grazie alle relazioni e al generoso contributo di Fabrizio Moretti, nuovo mecenate per l’arte contemporanea e per Firenze, già noto a livello internazionale come mercante d’arte antica.

A Palazzo Vecchio sarà esposta Gazing Ball (Barberini Faun), opera realizzata nel 2013 appartenente alla serie denominata dall’artista Gazing Ball, calchi in gesso di celebri sculture del periodo greco-romano cui l’artista ha aggiunto, in posizione di precario equilibrio, una sfera di colore azzurro brillante e dalla superficie specchiante. Un raffinato e attraente gesto concettuale per ribaltare e deviare lo sguardo dello spettatore dall’ammirazione dell’opera classica, quale immagine memorabile di pura perfezione, alla totalità dello spazio ambientale, in cui si riconoscono anche gli osservatori e i vari elementi che caratterizzano il contesto espositivo. Un lavoro che insiste sulla seduzione del calco in gesso, così puro, leggero, impalpabile, e la magia disorientante della sfera azzurra con la sua superficie riflettente come uno specchio.
L’antico Fauno Barberini ( “Uno fauno a sedere più grande del naturale quale sta dormendo e tiene un braccio in testa”, Archivio Barberini, Roma, 1632) è una scultura di età imperiale - ispirata probabilmente a un opera in bronzo di epoca tardo-ellenistica. Rinvenuto a Roma nei fossati di Castel Sant’Angelo intorno al 1624, il marmo entrò nella collezione del Cardinale Francesco Barberini nel 1628, per poi arrivare in Germania agli inizi dell’Ottocento, dove è conservato presso la Gliptoteca di Monaco. Alcuni restauri della scultura furono eseguiti, già all’epoca del rinvenimento, dalla bottega di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) o da lui medesimo.
Koons spiega in questi termini il senso del suo lavoro: “Ho pensato a Gazing Ball guardando per molti anni sfere di questo genere. Ho voluto affermare la perentorietà e la generosità della superficie specchiante e la gioia che scatenano sfere come queste. La serie Gazing Ball si basa sulla trascendenza. La consapevolezza della propria mortalità è un pensiero astratto, e a partire da questa scoperta uno inizia ad avere coscienza maggiore del mondo esterno, della propria famiglia, della comunità, può instaurare un dialogo più vasto con l'umanità al di là del presente”.
La sfera deve essere letta come simbolo o archetipo della perfezione del cosmo, dell’Uno, dell’infinito e dell’eterno - come nel Timeo di Platone -, ma tale idealità è contraddetta dalla posizione arrischiata in cui l’oggetto sferico si trova, posto com'è sulla coscia sinistra del giovane Fauno, nonché dalla superficie che riflette il transeunte, il molteplice, il mondo della vita.
Gazing Ball prende il nome dalle sfere specchianti, scoperte tante volte da Koons nella casa d'infanzia in Pennsylvania: ammalianti, incantevoli oggetti ornamentali prodotti per la prima volta a Venezia nel tredicesimo secolo, divenuti poi famosi nel diciannovesimo secolo durante il regno di Ludovico II di Baviera che li usava per decorare i giardini dei suoi palazzi, quindi arrivati in Pennsylvania attraverso gli Europei. Il potere incantatorio di questi oggetti risiede nel fatto che a chi guarda ad essi viene concessa la possibilità di vedere dietro le proprie spalle e fino agli angoli più lontani, con effetto panottico e anamorfico, assorbendo all’interno della stessa superficie il proprio riflesso e ogni altro elemento intorno al proprio corpo. Forme affascinanti, magiche, piacevoli anche per la loro leggerezza (si tratta di sfere di vetro soffiato) e per la loro associazione con il gioco infantile. Data la loro estrema fragilità sono anche associate all'effimera durata della vita umana – così come le bolle di sapone cui spesse volte vengono associate. Ecco perché la sfera, simbolo di perfezione, spesse volte è associata al tema della malinconia, stato d'animo provocato dal confronto dell'animo umano con l'incommensurabile. Come afferma Koons: "La serie denominata Gazing Ball ha alla base lo “sguardo del filosofo” che giunge alla trascendenza attraverso i sensi per poi dirigere la nostra visione verso l’eternità tramite la pura forma e l’idea”.
La scelta di installare il Fauno nella Sala dei Gigli, fastoso ambiente, decorato con pregevoli affreschi di Domenico Ghirlandaio (1449-1494), e una finta tappezzeria impreziosita dalla presenza di gigli d'oro -emblema angioino in campo azzurro- nasce dalla volontà di creare un dialogo tra il linguaggio rinascimentale e quello contemporaneo. La sala ospita anche l’originale in bronzo della Giuditta e Oloferne (1457 circa) di Donatello, una delle sculture più fascinose e significative del Quattrocento italiano. Di fronte al capolavoro donatelliano - Giuditta implacabile punitrice di Oloferne, intorpidito dalla bellezza virginale della giovane eroina, poi fiaccato dal vino, infine decapitato - il Fauno Barberini -nella versione rivisitata di Koons- si presenterà al pubblico ancora nella sua provocante posa, esempio di una bellezza non volgare, sebbene spinta al limite dell’osceno. La plateale esibizione del nudo, con i genitali in bella mostra, la posa sensuale, indice di una potenza sessuale selvaggia sembrerà provocare la stessa Giuditta, punitrice degli eccessi libidinosi, della perdizione sessuale, come simboleggiano i baccanali scolpiti a bassorilievo nel basamento. La sfera specchiante e di colore azzurro entrerà, altresì, in rapporto con l'effige in bronzo, e poi con il contesto decorativo della sala, con le sue dominanti cromatiche e il prezioso soffitto ligneo. Contrasti esaltati dall'operazione eseguita da Koons che affronta il quotidiano e l'eterno, la bellezza classica e l'estetica di massa, la sfera del mito e quella della mondanità, l'infanzia e la storia, Eros e Thanatos, mentre l'ambivalenza tra equilibrio e instabilità, originale e copia, oggetto artistico e merce, invita a riflettere anche sul rapporto tra immaginazione e serialità, tra metafisica e basso materialismo, tra stupore e mistificazione. Infine quello tra immagini classiche e simulacri post-moderni.

