Tutti traumi dell’Internet finiscono in un nuovo libro. Intervista all’autore
Cosa succederebbe se guardassimo ai disagi causati da social e nuove tecnologie sotto un’altra prospettiva? E se imparassimo a trattare Internet al pari di un soggetto affetto da disturbi mentali? A parlarci perbene di tutto ciò è Christian Nirvana Damato, curatore del recente progetto editoriale “Medial Disorders”

Che una fruizione scorretta di Internet e delle nuove tecnologie possa provocare numerosi disagi è ormai più che risaputo (così come d’altronde può capitare con qualunque altra cosa). Dall’utilizzo smodato di dispositivi quali computer e smartphone, alle influenze negative derivanti da fenomeni e tendenze social, sono svariate le problematiche alle quali si può andare incontro.
Ma se in realtà questa fosse la vera natura di certi media? Quanto cambierebbe la nostra percezione di essi se guardassimo alla loro “natura malata” come a una sorta di trauma inflitto in primis da chi programma, sviluppa e produce determinati apparati tecnologici? Con l’ottica di indagare le cause primigenie – e i relativi effetti – di tutti quegli scompensi destinati a sfociare in vere e proprie patologie contemporanee, la collana editoriale Medial Disorders si presenta come una guida esaustiva a tutte le sfaccettature di questi punti di vista alternativi. Concepito da Christian Nirvana Damato (scrittore, curatore, e fondatore della rivista Inactual Magazine) il progetto si concretizza in una serie di tre volumi (di cui il secondo di prossima pubblicazione) contenente brevi saggi, e contributi scritti, a firma di artisti, critici, e professionisti sia delle nuove tecnologie sia del settore medico-scientifico. Fra gli autori e le autrici del primo tomo ricordiamo Geert Lovink, Domenico Quaranta, Isabel Millar, e il collettivo Clusterduck).

L’intervista a Christian Nirvana Damato
Cosa sono i Medial Disorders? Da dove viene l’urgenza di parlarne? Raccontaci un po’ la genesi di questo progetto editoriale
Non è semplice raccontare tutto in poche battute, ma ci proverò. Medial Disorders nasce con l’intento di essere un compendio di teoria critica interdisciplinare sulla tecnologia nella contemporaneità. A livello curatoriale, il volume – anzi, la trilogia – opera in un doppio movimento: il primo è quello di ricalcare la struttura del famoso DSM, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, sostituendo il paziente umano e inserendo la tecnologia come soggetto finzionale; il secondo movimento è invece un ribaltamento della logica del DSM, che si basa su una forma di sintomatologia descrittiva, ignorando una serie di aspetti come la complessità soggettiva, la storia, il contesto socio-economico e tanti altri. In estrema sintesi, il DSM contribuisce a un’epistemologia che sostituisce alla cura di una società malata quella di un adattamento palliativo dell’individuo. Adottando il DSM come emblema dei meccanismi di potere in generale, Medial Disorders tenta un détournement ai discorsi e alle strutture che seguono la logica del DSM nei confronti della tecnologia, proponendosi con un sottotitolo inverso a quello del DSM, ovvero come un compendio interpretativo e non statistico. Un Medial Disorder è dunque un utilizzo, una funzione o una condizione della tecnologia a cui possiamo attribuire un valore anomalo, negativo o dannoso per esseri viventi ed ecosistemi.

