Alexandre Diop – La Symphonie du Ghetto: Volume One Natural Born Killer

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA POGGIALI
Foro Buonaparte 52, Milano, Italia
Date
Dal al

Martedì - sabato: 11 – 19

Vernissage
08/06/2022

ore 18,30

Artisti
Alexandre Diop
Uffici stampa
LARA FACCO P&C
Generi
arte contemporanea, personale
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Una sinfonia eterogenea racconta di personaggi mitici ma anche reali alla ricerca della propria redenzione. Una narrazione profondamente legata alla storia autobiografica di Alexandre Diop (1995, Parigi) nato da madre francese e padre senegalese e cresciuto nelle banlieue parigine.

Comunicato stampa

Una sinfonia eterogenea racconta di personaggi mitici ma anche reali alla ricerca della propria redenzione. Una narrazione profondamente legata alla storia autobiografica di Alexandre Diop (1995, Parigi) nato da madre francese e padre senegalese e cresciuto nelle banlieue parigine che dall’8 giungo al 19 settembre 2022 porta in scena La Symphonie du Ghetto: Volume One. Natural Born Killer la sua prima mostra personale italiana negli spazi della Galleria Poggiali di Milano.

Una pratica artistica, quella di Alexandre Diop, che si muove tra pittura e scultura concentrandosi sulla presenza fisica di materiali – come legno, metallo, tessuto, lattice, catrame, tela, fibre naturali, paglia, perline, pastello, pelle, chiodi e viti – assemblati e amalgamati nei suoi collages. Frammenti di materiali già prodotti e già scartati stratificati sulla tela insieme alla vernice per creare un ambiente in cui esplorare il potere trasformativo degli oggetti quotidiani in modo da decostruire la struttura narrativa della rappresentazione tradizionale.

Diop lavora su stralci autobiografici che ritornano costantemente nelle sue opere sotto forma di scritte e, spesso, autoritratti, sfruttando la sua arte come strumento utile a far comprendere all’altro ciò che prova.

La Symphonie du Ghetto: Volume One. Natural Born Killer è il primo volume del racconto personale di Alexandre Diop del ghetto ed è un progetto che l’artista porterà avanti nel tempo. Natural Born Killer, la serie di opere in mostra a Milano, è composta da undici lavori su carta che rappresentano una sorta di flusso di coscienza nel quale Diop ripercorre le domande che più lo angosciano e, al tempo stesso, stimolano la sua ricerca. I suoi lavori sono risposte al contesto sociale nel quale vive dovute spesso alla sua condizione di artista afrodiscendente e alla sua esperienza di ragazzo cresciuto nelle banlieue parigine e trasferitosi a Berlino prima e a Vienna poi, una città che lo ha profondamente segnato – patria di Gustava Klimt divenuto un’influenza fondamentale per la sua ricerca – e dove attualmente vive e lavora.

L’opera che apre la serie in mostra raffigura una donna in gravidanza come una sorta di icona simbolo di vita e di maternità nella quale l’artista, almeno in parte, trasfigura sé stesso ragionando sul senso di avere un figlio, o una figlia, in una società come quella di oggi che chiede continuamente di scendere a compromessi. Ogni essere vivente, al di là della minoranza alla quale appartiene, deve aspirare alla libertà e rifuggire le repressioni. Ed è una riflessione su cosa significhi essere nati, o meno, con dei privilegi ai quali altri non avranno mai accesso perché nati in un differente contesto.

Nelle opere successive si susseguono figure storiche, come ad esempio quella di Lucy – la primate più antica mai ritrovata e considerata dalla comunità nera il simbolo di come l’origine della vita umana sia da collocarsi in Africa –, intervallate da raffigurazioni di personaggi provenienti dal ghetto, una sorta di omaggio che l’artista dedica a queste persone per ricordare come ogni giorno debbano affrontare una vita fatta di miseria e pericoli costanti.

A chiudere il ciclo un autoritratto di gruppo che rappresenta Le Mouton Noir, un collettivo artistico fondato dallo stesso Alexandre Diop insieme ad altri artisti e artiste, e dislocato in diverse città europee che ha come scopo quello di supportare progetti inediti nello spazio pubblico.

La mostra sarà accompagnata da un testo critico di Hans Ulrich Obrist.