Altre relazioni, altri significati emergeranno in Piazza della Signoria dove, a poca distanza dalla copia in marmo del David di Michelangelo, sarà esposta una delle più celebri sculture di Jeff Koons, Pluto and Proserpina (2010-2013), un’opera monumentale, alta più di tre metri, in acciaio inox, lucidata a specchio e con una cromatura in color oro. Le due figure di Plutone e Proserpina, avvinghiate in un abbraccio drammatico e sensuale, scintilleranno alla luce del giorno e, illuminate durante la notte, strideranno in contrasto con le sculture in marmo e bronzo della piazza. Abbagliante presenza, l’opera di Koons, catturerà lo sguardo dei cittadini e dei turisti, unico originale tra le copie del David e della Giuditta sull’arengario. La superficie specchiante dell'opera di Koons funzionerà in modo da assorbire, catturare e liquefare tutto lo spazio circostante, con effetti di splendore abbacinante e di virtuosistica defigurazione. Le stesse forme del dio dell'Averno, quelle della sua futura sposa - Persefone per i greci- sembreranno liquefarsi in una materia fluida, quasi gelatinosa, fortemente sensuale, al limite della dissoluzione figurativa, con il risultato di disperdere i connotati iconografici, quindi il presupposto mitologico dell’immagine, assieme all’originale morfologia barocca di cui l’opera di Koons è in qualche modo una libera riproduzione. In effetti, Pluto and Proserpina di Koons s’ispira a una celebre opera di Gian Lorenzo Bernini, il Ratto di Proserpina (225 cm, base 109 cm), commissionata all’artista dal Cardinale Scipione Caffarelli Borghese ed eseguita tra il 1621 e il 1622, quando Bernini aveva di poco superato i vent’anni. Nei documenti dell'epoca il gruppo viene descritto in questi termini: “Una Proserpina di marmo che un Plutone la porta via alto palmi 12 in circa et un can trifauce con piedistallo di marmo con alcuni versi di faccia”. Alla base della scultura era stato apposto, infatti, un testo poetico dedicato all’opera del Bernini, adattamento di un distico composto dal cardinale Maffeo Barberini, poi papa Urbano VIII, impressionato dalla bellezza del marmo. Nei Dodici distichi per una Galleria, illustra, con epigrammi e brevi descrizioni, dodici quadri di una galleria immaginaria si legge: "Quisquis humi pronus flores legis, inspice saevi / me Ditis ad domum rapi". Per questo il punto di vista privilegiato deve essere considerato quello frontale, visto che qui si trovava l’iscrizione di Maffeo Barberini. Guardando la scultura di Bernini, scopriamo, infatti, che Plutone ha già lasciato cadere a terra il suo scettro bidentato per agguantare con vigore la giovane che innalza la mano destra al cielo con un gesto di lamento, supplicando aiuto e rimarcando a questo modo con virtuoso effetto quell’ “inspice me” al centro dei versi.
Per meglio comprendere il soggetto, dobbiamo rileggere le Metamorfosi di Ovidio, laddove viene descritto il momento in cui il dio degli inferi aggredisce la figlia di Cerere, intenta a raccogliere fiori in un boschetto nei pressi di un lago. La dea "si stava divertendo a cogliere viole e candidi gigli, ne riempiva con fanciullesco zelo dei cestelli e i lembi della veste, gareggiando con le compagne a chi più ne coglieva, quando in un lampo Plutone la vide, se ne invaghì e la rapì: tanto precipitosa fu quella passione. Atterrita la dea invocava con voce accorata la madre e le compagne, ma più la madre; e poiché aveva strappato il lembo inferiore della veste, questa s'allentò e i fiori raccolti caddero a terra: tanto era il candore di quella giovane, che nel suo cuore di vergine anche la perdita dei fiori le causò dolore". La mitica vicenda, secondo gli studiosi, si ricollega all’alternarsi delle stagioni: al freddo e al gelo dell'inverno, alla rinascita primaverile. Plutone, infatti, nella tradizione letteraria viene spesse volte descritto come immagine del Sole. Nel trattato Imagini di Vincenzo Cartari (1531ca.