Quanto c’è di patologico in un certo utilizzo dei media attuali?
Sul quanto ti direi sicuramente tanto, ma la domanda forse è cosa: le risposte ormai le conosciamo inconsciamente, le percepiamo, però in molti le ignorano. Anche quando siamo consapevoli di un medial disorder, spesso la nostra formula è simile a un “sì, questa cosa (dispositivo, social network, applicativo tecnico in un dato contesto) non dovrebbe essere utilizzato così, ma lo faccio lo stesso”. Il patologico è insito come un virus nei processi di programmazione di gran parte delle tecnologie, in diverse misure, soprattutto per una questione di mercato e di privatizzazione: devono catturare l’attenzione e il tempo, mercificandolo. In funzione di ciò, nessuna delle strategie utilizzabili può essere eticamente pulita e non potenzialmente patologica. Come scrivevo in Manifesto della Moltiplicazione degli Organi (Compagnia Editoriale Aliberti, 2024), tutte le immagini presenti all’interno di architetture digitali (privatizzate) sono strutturalmente pubblicitarie e pornografiche, nella misura in cui rispondono – anche senza intenzionalità iniziale – a una logica di interpellazione e cattura di un pubblico.
Pensi di soffrire di qualche Medial Disorder? Se sì, quale?
Lotto in termini di autodisciplina. Sicuramente lavorando senza orari mi ritrovo a controllare sempre le mail, che insieme ad altre notifiche (controllando anche la comunicazione di Inactual) concorrono a darmi continue scariche di cui non sono ovviamente dipendente, ma che pur guardandole in modo estremamente critico mi ritrovo a goderne senza volerlo (enjoy, psicoanaliticamente parlando). I medial disorders riguardano chiunque, chi più chi meno. Esserne completamente fuori è un privilegio e lo sarà sempre di più. Sarebbe come pensare di essere immuni alla follia, al controllo o alla violenza: impossibile. Una volta nati in questo mondo, siamo legati alle sue strutture, pur potendole cambiare, a seconda delle possibilità di ognuno.
Anche a livello autoriale, ciò di cui mi occupo su di un piano critico sono temi e questioni che in partenza si mi attraversano e in qualche modo mi riguardano, ogni mia riflessione o teoria più complessa ha spesso una diretta base esperienziale come trigger.
Qual è la tua opinione in merito all’odierno avanzamento delle nuove tecnologie (una su tutte le IA e i software Text To Image)?
Sull’avanzamento generale delle nuove tecnologie il mio approccio è cinico e disilluso: la comodità, il risparmio di tempo ed eventualmente la possibilità di nuove cure per malattie gravi sono belli (solo) per chi ne avrà la possibilità di usufruirne, ma il tutto verrà pagato attraverso pegni di diverso tipo: nuove e sempre presenti forme di discriminazione e sfruttamento, un controllo sempre maggiore, naturalizzato e normalizzato, unito a una perdita di specializzazione generale delle capacità critiche, cognitive ed empatiche (per diverse cause che possono essere, ad esempio, educative o comportamentali).

E questo cosa comporta?
Questi due aspetti portano un effetto a cascata che è politico e sociale. L’avanzamento tecnologico in generale ha sempre come primo scopo il dominio politico ed economico, quindi il benessere è solo un effetto collaterale e proporzionalmente piccolo rispetto al fine principale che solitamente produce effetti e impatti più significativi come istruzione inaccessibile, sfruttamento, povertà, discriminazione e guerra. Entrando nel discorso specifico delle IA posso dire che sicuramente giocano un ruolo fondamentale nell’avanzamento tecnologico odierno un po’ in tutti i campi. Sul potenziale positivo o catastrofico delle IA rimando alle risposte precedenti. Sulle TTI il dibattito è saturo e ha tante sfumature non riassumibili qui; seguo chi ne parla e mi limito a quello.
Questo è il primo di una serie di volumi dedicati ai disordini mediali. Quando arriverà il successivo?
Si, Medial Disorders è una trilogia. Il secondo volume uscirà a fine anno, al momento è anche aperta una open call per inviare un testo.
Adesso stai lavorando a qualche altro progetto per Inactual Magazine?
Al momento stiamo sperimentando a livello pedagogico attraverso corsi, workshop, e masterclass, e abbiamo anche lanciato una sezione speculare, Inactual Studio, un’agenzia creativa per l’arte, la cultura e l’editoria. Oltre Medial Disorders, per quest’anno abbiamo in programma un altro volume da noi curato, e dall’anno prossimo inizieremo a pubblicare anche monografie saggistiche, libri ibridi e d’artista, sempre con un focus su autor3 e artist3 emergenti. Queste sono le cose in programma, ma ci saranno anche alcune sorprese.
Valerio Veneruso
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