
Quando pubblica il suo primo racconto Giugno 40 su Paragone, la prima a notarlo è Cristina Campo, che definisce lo scritto “una cosa di una qualità molto rara, come da tempo non mi accadeva di leggere”. Era il 1960, e nella lettera inviata all’autore la Campo si scusa di non conoscere il suo autore, che si firma Alessandro Spina: uno pseudonimo che cela l’identità di Basili Shafik Khouzam (1927-2013), nato a Bengasi ma naturalizzato italiano, che dirigeva allora l’industria di famiglia in Libia.
La vita letteraria di Alessandro Spina
Grazie all’amicizia con Cristina Campo e il suo compagno Elémire Zolla, Spina intraprende una carriera letteraria, pubblicando una serie di romanzi di “narrativa coloniale”, ma del tutto fuori dagli schemi della narrativa italiana. Ma chi era Alessandro Spina, che Massimo Morasso ha definito “il più notevole prosatore in lingua italiana degli ultimi decenni”? La sua vita ha l’allure di un romanzo: nasce nel 1927 a Bengasi, figlio di un ricco imprenditore tessile cristiano maronita di stirpe siriana, Basili compie i suoi studi universitari a Milano, dove vive dal 1940 al 1953, laureandosi in lettere con una tesi su Alberto Moravia. Tornato in Libia, diventa direttore dell’industria tessile di famiglia, che resta nelle sue mani fino al 1979, quando i contrasti sempre più accesi con il governo di Gheddafi lo spingono a tornare in Italia, dove si stabilisce in una villa a Padergnone di Rodengo (Brescia), nel cuore della Franciacorta. Schivo e appartato, scrive romanzi che raccontano l’occupazione italiana della Libia da una prospettiva scomoda, sottolineando verità che l’Italia preferisce non sapere.

I libri di Alessandro Spina
Non è un caso che nel 1960 Alberto Moravia gli consiglia di lasciar perdere e non inventare storie per rivangare avvenimenti che erano stati occultati agli italiani i quali, secondo lo scrittore, “preferiscono preservare la propria ignoranza”. Ma Alessandro non scrive per il pubblico, ma per amore della verità, e pubblica diversi testi, ambientati in Libia in un arco di tempo compreso tra il 1912 ed il ’64, usciti per prestigiose case editrici, come Mondadori, Garzanti, Rusconi e Scheiwiller, grazie al sostegno di scrittori come Giorgio Bassani, Piero Citati e la stessa Campo. Il suo stile? Poco legato al mondo letterario italiano dell’epoca, Spina si rivolge soprattutto ad autori di lingua francese, come Proust e Balzac, e di lingua tedesca come Mann e Musil. Ama l’arte e la musica, anche grazie all’amicizia con il compositore e musicista Camillo Togni.
Perché Spina è stato dimenticato
Nel 2006 Spina pubblica per Morcelliana I confini dell’ombra, un vasto compendio dei suoi 11 libri precedenti: oggi introvabile, è la summa del pensiero di un autore dimenticato troppo presto, nonostante il suo indubbio talento. “È mancata a Spina quella continuità e fedeltà editoriale di cui lui, come pochi altri, avrebbe avuto bisogno, vista la complessità dei suoi temi. È mancato, infine, un editore forte e continuo, forte per autorevolezza culturale o per penetrazione commerciale. È mancato, infine, un Adelphi, che avrebbe dato un’immediata riconoscibilità a una concezione e risultanza narrativa idealmente consona, per lo meno nel segno di alcuni numi tutelari, Elémire Zolla, e più ancora Louis Massignon e Henry Corbin” ha scritto Pietro Gelli nel 2010 sul numero monografico di Humanitas dedicato ad Alessandro Spina e introdotto da Enzo Bianchi, altro grande estimatore di questo “gran vizir delle lettere” che, merita più di tanti altri, di essere riscoperto.
Ludovico Pratesi
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