- post 1571), ad esempio, testo indispensabile per l'iconografia rinascimentale, si trova scritto: “[…] fu finto che Plutone, intendendo per lui il Sole, la rapì, e portossela in inferno, perche il calore del Sole nodrisce, e conserva sotto terra tutto il tempo dell'inverno il seminato grano". Secondo Varrone, citato da Sant’Agostino, il nome Proserpina verrebbe addirittura da proserpere, che simboleggia lo “sgusciare fuori” del seme dalla terra. Nel marmo di Bernini, Proserpina, bella come la Venere di Prassitele, sta lottando invano per la sua verginità. Grida, spalancando la bocca, invoca la madre e le compagne. Nello sguardo di lei si leggono: vergogna per la sua nudità offesa, paura nei confronti della furia erotica di Plutone e commovente disperazione, perché tra pochissimo la ragazza conoscerà l'oscurità dell'Ade. I versi di Ovidio spiegano inoltre la presenza di mazzi di fiori freschi aggiunti, da Jeff Koons, con precisione filologica, alla sua nuova scultura in acciaio inox, che, a differenza di Bernini, ad esempio, omette la figura del cane Cerbero. Opera monumentale, ricordiamolo, Pluto and Proserpina verrà esposta dal 25 settembre sull’arengario di Palazzo Vecchio a poca distanza dalla copia del David, simbolo universale del rinascimento fiorentino, tanto quanto la Primavera del Botticelli agli Uffizi.
In tale posizione, si esplicita una diversa e più sottile relazione tra Pluto and Proserpina di Koons e il contesto espositivo di Piazza Signoria, con la sua sfilata di mirabili sculture. Il senso dell'arte, della bellezza e dell'amore come continua rinascita, come sublimazione del dolore e come superamento della morte (anche della morte dell'arte). Infatti, nel mito di “Plutone e Proserpina” la potenza ctonia di eros che può essere seminatrice di morte e di violenza - sia spirituale sia materiale - è contraddetta dalla forza generatrice della bellezza e dell'amore, dalla funzione vitale e solare dell'unione di maschile e femminile, così come di storia e immaginazione. La speciale collocazione di Pluto and Proserpina di Koons è stata pensata anche per esaltare la peculiare somiglianza di quest'opera con il Ratto delle Sabine del Giambologna (1529-1608) - posto sotto la Loggia dei Lanzi- e con il Genio della Vittoria del Buonarroti -conservato nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, massimi esempi di una soluzione spiraliforme del movimento nei corpi; suggerendoci inoltre che Bernini deve molto all’arte del cinquecento nella sua prodigiosa invenzione del Ratto di Proserpina. Secondo la critica, Gian Lorenzo Bernini, avrebbe, infatti, prima studiato l'Ercole e Anteo del Giambologna, per poi prendere spunto dall'opera del toscano Pietro da Barga (documentato da 1574 al 1588), autore di un bronzo di stesso soggetto -oggi conservato al Museo Nazionale del Bargello- forse ispirato ad un brano di Plinio, che nella Naturalis Historia, (XXXIV, 69) descrive un gruppo bronzeo di mano di Prassitele, avente a oggetto proprio il “Raptus Proserpinae”, così come ad un bronzo di Vincenzo de' Rossi (1525-1587), fuso nel 1565 circa.

