La copertina del nuovo Artribune Magazine è contro lo sfruttamento animale

Il teschio di una gallina ci osserva e giudica. La copertina del nuovo Artribune Magazine affronta il tema degli allevamenti intensivi e delle mutilazioni animali

Un becco, a metà tra lo scheletro e la carne, ci scruta. Non ha occhi, ma sappiamo che la sua attenzione è totalmente concentrata su di noi, riusciamo a percepire tutto il suo astio e il suo dolore. È un becco di gallina, anche se stentiamo a riconoscerlo in questa forma: lui non ha subito la mutilazione che riserviamo ai suoi fratelli. Se ne sta lì, in equilibrio su un filo dorato, sottile, fragile, ma anche potente e minaccioso”. Con queste parole Fabiola Porchi (Bergamo, 1991) introduce 1 su 600.000.000, il suo progetto per la copertina del nuovo Artribune Magazine, quinta della serie Fragile Surface in collaborazione con IED.
La proposta di Fabiola Porchi è stata selezionata fra quelle degli studenti del corso di Pittura e Linguaggi visivi dell’Accademia di Belle Arti Aldo Galli – Como, risultato di un workshop di tre settimane sui temi dell’ultima Biennale d’Arte di Venezia.
Abbiamo chiesto all’autrice e al suo docente di riferimento, Marco Bongiorni, di raccontarci il progetto e la sua genesi.

Fabiola Porchi

Fabiola Porchi

INTERVISTA A FABIOLA PORCHI

Il tuo progetto 1 su 600.000.000 ha un forte impatto visivo.
L’opera costringe l’osservatore a confrontarsi con il “fantasma” di una gallina e a riflettere sull’impatto dell’uomo sulle vite di questi animali da allevamento, i più consumati in Italia (e nel mondo). La nostra legge autorizza molte pratiche di mutilazione che, presentate come leggi a tutela del benessere animale, hanno il solo scopo di aumentare la produttività e ridurre spese e spazi.

Di che tipo di mutilazione si tratta?
In particolare, l’opera riflette sul taglio del becco delle galline: una mutilazione standard negli allevamenti di carne e di uova, praticata sui pulcini di pochi giorni di vita. La necessità di smussare il becco delle galline nasce dal fatto che esse, costrette in spazi e condizioni di vita non adatti a quelli propri alla razza (o a quella di qualunque essere vivente), sviluppano aggressività e tendenza all’autolesionismo. Il taglio del becco limita le loro capacità offensive.

Hai scelto di non rappresentare un becco mutilato. Perché?
La scultura rappresenta un becco di un esemplare adulto di gallina che è riuscito, non si sa come, a sfuggire alla pratica del taglio e, liberato dalla morte, ci guarda e ci giudica. Un esemplare sui seicento milioni che vengono uccisi ogni anno solo in Italia.
Il tema del lavoro è dunque il corpo, la sua forma modificata per essere più efficiente e produttiva. Discorso che non si limita al becco delle galline, ma che può essere facilmente esteso al corpo di tutti gli esseri viventi utilizzati dall’uomo, persino, soprattutto oggi, quello dell’uomo stesso.

Fabiola Porchi, 1 su 600.000.000

Fabiola Porchi, 1 su 600.000.000

L’OPERA DI FABIOLA PORCHI PER LA COPERTINA DI ARTRIBUNE MAGAZINE

In che modo hai dato forma alla tua idea?
La scultura è realizzata in porcellana paperclay, ottenuta artigianalmente mescolando porcellana e confezioni di uova di gallina opportunamente sminuzzate. Si presenta sospesa al soffitto da un filo di ottone, arrivando fino all’altezza media degli occhi di un osservatore.
Nella sua presentazione per la copertina, la foto del becco è posta su sfondo giallo. Il bianco della scultura, che rimanda alle ossa e dunque alla morte dell’animale, è così circondato dal giallo, il colore che il becco ha perso, insieme alla vita. I due colori nella composizione della foto, inoltre, richiamano, invertiti nelle proporzioni, l’elemento dell’uovo, la cui produzione è frutto di tutto ciò che l’opera denuncia.

Cosa ti ha spinto a riflettere sulle tematiche animali?
Gli animali da sempre condividono il mondo con noi, ma la loro forma nel tempo è gradualmente mutata, si è trasformata in qualcosa di inconsistente, plasmabile e adattabile a ogni nostra necessità. Abbiamo modificato a nostro piacimento la loro biologia, la loro socialità e inibito i loro istinti affinché fossero più produttivi, allineando la loro esistenza al nostro sistema di pensiero. Questi animali fantasma, traditi dall’uomo, mi ossessionano e mi spingono a cercare nuove forme per esprimere il tormento che governa la nostra relazione. Penso al mio lavoro come una ricerca costante che agisca su un confine diverso e significante, che esprima la volontà di funzionare in modo attivo, che riesca a produrre opere come interfacce tra l’osservazione singola, quella collettiva e l’ambito sociale in cui esistono.

La collaborazione di IED e Artribune per il progetto Fragile Surface

La collaborazione di IED e Artribune per il progetto Fragile Surface

PAROLA A MARCO BONGIORNI

In questi mesi hai supervisionato il lavoro degli studenti dell’Accademia Aldo Galli – Como. Parlaci del progetto vincitore.
L’opera di Fabiola ci racconta una necessità e lo fa prima ancora di presentare i propri valori formali o poetici. Pertanto, il suo tentativo di porre la sua opera come spunto di riflessione attorno a tematiche importanti come il nostro rapporto con il mondo animale risulta la vera chiave di lettura con cui avvicinarsi al suo lavoro. 1 su 600.000.000 sembra una scultura in ceramica, semplice e minuta, un oggetto prezioso, ma è anche un’arma. È un catalizzatore di istanze diverse e persino contrastanti; la scultura si fa manifesto, la sua forma è anche narrazione e l’immaginario di cui si nutre è al contempo critica e speranza. In quella materia che prima invade e poi lascia spazio al vuoto, possiamo leggere accuse ed errori, ma, forse, anche intravedere una consapevolezza che oggi è così necessaria.

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #72

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