Fragile Surface. Il progetto degli studenti IED per le copertine di Artribune Magazine

Prende il via la collaborazione con studenti e Alumni di IED – Istituto Europeo di Design per la realizzazione delle copertine del nostro magazine cartaceo. Si inizia con un progetto sviluppato grazie a tecniche di animazione 3D. Ecco le voci dei protagonisti

Il progetto Fragile Surface racconta, attraverso immagini e contenuti multimediali realizzati da studenti e Alumni dell’Istituto, i temi centrali della contemporaneità: i labili confini tra le discipline artistiche, la contaminazione fra arte e tecnologia, il rapporto uomo/natura, l’intersezione tra reale e virtuale.
I progetti dei corsi della scuola di Arti Visive, Computer Generated Animation, Graphic Design, Fotografia, Illustrazione e Animazione, Sound Design, Video Design danno vita a un percorso in cui il lettore potrà approfondire gli aspetti artistici, tecnici e relazionali alla base di ogni immagine scelta per la copertina. Qui sotto trovate le voci dei protagonisti della prima uscita su Artribune Magazine, mentre sulla pagina dedicata sul sito dello IED potete vedere anche il video.

P. Lippi, A. Magnotta, E. Polo, D. Zema, J. Tonetti, Luce d’abissi, 2022. Progetto di Tesi in CG Animation e Sound Design. Courtesy IED – Istituto Europeo di Design

P. Lippi, A. Magnotta, E. Polo, D. Zema, J. Tonetti, Luce d’abissi, 2022. Progetto di Tesi in CG Animation e Sound Design. Courtesy IED – Istituto Europeo di Design

LE INTERVISTE AI REALIZZATORI DELLA COPERTINA DI ARTRIBUNE MAGAZINE

Da dove deriva l’ispirazione che ha portato a connotare il cortometraggio con questa specifica estetica dell’arte e dell’architettura?
Eleonora Polo: L’idea del richiamo estetico alla storia dell’arte è nata già in fase di scrittura: fin da principio, infatti, si aveva in mente di riprendere in qualche modo la Creazione di Adamo di Michelangelo. Nonostante molte scelte siano scaturite grazie agli studi artistici e a una forte passione per la letteratura e l’arte classica, l’idea di prendere come riferimento i dipinti è nata grazie allo studio di Barry Lyndon di Kubrick. In generale il corto voleva essere un continuo omaggio all’arte europea e in particolare a quella italiana, esaltandone grazia ed eleganza.

Dal punto di vista tecnico, quali sono stati i passaggi più complessi e perché?
Alessandro Magnotta: Da un punto di vista puramente tecnico, la vera scommessa di questo progetto è stata riuscire a dare alle scene un effetto dipinto in fase di compositing. Poiché dal risultato finale sarebbe poi dipeso tutto il lavoro di produzione, è stato necessario trovare il prima possibile una soluzione che fosse fattibile sia a livello di tempistiche che da un punto di vista tecnico e artistico. Tuttavia, ci sono volute alcune settimane di lavoro prima di trovare il giusto metodo, grazie soprattutto all’aiuto dell’assistente Francesco Lorussi.
Piercarlo Lippi: All’interno del progetto mi sono occupato principalmente di modellazione e della realizzazione di alcuni VFX. Dal punto di vista tecnico ho avuto un po’ di difficoltà nella realizzazione con Houdini dell’effetto della goccia che cade dalla foglia. La difficoltà stava nel calibrare le forze (gravità, attrito…) per ottenere un risultato più realistico possibile.
Demetrio Zema: L’aspetto più critico che ho affrontato sono stati indubbiamente i capelli e la loro resa sott’acqua. La simulazione del grooming infatti è stata un procedimento del tutto nuovo per me ed è stato necessario l’affiancamento di un professionista per poterne imparare le basi. Un secondo aspetto a cui ho dovuto dedicare molte attenzione ed energie è stato quello dell’acqua: un elemento cruciale per il corto. Il risultato doveva quindi essere molto preciso. Volevamo ottenere una resa molto realistica con allo stesso tempo una parvenza soprannaturale così che guidasse protagonista e spettatore.

Da punto di vista del lavoro di gruppo, come è avvenuta la divisione dei compiti? Quali le difficoltà incontrate e quali gli elementi inaspettati positivi che ne sono derivati?
Eleonora Polo e Alessandro Magnotta: La divisione dei ruoli è avvenuta in base alle inclinazioni e alle capacità di ognuno di noi, tuttavia è capitato di doversi occupare anche di ruoli e ambiti che non erano mai stati affrontati prima o che non appartenevano al proprio campo di competenza.
Demetrio Zema: La suddivisione dei compiti si è basata sulle capacità e sulle preferenze di ciascun membro. A ognuno è stata data la possibilità di mettersi alla prova nei campi che più lo interessavano, anche come possibili future opportunità professionali. Una sfida è stata sicuramente, dal mio punto di vista, destreggiarmi tra i vari compiti anche molto diversi tra loro, che ho portato a termine. La preoccupazione maggiore è stata quella di non starci nei tempi vista la mole del progetto. Ma alla fine è stata una sfida per ciascuno di noi ed è stato stimolante e divertente impegnarci in un progetto a cui abbiamo dedicato così tanto tempo e così tante energie e che ha portato a dei risultati che hanno decisamente superato ogni nostra aspettativa.
Jacopo Tonetti: Sono stato assegnato al progetto quando era già stata definita la sceneggiatura. La direzione artistica, di cui si sono occupati Alessandro ed Eleonora, ha toccato sin da subito anche la parte relativa alla colonna sonora. Essendo Alessandro un pianista, mi ha affiancato in prima persona: dalla ricerca di reference (utili soprattutto per entrare adeguatamente nella narrativa) alla ricerca degli strumenti. Una volta capita insieme la direzione, abbiamo lavorato a stretto contatto per tutta la produzione. Alessandro ha composto le melodie mentre io mi sono occupato della scelta strumentale e di tutta la parte di mixaggio. Il nostro progetto ha vissuto di immagini e musica dal principio, dalle prime bozze di idee, per cui non è stata una semplice collaborazione forzata nell’ottica di sonorizzare un progetto in CGI, ma un vero e proprio team con un’unica direzione.

https://www.ied.it/news/fragile-surface-ied-x-artribune

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Redazione

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