Ecco dunque che l'esposizione Jeff Koons In Florence si presenta come un gioioso e raffinato gioco di citazioni e di rinvii, di contrasti e di confronti tra antico e contemporaneo, dove la superficie scintillante nasconde il senso oscuro e magico della creazione in funzione anche apotropaica.

La mostra, visibile dal 26 settembre al 28 dicembre 2015, nasce da una proposta di Fabrizio Moretti ed è curata da Sergio Risaliti. Promossa dal Comune di Firenze, è organizzata da Mus.e con il contributo della Camera di Commercio, della Galleria Moretti e da David Zwirner con la collaborazione della Biennale Internazionale di Antiquariato di Firenze.

Fabrizio Moretti
introduces

Jeff Koons
In Florence

a project by Sergio Risaliti

Promoted by the Comune di Firenze
In collaboration with Biennale Internazionale di Antiquariato di Firenze

Organized by Associazione Mus.e

With the contribution of Camera di Commercio, Moretti Fine Art, David Zwirner

Florence, 25th of September, 2015: for the first time, in nearly five centuries after the Hercules and Cacchus by Baccio Bandinelli (1493-1560) was put into place, an original sculpture of remarkable dimensions will be placed in front of Palazzo Vecchio. It is Pluto and Proserpina by Jeff Koons (1955), a monumental work measuring over 3 meters. An extraordinary event inaugurating the project In Florence, an ambitious and innovative plan providing for a meeting between the artistic protagonists of our time and Florentine Renaissance spaces and works.

Jeff Koons In Florence, an eagerly anticipated exhibition of the year explores the relationship between the provoking beauty of the works by the brilliant American artist and the timeless masterpieces by Donatello (1386-1466) and Michelangelo (1475-1564). The locations chosen for such a juxtaposition are the Room of the Lilies in Palazzo Vecchio and Piazza della Signoria. This exhibitions is made possible thanks to contributions by Fabrizio Moretti, new Maecenas of Florence and contemporary art, internationally well known as an old master paintings dealer.

Palazzo Vecchio will host Gazing Ball (Barberini Faun), a work created in 2013 belonging to Koons’s series called Gazing Ball, which features plaster casts of famous sculptures of the Greco-Roman period, as well as everyday objects encountered in the suburban landscape, each affixed with a bright blue reflective glass sphere. A sophisticated and seductive conceptual act of art takes place with the artwork in this series, for they, overturn and divert the gaze of the observer from the admiration of the classical piece or traditional object, and create a memorable image of pure perfection. The environment as a whole, including the observers themselves and the various elements of their surroundings, become a part of the artwork itself. Koons’s Gazing Ball works plays with the seductive nature of the plaster cast, so pure and rarefied, and the mysterious magic of the blue gazing ball with its mirrored surface.

The ancient Barberini Faun, (“Uno fauno a sedere più grande del naturale quale sta dormendo e tiene un braccio in testa” Archivio Barberini, Roma, 1632), is a sculpture of the imperial age probably inspired by a bronze of the Greek Hellenistic period discovered in Rome in the moat surrounding Castel Sant’Angelo around 1624. Four years later it entered the Cardinal Francesco Barberini’s collection and then reached Germany at the beginning of the nineteenth century (now to be found in the Glyptotheque in Munich). Some restoration on the work was carried out either by Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) or possibly by his workshop.

This is how Koons explains his work: “I’ve thought about the gazing ball for decades. I’ve wanted to show the affirmation, generosity, sense of place, and joy of the senses that the gazing ball symbolizes. The Gazing Ball series is based in transcendence. The realization of one’s mortality is an abstract thought and from there, one is able to have a concept of the external world, one’s family, community, and a vaster dialogue with humankind beyond the present.”

The gazing ball can also be seen as a symbol or an archetype of the perfection of the universe, of the One, of the Infinite and the Eternal – as in the Timaeus by Plato – and then delicately placed on the sleeping Faun’s knee, constantly reflecting the ever-changing external world.

The Gazing Ball series takes its name from the round lawn ornaments Koons frequently encountered around his childhood home in Pennsylvania. Gazing Balls were likely first produced in Venice, Italy in the thirteenth century, and then were popularized in the nineteenth century by King Ludwig II of Bavaria by his displaying them throughout the gardens of his palace, and likely made their way to Pennsylvania through the Europeans who settled there. The power these objects offer is to enable the observers to see the vastness around them, absorbing in the reflection of one’s own image and all the elements that surrounds one’s body. Fascinating, magical shapes that are to be enjoyed not only for their lightness (they are made of blown glass), but also for their association with generosity, and for their allusion to the fleeting duration of life – as with soap bubbles.

As Koons states: "The Gazing Ball series is based on the philosopher’s gaze, starting with transcendence through the senses, but directing one’s vision (the philosopher’s gaze) towards the eternal through pure form and ideas.”

The choice of exhibiting Gazing Ball (Barberini Faun) in the Room of the Lilies, a lavish environment decorated with precious frescoes by Domenico Ghirlandaio (1449-1494) and a fake tapestry displaying the Angevin golden irises in a blue field, shows the intention of creating a dialogue between the Renaissance artistic language and the contemporary one. The room also hosts the original bronze sculpture by Donatello called Judith and Holofernes, one of the most fascinating and significant artworks of the fifteenth century. Facing Donatello’s masterpiece – Judith implacably punishing Holofernes, who was lured by the virginal beauty of the young woman, weakened by wine, then finally beheaded – the Barberini Faun of Koons’s sculpture will offer itself to the public with its revealing pose, an example of the beauty of the nude human body that is not vulgar, though pushed to a limit bordering the erotic. The obvious exhibition of nudity, showing the genitals, in a clearly sensual pose, that conveys a wild sexual power, will seem to provoke Judith herself, she who punishes the libidinous excesses, sensual inebriation, as recalled by the bacchanalia sculpted in bas relief on the base. The reflective blue sphere will, furthermore, interact with the bronze piece, and then with the decorative background of the room, with its dominant colors and the precious wooden ceiling. Such contrasts are exalted by Koons; highlighting the daily and the eternal, classical beauty and popular aesthetics, the mythical sphere and the earthly, childhood and history, Eros and Thanatos. At the same time, the interplay between balance and instability, original and copy, artwork and object, invites us to reconsider the relationship between imagination and mass production, between metaphysics and low materialism, between wonder and mystification, between classical idols and post-modern simulacra.

Other relations and meanings will stem from Piazza della Signoria where, not far from the marble copy of Michelangelo’s David, a sculpture from Koons’s Antiquity series will be displayed, that is, Pluto and Proserpina (2010-2013), a huge work reaching over three meters, made in mirror-polished stainless steel, with transparent color coating and live flowering plants. The two figures of Pluto and Proserpina, clinging to each other in a dramatic and sensual embrace, will shine in the daylight and, illuminated by night, are bound to create a jarring contrast with the pieces in marble and bronze in the square. The reflective surface of Koons’s work in front of Palazzo Vecchio will absorb, mirror, and liquefy all the surrounding space, with effects of blinding radiance. The shapes of the God of the underworld himself and those of his future spouse – the Greeks called her Persephone – will appear to melt into an almost gelatinous and strongly sensual matter, leading to a figurative dissolution, losing their iconographic features, their mythological premise and the Baroque morphology that Koons freely reinterprets in his works. Indeed, Pluto and Proserpina by Koons references a famous work by Gian Lorenzo Bernini, the Rape of Proserpina (225 cm, base 109 cm), made by the artist for the cardinal Scipione Caffarelli Borghese between 1621 and 1622, when Bernini was only 23 years old. In the documents of the time, the work is described as follows: “A Proserpina of marble and a Pluto carrying her away of about 12 palms of height, with a three-headed dog on the marble pedestal showing verses in the front.” As is well known, Maffeo Barberini, later to become Pope Urban VIII, was so impressed by it that he composed a couplet inspired by the group showing Pluto seizing Proserpina. In Dodici distichi per una Galleria, illustra, con epigrammi e brevi descrizioni, dodici quadri di una galleria immaginaria he writes: " Oh, you who bend down to pick flowers from the earth, look at me who have been abducted to the home of cruel Pluto” This is why a privileged viewpoint to appreciate the work is from the front, where the inscription by Maffeo Barberini is found. Studying Bernini’s sculpture, we therefore realize that Pluto has already dropped his two-forked scepter to vigorously seize the young woman, who in turn tries to free herself with her right hand raised towards the sky, rendering with great virtuosity the meaning of the poem’s “look at me.”

The moment in which the God of the underworld assaults Ceres’ daughter, while she is collecting flowers in the woods by a lake, is described in the Metamorphosis by Ovid. The goddess “was having fun picking violets and snow white irises, collecting them with childish enthusiasm in baskets and with the hems of her dress, competing with her friends as to who picked more of them, when Pluto suddenly saw her, took a fancy and seized her: so impetuous was his passion. The goddess, terrified, cried out for her mother and friends, but more for her mother; and since the hem of her dress was torn, all the flowers fell to the ground: so pure the girl was, that the loss of the flowers, too, was painful to her virginal heart.” The myth, according to scholars, refers to the change of seasons: the cold and frost of winter, the rebirth of springtime. Pluto, indeed, in the literary tradition is also described as the image of the Sun. For example Cartari (c.1531–1569), the author of a fundamental text for Renaissance iconography, states: “Pluto, meaning the Sun, seized her and brought her along with him to hell, because the sun’s heat, throughout winter, nurtures and keeps the underground sown grain”. According to Varro, quoted by Saint Augustine, the name Proserpina could derive from proserpere, referring to the seed coming out of the soil. In the marble by Bernini, Proserpina, as beautiful as the Venus by Praxiteles, is fighting in vain for her pureness. She screams, opening her mouth wide, invoking her mother and friends. In her eyes one can read different emotions: shame for her abused nudity, fear for Pluto’s erotic frenzy, desperation because the girl is about to discover the darkness of the underworld. Ovid’s verses clarify the presence of fresh flowers added by Jeff Koons, with philological precision, to his stainless steel sculpture whereas unlike Bernini he omits the figure of the dog Cerberus. Pluto and Proserpina by Koons will be displayed in front of Palazzo Vecchio (from the 25th of September) right next to the copy of David, a universal symbol of the Florentine Renaissance as much as the Primavera by Botticelli at the Uffizi. There is a different and subtler relation between Koons’s work and the background offered by Piazza Signoria; the sense of art, beauty and love as an ongoing rebirth, as the sublimation of pain and the overcoming of death (even of art’s death). Indeed, in Pluto and Proserpina’s myth, the primordial power of Eros to spread death and violence – both spiritual and physical – is counterbalanced by beauty and love’s creating power, by the vital and radiant union of male and female, as that of history and imagination. The special collocation of Koons’s Pluto and Proserpina was also chosen to highlight its affinity with Giambologna’s Rape of the Sabines under the Loggia dei Lanzi and with Michelangelo’s Genie of Victory placed in the Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, two of the greatest examples of a spiraliform treatment of the movement of a body. Evidently, Bernini owed a lot to the art of the sixteenth century in the creation of his masterpiece Rape of Proserpina. Critics believe Bernini must have studied first the Hercules and Antaeus by Giambologna (1529-1608), then drew inspiration from a work by a certain Pietro da Barga (documented from 1574 to 1588), who made a statue of the same subject in bronze probably inspired by Pliny, who in his Naturalis Historia, (XXXIV, 69) mentioned a bronze group by Praxiteles representing the “Raptus Proserpinae.”

That is why the exhibition Jeff Koons In Florence results in a sophisticated and joyful game of quotations and cross-references, of contrasts and comparisons between the ancient and the contemporary, where the reflective surface hides the obscure and magical meaning of creation with an apotropaic function as well.

The exhibition opens on the 26th of September and runs until the 28th of December. The show arose from Fabrizio Moretti’s proposal and is curated by Sergio Risaliti. Promoted by the Comune di Firenze, it is organized by Mus.e with the contribution of Camera di Commercio, Moretti Fine Art and David Zwirner with the collaboration of Biennale Internazionale di Antiquariato di Firenze.